Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49189 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 49189 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 17/11/2015

SENTENZA
Sui ricorsi rispettivamente proposti da Baez Abad Llael Alfredo, n. a
Boca Chica (Repubblica Dominicana) il 05.12.1989, e da Gelati Mesa
Nelson David, n. a San Juan (Repubblica Dominicana) il 11.04.1983,
entrambi rappresentati e assistiti dall’avv. Valeria Bonfiglio, d’ufficio,
avverso la sentenza emessa dal giudice per l’udienza preliminare
presso il Tribunale di Brescia, n. 14695/2014, in data 16.01.2015;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
lette le conclusioni scritte del Sostituto procuratore generale dott.
Massimo Galli in data 08.09.2015 con cui è stato chiesto di dichiararsi
l’inammissibilità di entrambi i ricorsi con le ulteriori statuizioni di
legge.

RITENUTO IN FATTO

1

1. Con separati atti, Baez Abad Llael Alfredo e Gelati Mesa Nelson
David propongono, nei confronti della sentenza di applicazione pena
emessa dal giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di
Brescia in data 16.01.2015, ricorsi per cassazione deducendo
violazione ed erronea applicazione di legge nonché vizio di
motivazione. In particolare:

– il Baez, denunciando la mancata valutazione della congruità della
pena, l’omesso riconoscimento della prevalenza delle circostanze
attenuanti generiche nonché l’assenza di giustificazioni circa la
determinazione della pena, compreso l’aumento per la ritenuta
continuazione;
– il Gelati, denunciando l’omessa pronuncia di sentenza ex art. 129
cod. proc. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati e, come tali,
risultano inammissibili.
2. Ricorso di Baez Abad Llael Alfredo.
La manifesta infondatezza delle censure proposte si appalesano in
tutta evidenza richiamando i sottoindicati, ampiamente consolidati,
orientamenti della giurisprudenza di legittimità.
Invero, si afferma che:
– nel ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la pena
nella misura patteggiata tra le parti, non è ammissibile proporre
motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi
di pena illegale: la richiesta di applicazione della pena e l’adesione
alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di
natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del
giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito
e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni,
non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi
concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione
dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute (cfr.,

ex

multis, Sez. 3, sent. n. 18735 del 27/03/2001, dep. 09/05/2001,

2

Ciliberti, Rv. 219852);
-in tema di patteggiamento, ai fini della verifica della congruità della
sanzione, con riguardo all’aumento di pena per la continuazione, non
vi è necessità di una esplicita motivazione in ordine all’aumento della
pena posta a base del calcolo, ma è sufficiente la valutazione della
pena finale, purché non illegale (cfr., ex multis, Sez. 6, sent. n. 7401
del 31/01/2013, dep. 14/02/2013, PG in proc. Gjataj e altri, Rv.

254879);
-in tema di patteggiannento, poiché il giudice può solo respingere o
accogliere la richiesta di applicazione della pena nei termini in cui
l’accordo raggiunto dalle parti gli viene proposto, è illegittima la
sentenza che, pur non modificando l’entità della pena indicata,
contenga un giudizio di comparazione delle circostanze diverso da
quello prospettato nella richiesta medesima (cfr., ex multis, Sez. 3,
sent. n. 1191 del 16/03/2000, dep. 22/05/2000, PG in proc. Farci,
Rv. 217597).
Nella fattispecie, il giudice, ratificando l’accordo tra le parti, ha
controllato e “giustificato” la qualificazione giuridica dei fatti, la
determinazione della pena concordata ritenuta congrua e legale
nonchè l’operato giudizio di bilanciamento tra circostanze. Invero si
legge in sentenza: “ritenuto come appaia corretta la qualificazione
giuridica dei fatti e come siano con cedibili le circostanze attenuanti
generiche (per il remissivo e ammissivo comportamento processuale)
con giudizio di equivalenza (valutata la marginalità sociale degli stessi
– privi di lavoro e di lecite fonti di reddito – e la loro incensuratezza)
alle contestate aggravanti. Ritenibile altresì la continuazione fra i
reati, tutti commessi allo stesso scopo di depredare la parte offesa
Alù Rosaria e nel medesimo contesto spazio temporale. Più grave il
reato di rapina tenuto conto della pena edittale. Rilevato come
aritmeticamente corretti risultino i conteggi proposti dalle parti
processuali in ordine alla pena in concreto quantificata … e come la
stessa appaia congrua alla luce del parametro costituzionale di cui
all’art. 27 Cost. …”.
3. Ricorso di Gelati Mesa Nelson David.
Invero, l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e
comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da
considerarsi sufficientemente motivata con una succinta descrizione

