Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49217 del 07/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49217 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCURRANO COSIMO N. IL 27/09/1953
avverso la sentenza n. 6/2011 TRIB.SEZ.DIST. di GALLIPOLI, del
20/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 07/10/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Gallipoli, giudice d’appello, ha confermato la sentenza emessa in data 22 giugno 2011 dal locale Giudice di pace, appellata da SCURRANO Cosimo, dichiarato responsabile dei delitti di ingiurie, minacce e danneggiamento, commessi fino al 1° gennaio 2007.
Propone l’imputato un atto di impugnazione che definisce appello ma che poi pare chiedere un
controllo di legittimità, con il quale lamenta erronea valutazione delle prove e difetto di motivazione sulla mancata applicazione delle attenuanti generiche, nonché eccessività del risarcimento
del danno.
Il ricorso è inammissibile in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti
alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Giudice di pace che dal
Tribunale.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza delle persone offese, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a queste che poteva trarsi da altra testimonianza e da
documentazione fotografica.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7 ottobre 2013.

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