Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49187 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 49187 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 18/11/2015

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di Drazevic Ana, n. a Zadar
(Croazia) il 14.01.1967, rappresentata e assistita dall’avv. Marco
Sermarini, di fiducia, avverso la sentenza della Corte d’appello di
Ancona, n. 525/2011, in data 17.11.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto della ritualità delle notifiche e degli avvisi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Massimo
Galli che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udita la discussione del difensore del ricorrente, avv. Marco
Sermarini, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

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1. Con sentenza in data 17.11.2014, la Corte d’appello di Ancona
confermava nei confronti di Drazevic Ana la pena di anni uno di
reclusione ed euro 400,00 di multa alla medesima inflitta con
sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Ascoli Piceno, in
composizione monocratica, in relazione al reato di truffa continuata.
2. Avverso detta sentenza, nell’interesse di Drazevic Ana, viene

proposto ricorso per cassazione, per lamentare:
-violazione di legge processuale (primo motivo);
-erronea valutazione delle prove, carenza di prova, mancanza e
manifesta illogicità della motivazione (secondo motivo);
-violazione di legge penale sostanziale (terzo motivo);
-vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche (quarto motivo).
2.1. In relazione al primo motivo, si contesta l’omessa effettiva
conoscenza da parte della Drazevic dello svolgimento del giudizio di
secondo grado: la stessa è cittadina italiana residente all’estero,
iscritta all’A.I.R.E. dal 2010; la Drazevic comunicava ai carabinieri di
essere residente, unitamente al marito, Merlini Raffaele, in Croazia e
precisamente a Zara (Zadar) via Galice 14. Non si comprende per
quale motivi la stessa è stata citata per il giudizio d’appello (in modo
irrituale anche perché la notifica non ha avuto buon fine) in un
indirizzo a lei sconosciuto (S.Benedetto del Tronto via Colle di
Cadibona 10).
2.2. In relazione al secondo motivo, si censura la sentenza impugnata
che ha operato un richiamo per relationem a quella di primo grado
senza affrontare il tema della configurabilità in concreto del reato di
truffa (soprattutto con riferimento all’elemento psicologico e all’uso di
artifizi e raggiri) a carico della ricorrente.
2.3. In relazione al terzo motivo, si censura la sentenza impugnata
che non ha spiegato le ragioni per le quali la fattispecie non potrebbe
essere inquadrata in una vicenda con aspetti di rilievo esclusivamente
civilistico.
2.4. In relazione al quarto motivo, si censura l’omesso riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche senza tener adeguatamente
conto dell’incensuratezza della ricorrente, del comportamento tenuto
prima e dopo il fatto e del limitato danno patrimoniale arrecato.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è generico e manifestamente infondato e, come tale,
risulta inammissibile.
2. Con il primo motivo si contesta l’omessa effettiva conoscenza da
parte della Drazevic, cittadina italiana residente all’estero, iscritta

all’A.I.R.E. dal 2010, dello svolgimento del giudizio di secondo grado
essendo stata la stessa citata per il giudizio d’appello (in modo
irrituale anche perché la notifica non avrebbe avuto buon fine) in un
indirizzo a lei sconosciuto.
La censura è manifestamente infondata.
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la
previsione di cui all’art. 169 cod. proc. pen., che disciplina le modalità
per le notificazioni all’imputato all’estero, trova applicazione soltanto
quando al soggetto che risulti avere residenza o dimora all’estero
debba essergli data notizia di un procedimento penale, con
contestuale invito ad eleggere domicilio nel territorio dello Stato per
le relative notificazioni di atti. Detta disposizione, tuttavia, non si
applica nella diversa ipotesi, quale la presente, in cui si sia già svolto
il giudizio di primo grado e l’imputato abbia ricevuto tutte le previste
notificazioni nel domicilio dichiarato o determinato ai sensi dell’art.
161 cod. proc. pen.; in tal caso, ove la notificazione presso il predetto
domicilio sia divenuta impossibile a seguito del trasferimento
all’estero, essa deve essere effettuata ai sensi dell’art. 161, comma
quarto, cod. proc. pen., mediante consegna al difensore (Sez. 2,
sent. n. 14248 del 10/04/2012, dep. 16/04/2012, De Vangelio, Rv.
252489; nello stesso senso, Sez. 5, sent. n. 5323 del 05/03/1997,
dep. 05/06/2997, Rv. 208063).
3. Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso.
Assume la ricorrente come, nella descrizione dei fatti di causa, non
sia stata fornita la prova dell’esistenza dell’intenzione di non
adempiere già dal momento della messa in vendita della merce,
essendo possibile che si sia trattato solo di un’incapacità ad
adempiere e non di una volontà di perseguire l’ingiusto profitto con
l’altrui danno mediante artifizi e raggiri e l’incapacità di adempiere
potrebbe essersi manifestata solo successivamente all’inizio degli

