Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 492 del 25/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 492 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SARNO GIULIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AIOLA ANDREA N. IL 21/03/1960
avverso la sentenza n. 2476/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
09/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;

Data Udienza: 25/10/2013

Aiola Andrea propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la
corte di appello di Genova, previa concessione delle attenuanti generiche, ha ridotto la pena
inflitta dal GIP del tribunale della medesima città che lo avvea condannato per i reati di cui agli
artt. 81 cpv cod. pen., 8 co. 1; 5 e 10 Dlgs 74/2000.
All’imputato era stato contestato di avere nella qualità di titolare di ditta individuale emesso
fatture per operazioni inesistenti nel corso del 2005 per imponibile pari ad euro 154.937,07; di
avere omesso di presentare la dichiarazione relativa all’anno 2005 ed, infine, al fine di evadere
le imposte sui redditi e l’Iva, di avere occultato documenti di cui è obbligatoria la
conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari fino
al giugno 2008.
Deduce in questa sede il ricorrente la violazione di legge ed il vizio di motivazione con
riferimento all’articolo 8 dlgs 74/2000 assumendo che la condotta contestata doveva ritenersi
assorbita nella fattispecie punita dall’articolo 10 e che è illogico ritenere il concorso dei due
reati finendosi in tal modo con il richiedere all’imputato la tenuta obbligatoria di quelle che con
altra contestazione sono ritenute fatture inesistenti. Si contesta inoltre l’avvenuto
occultamento delle scritture. Infine si deduce la violazione degli articoli 62 bis 133 cod. pen con
riferimento al trattamento sanzionatorio.
Il ricorso inammissibile in quanto articolato su censure di merito e manifestamente infondato.
Correttamente, infatti, la corte di appello ha risposto in ordine al primo motivo evidenziando
che la contestazione di cui all’articolo 10 non si riferisce solo all’atto della distruzione e/o
occultamento delle fatture emesse dall’imputato per operazioni inesistenti ma in generale a
tutta la documentazione ritenuta obbligatoria per legge. È chiaro a questo punto che la
contestazione attiene al merito della valutazione e, come tale, è insindacabile in questa sede in
cui, per le medesime ragioni, non possono essere fatte valere né le giustificazioni contenute
nel ricorso in relazione all’omesso rinvenimento della documentazione contabile, né quelle per
dissentire dalla valutazione della corte di appello che ha escluso sia le attenuanti generiche sia
un più mite trattamento sanzionatorio.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese
del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 1000.
Così deciso, il giorno 25.10.2013

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