Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49193 del 07/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 49193 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SAVANI PIERO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SCURATI CORRADO N. IL 27/02/1965
avverso la sentenza n. 3314/2012 TRIBUNALE di BRESCIA, del
09/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
Data Udienza: 07/10/2013
IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Brescia applicava a SCURATI Corrado, a norma degli
artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine al delitto di furto
pluriaggravato in concorso, commesso il 15 luglio 2009.
Propone ricorso per cassazione l’imputato che deduce difetto di motivazione per la mancata applicazione delle attenuanti generiche.
Osserva il Collegio che i motivi di ricorso sono manifestamente infondati, e perciò inammissibili, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si adeguato a quanto contenuto
nell’accordo tra le parti, ritenendo congrua la pena richiesta. Tale motivazione, avuto riguardo
alla speciale natura della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, che riconosce che la valutazione di congruità può essere, per la natura
della sentenza in esame, meramente enunciativa dell’effettuata ricognizione della conformità ai
parametri dettati dagli artt. 133, 62-bis e 69 C.P.
E tale motivazione, che in ogni caso non contiene indicazioni non riferibili alla vicenda atteso
che quelle segnalate dal ricorrente sono interlineate nel modello a stampa, avuto riguardo alla
speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un.,
u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in e. 1.500,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.500,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7 ottobre 2013.
‘m