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scambi epistolari, con assenza di prova certa e al di là di ogni
ragionevole dubbio del dolo necessario ad integrare il reato di truffa.
3.1. Va evidenziato in premessa come le osservazioni critiche
articolate nel motivo di ricorso si risolvono nella introduzione di temi
in fatto diversi da quelli emergenti dalla ricostruzione – vincolante
perché esente da vuoti logici – resa nel doppio giudizio di conformità
operato dai giudici del merito, assumendo i toni tipici ed altrettanto

inammissibili, delle valutazioni alternative rispetto a quelle segnalate
in sentenza non adeguatamente supportate dall’indicazione dei profili
di manifesta illogicità del motivare della Corte destinati ad inficiarne il
portato.
3.2. In ogni caso, nella motivazione della sentenza impugnata non si
ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa
sede. Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Suprema
Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga
effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se
questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i
limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente (cfr., Sez. 5, sent. n. 1004 del
30/11/1999, dep. 31/01/2000, Rv. 215745; Sez. 2, sent. n. 2436 del
21/12/1993, dep. 25/02/1994, Rv. 196955). Del resto, va ricordato
che il vizio di motivazione implica o la carenza di motivazione o la sua
manifesta illogicità. E, sotto quest’ultimo profilo, la correttezza o
meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e
questa è indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono.
3.3. Fermo quanto precede, osserva il Collegio come la sentenza della
Corte territoriale fornisca congrua motivazione e sia del tutto esente
dai lamentati vizi logico-giuridici riconoscendo essere una “mera
illazione” priva di riscontro quella secondo cui la Drazevic non
avrebbe consegnato la merce a causa di un – non meglio precisato fornitore che, a sua volta, avrebbe incassato le somme e poi non
avrebbe consegnato la merce all’imputata.
Invero, si riconosce come le risultanze istruttorie avessero consentito
di appurare come la Drazevic avesse ottenuto il pagamento della
merce da lei messa in vendita ma in nessun momento successivo
l’avrebbe mai consegnata agli acquirenti, ottenendo così un ingiusto

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profitto con corrispondente danno economico per le persone offese.
Inoltre, in punto ricorrenza artifizi e raggiri, riconoscono i giudici di
secondo grado come “la messa in vendita di un bene per via
telematica attraverso un sito e-commerce www.adishop.biz, con i link
di appartenenza del sito, costituisce sicuramente un mezzo per
indurre in errore i potenziali acquirenti sulle effettive intenzioni
truffaldine di chi offre in vendita i beni senza alcuna intenzione di

consegnarli, risultando così configurato non un semplice
inadempimento civile, ma il reato di truffa ex art. 640 cod. pen.. Gli
artifizi e raggiri vanno ricavati dalla complessiva condotta del
venditore, tenuto conto della particolare modalità di questo tipo di
compravendite che avvengono tramite intemet, senza che le parti
possano avere contatti diretti e senza che alle stesse siano conoscibili
le rispettive esatte generalità e che sono caratterizzate dal fatto che il
compratore deve pagare anticipatamente il bene e sperare poi che il
venditore glielo faccia pervenire. Tale meccanismo di vendita pone
l’acquirente in una particolare situazione di debolezza e di rischio e di
questo approfittano i truffatori, seriali o meno, che realizzano cospicui
guadagni vendendo beni che in realtà non hanno alcuna intenzione di
alienare e dei quali non hanno il più delle volte neppure l’effettiva
disponibilità …”.
3.4. Inoltre, la Corte territoriale, dopo aver partitamente esaminato le
varie fasi seguìte dalla ricorrente per indurre l’acquirente a
concludere l’affare, riconosceva come “una volta pagato il bene, la
venditrice, … non ha mai inoltrato la fatturazione della merce venduta
che pure era stata promessa con la richiesta dell’indirizzo. Appare
evidente che un simile comportamento non si concilia con la volontà
di condurre a buon fine l’acquisto, secondo quanto programmato”: a
questo, va aggiunto – secondo la Corte – il fatto che la Drazevic si
fosse resa irrintracciabile e, ad ulteriore conferma dell’operazione
truffaldina, si pone

“la circostanza, riferita dal teste Zampino

Giuseppe … che il conto corrente risultava intestato direttamente
all’imputata e non alla Ditta Intercro, titolare del sito Adishop,
circostanza che consente di riscontrare la falsità dell’indicazione
contenuta nel messaggio di posta elettronica del 23.05.2008, ore
14.58, proveniente dalla Intercro (informazioni(aadishmbiz) ed
inviato alla persona offesa Ra velli Cristiano Giovanni, con oggetto

