Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49217 del 08/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49217 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LUONGO GIOVANNI N. IL 16/08/1962
avverso la sentenza n. 359/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
03/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;

Data Udienza: 08/05/2015

In fatto e diritto
Luongo Giovanni ha proposto, per il tramite del difensore, ricorso per Cassazione avverso la
sentenza della Corte di Appello di Napoli in data 3.4..2014, emessa a conferma della sentenza del GUP
del Tribunale di Napoli 16.10.013 con la quale lo stesso è stato condannato per il reato di illecita
detenzione e di cessione di quantità imprecisate di hashish e di cocaina.
Ha dedotto a sostegno del ricorso carenza di motivazione in ordine alla mancata concessione della

intercettazioni telefoniche, non era stato possibile effettuare consulenza tossicologica volta ad
accertare l’effettivo quantitativo di stupefacente oggetto della illecita detenzione e cessione, con la
conseguenza che doveva ritenersi provata la cessione di modeste quantità, sussumibili nell’ipotesi del
fatto di lieve entità; ha dedotto inoltre vizio di motivazione sulla commisurazione della pena, ritenuta
eccessiva.
Osserva questa Corte che il presente ricorso è fondato su motivi che ripropongono le stesse censure
già dedotte con i motivi di appello, puntualmente esaminate e disattese dai giudici del gravame con
adeguata motivazione.
Con la riproduzione di censure già prospettate in secondo grado si finisce per richiedere al giudice di
legittimità una nuova cognizione della materia dedotta nel precedente giudizio, anziché l’esame dei
punti controversi della pronuncia impugnata.
E difatti, i motivi che si risolvono nel semplice richiamo o nella testuale ripetizione dei motivi di
appello non realizzano l’effetto tipico dell’ impugnazione della sentenza, consistente nella critica
della decisione assunta dai giudici di seconde cure sulla base di diversi nuovi rilievi che scaturiscono
dall’esame del suo contenuto, al contrario si sottopone al giudice di legittimità la cognizione delle
medesime questioni sui quali il giudice di seconde cure si è già pronunciato.
Di conseguenza i motivi sono privi di specificità in quanto non contengono i requisiti di cui all’art. 581
c.p.p., comma 1, lett. c), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni
richiesta.
Si richiama in proposito il principio ripetutamente affermato dal questa Corte secondo il quale ”
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione
di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi
considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di
una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. Sez.

5, n. 11933 27/01/2005

dep. 25/03/2005 Rv. 231708, conforme Sez. 6, Sentenza 11/03/2009 dep. 14/05/2009 Rv. 243838, rv
2065507 del 1997 n.12 )
Deve pertanto concludersi per il difetto di specificità del ricorso.

attenuante di cui all’art. 73 co V d.pr 309/90, in quanto, essendo la prova fondata esclusivamente sulle

Peraltro, per completezza espositiva, deve rilevarsi che i giudici di seconde cure hanno fornito una
corretta risposta alla doglianza rilevando che, sebbenérs’ia stato possibile effettuare una perizia
tossicologica,in assenza di sequestro dello stupefacente, la frequenza dei contatti telefonici aventi ad
oggetto gli ordinativi di stupefacente, la diversa tipologia della sostanza trattata, comprovano
l’esistenza continuativa di episodi di spaccio di sostanze di natura eterogenea che impedisce la
riconducibilità della fattispecie nell’ipotesi di lieve entità, atteso che, come risultato dall’attività di

numero di consumatori.
Quanto alla entità della pena, la Corte di Appello ha fornito motivazione conforme ai criteri di cui
all’art. 133 c.p. evidenziando il disvalore del fatto con riferimento alle modalità della condotta come
sopra illustrate. .
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 favore
della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 8.5.015

indagine, l’imputato era il fornitore di spacciatori che a loro volta rifornivano un cospicuo variegato

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