Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49187 del 07/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 49187 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SAVANI PIERO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
KALARI ETLEVA N. IL 31/05/1971
avverso la sentenza n. 142/2012 TRIBUNALE di MONZA, del
24/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
Data Udienza: 07/10/2013
IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Monza applicava a KALARI Etleva, a norma degli
artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine al delitto di detenzione di documento di identità falsificato valido per l’espatrio, commesso il 23 gennaio 2012.
Propone ricorso per cassazione l’imputata che deduce difetto di motivazione per non esser stato
applicato il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen. ed in merito al trattamento sanzionatorio.
Osserva il Collegio che i motivi di ricorso sono destituiti di specificità e comunque manifestamente infondati o per altro verso inammissibili, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 C.P.P., facendo riferimento al contenuto degli
atti delle indagini preliminari ed in particolare alla flagranza.
E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p.
27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
Quanto al trattamento sanzionatorio, osserva il Collegio che il ricorso è manifestamente infondato, atteso che il Tribunale, nell’applicare la pena concordata, non è incorso in alcuna violazione
della legge in punto di determinazione della pena (cfr. Sez. un., c.c. 24 marzo 1990, Borzaghini),
conformandosi del resto, anche con riferimento al mancato riconoscimento delle attenuanti, interamente al trattamento sanzionatorio condiviso dalle parti, del quale ha espressamente riconosciuto la congruità. Mentre l’imputato che abbia chiesto l’applicazione di una determinata pena
non può dolersi della entità della pena da esso stesso sollecitata né della complessiva adeguatezza del trattamento concordato evocando apprezzamenti di fatto non suscettibili di autonoma considerazione in sede di legittimità.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.500,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.500,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il ittobre 2013.