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”verifica ordine”, in cui si indica che intestatario del conto corrente è
Intercro”.
Del tutto incontestabile appare quindi l’elemento soggettivo del reato
in oggetto in presenza di un dolo iniziale che, influendo sulla volontà
negoziale del contraente-acquirente, lo ha determinato alla
stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri del tutto idonei a
falsarne il processo volitivo e rivelatori dell’intima natura di finalità

ingannatoria del contratto (cfr., Sez. 2, sent. n. 5801 del
08/11/2013, dep. 06/02/2014, Montalti e altro, Rv. 258203).
3.5. Apodittico e meramente assertivo è, inoltre, il richiamo alla
pretesa violazione della regola di giudizio dell'”al di là di ogni
ragionevole dubbio”.
Si osserva al riguardo come il significato da attribuire a tale
locuzione, presente nel testo novellato dell’art. 533 cod. proc. pen.
quale parametro cui conformare la valutazione inerente
all’affermazione di responsabilità dell’imputato, trovi il proprio
fondamento il principio costituzionale della presunzione di innocenza
e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui è permeato il
nostro sistema processuale.
Si è, in proposito, evidenziato che detta espressione ha una funzione
meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il
«ragionevole dubbio» sulla colpevolezza dell’imputato ne comportava
pur sempre il proscioglimento a norma dell’art. 530, comma 2, cod.
proc. pen., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso
criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente
adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, già in
precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed
ordinario (tanto da essere già stata adoperata dalla giurisprudenza di
questa Corte Suprema – per tutte, Sez. U, sent. n. 30328 del
10/07/2002, dep. 11/09/2002, Franzese, Rv. 222139 – e solo
successivamente recepita nel testo novellato dell’art. 533 cod. proc.
pen.), secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la
certezza processuale assoluta della responsabilità dell’imputato (Sez.
2, sent. n. 19575 del 21/04/2006, dep. 07/06/2006, Serino ed altro,
Rv. 233785; Sez. 2, sent. n. 16357 del 02/04/2008, dep.
18/04/2008, Crisiglione, Rv. 239795). In argomento, si è più
recentemente, e conclusivamente, affermato (Sez. 2, sent. n. 7035

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del 09/11/2012, dep. 13/02/2013, De Bartolomei e altro, Rv.
254025) che .
Fermo quanto precede, è da escludersi che nella fattispecie si sia in
presenza di una pronuncia (rectius, di due pronunce, essendovi
doppia conforme sulla responsabilità) che abbiano violato detta regola
di giudizio alla luce delle del tutto coerenti ed ampiamente
condivisibili argomentazioni poste a sostegno del decisum.
4. Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso.
Pienamente giustificata è la conclusione della Corte territoriale sulla
configurazione giuridica del fatto, avendo la medesima riconosciuto
come “in presenza degli elementi sopra descritti, non può parlarsi di
condotta di rilevanza meramente civilistica. Infatti, vi è stato accordo,
con i querelanti, per la vendita di beni con il proposito di non
consegnarli pur dopo la ricezione del pagamento e tale proposito è
stato perseguito con la condotta artificiosa e menzognera sopra
descritta. Ciò non solo ha recato alla persona offesa un danno
economico, ma altresì, in considerazione della sussistenza degli
elementi oggettivi e dell’elemento soggettivo del delitto contestato,
ha pienamente integrato la fattispecie di “truffa in contraendo” …”.
5. Manifestamente infondato è il quarto motivo di ricorso.
Lamenta la ricorrente la mancata considerazione del proprio stato di
incensuratezza ai fini del giudizio sulla meritevolezza o meno delle
circostanze attenuanti generiche.
5.1. Ampiamente giustificato è, nella fattispecie, il diniego di
concessione delle circostanze attenuanti generiche essendosi tenuto
conto della notevole intensità del dolo, desumibile dalla natura
sistematica e seriale della condotta e della gravità del pericolo, in
termini di potenziale ricaduta sociale, desumibile dall’impiego della
telematica per coinvolgere un numero indeterminato di interlocutori
negoziali.
5.2. Invero, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di

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legittimità, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di
elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la
modifica dell’art. 62 bis cod. pen., disposta con il d.l. 23 maggio
2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n.
125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente
non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 3,

260610).
6. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1.000,00

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 18.11.2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Andrea ‘Pellegrino

Dott. Franco Fiandanese
‘a.,L,cfaut–k3

sent. n. 44071 del 25/09/2014, dep. 23/10/2014, Papini e altri, Rv.

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