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del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della
correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo
all’art. 129 cod. proc. pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle
ipotesi ivi previste e con la verifica della congruità della pena
patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (cfr., ex multis,
Sez. 4, sent. n. 34494 del 13/07/2006, dep. 17/10/2006, P.G. in
proc. Koumya, Rv. 234824).

Inoltre, la medesima giurisprudenza (Sez. 2, sent. n. 40519 del
12/10/2005, PM in proc. Scafidi, Rv. 232844), riconosce come
l’accordo sulla pena “esonera il giudice dall’obbligo di motivazione sui
punti non controversi della decisione”.
Ne discende che, anche una valutazione sintetica del fatto operata in
sentenza, deve considerarsi più che sufficiente a giustificare la ratifica
dell’accordo raggiunto dalle parti.
In relazione allo specifico profilo che qui interessa, la giurisprudenza
costante di questa Suprema Corte (cfr., Sez. 5, sent. n. 31250 del
25/06/2013, dep. 22/07/2013, Fede, Rv. 256359; Sez. 4, sent. n.
30867 del 17/06/2011, dep. 03/08/2011, Hallulli e altro, Rv. 250902;
Sez. 3, sent. n. 2309 del 18/06/1999, dep. 09/10/1999, Bonacchi e
altro, Rv. 215071) ha stabilito il principio secondo cui la sentenza del
giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti
(escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.) può essere oggetto di controllo di
legittimità, per vizio di motivazione, soltanto se dal testo della
sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di
non punibilità ai sensi della disposizione su menzionata.
Diversamente (cfr. Sez. 5, sent. n. 1713 del 15/04/1999, dep.
11/06/1999, Barba, Rv. 213633), non è necessario che il giudice dia
conto, nella motivazione, della esclusione di tale causa, “essendo
sufficiente anche una implicita motivazione” al riguardo. Nella
motivazione della sentenza di patteggiamento, dunque, il richiamo
all’art. 129 cod. proc. pen. è sufficiente a far ritenere che il giudice
abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento,
non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo (Sez. 2,
sent. n. 6455 del 17/11/2011, dep. 17/02/2012, Alba, Rv. 252085).
Fermo quanto precede, rileva il Collegio come la sentenza impugnata,
in relazione all’assenza di cause di proscioglimento, abbia reso

4

adeguata motivazione riconoscendo l’insussistenza dei “presupposti
per una pronuncia ai sensi dell’art. 129 cod. proc. perì. alla luce delle
complessive risultanze d’indagine … che hanno portato gli ufficiali di
polizia giudiziaria ad identificare nel Baez e nel Gelati gli esecutori
materiali della rapina e dei reati satellite commessi ai danni di Alù
Rosaria mentre trasportava la somma di euro 13.000 e nel Sarr aly
colui che ha messo in contatto i due esecutori materiali con il basista

resipiscenti rese dagli imputati che hanno ammesso gli addebiti … “.
4. Alla pronuncia consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma
che, considerati i profili di colpa emergenti dai ricorsi, si determina
equitativamente in euro 1.500,00 per ciascuno

PQM

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e ciascuno della somma di euro 1.500,00 alla
Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del
17.11.2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Andrea „pt Ilegrino
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Dott.ssa Matilde Cammino

e l’ideatore della rapina. Viste le dichiarazioni con fessorie e

ri

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