Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49214 del 07/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49214 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ROMEO FILIPPO N. IL 20/07/1971
avverso la sentenza n. 780/2012 TRIBUNALE di SALERNO, del
30/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 07/10/2013

Romeo Filippo ricorre avverso la sentenza 30.10.12, emessa dal Tribunale di Salerno ai sensi degli
artt.444 ss. c.p.p., con la quale gli è stata applicata, per il reato di tentato furto aggravato in
concorso, esclusa l’aggravante ex art.625 n.7 c.p., la pena di mesi otto di reclusione ed C 800,00 di
multa.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione dell’art.606,

non essendo stati rimossi dagli indumenti i dispositivi antifurto anche perché non poteva escludersi
che detti dispositivi fossero stati in precedenza da altri rimossi, in mancanza di attivazione del
segnale acustico.
Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente
infondato, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto
contenuto nell’accordo tra le parti e, dall’altro, ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art.129
c.p.p., facendo poi espresso riferimento, nell’escludere l’aggravante della esposizione alla pubblica
fede (art.625 n.7 c.p.), alla esistenza dell’apposito dispositivo antitaccheggio, incompatibile con la
situazione di affidamento della merce alla pubblica fede di avventori e clienti.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere
di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez.un., 27 settembre
1995, Serafino; Sez.un., 25 novembre 1998, Messina; Sez.II, 17 febbraio 2012, n.6455).
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€ 1.500,00.

comma 1, lett.b) c.p.p. per essere stata erroneamente ritenuta l’aggravante di cui all’art.625 n.2 c.p.,

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di E 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Roma, 7 ottobre 2013

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