Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49179 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 49179 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 17/11/2015

SENTENZA
Sul ricorso proposto personalmente da Dendani Moncef, n. a Parigi il
21.12.1977, rappresentato e assistito dall’avv. Claudio Barbieri,
d’ufficio, avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova,
seconda sezione penale, n. 3209/2014, in data 24.02.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto della ritualità delle notifiche e degli avvisi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Ciro
Angelillis che ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
sentita la discussione del difensore, avv. Claudio Barbieri, che ha
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

1

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 07.05.2014, il Tribunale di Genova, in
composizione collegiale, dichiarava Dendani Moncef responsabile dei
reati di rapina (capo A), tentata violenza sessuale (capo B), lesioni
personali (capo C) e porto di coltello (capo D) e, previo
riconoscimento del vincolo della continuazione ed esclusione della

contestata recidiva, lo condannava alla pena di anni tre, mesi sei di
reclusione ed euro 700,00 di multa, con espulsione dal territorio dello
Stato a pena espiata.
2. Avverso detta sentenza, proponeva appello il Dendani chiedendo
l’assoluzione per insussistenza del fatto in relazione al capo B),
l’improcedibilità dell’azione per remissione di querela ovvero per
insufficienza di prove in relazione al capo C), l’assoluzione per
mancanza dell’elemento soggettivo in relazione al capo A); in ogni
caso, chiedeva il riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche, la rideterminazione della pena ed il beneficio della
sospensione condizionale.
3. Con sentenza in data 24.02.2015, la Corte d’appello di Genova
dichiarava inammissibile l’impugnazione in relazione al capo B) per
mancata presentazione dei motivi, con conseguente declaratoria di
esecutività della relativa pena di mesi quattro di reclusione ed euro
100,00 di multa e con conferma nel resto della pronuncia di primo
grado.
4. Avverso la sentenza di secondo grado, Dendani Moncef propone
ricorso per cassazione lamentando:
-la nullità della sentenza per violazione dell’art. 606 lett. c) cod. proc.
pen. in relazione agli artt. 179, 143 cod. proc. pen. e 111, commi 1 e
3 Cost., per essere stato il giudizio d’appello celebrato senza
l’assistenza dell’interprete, espressamente richiesto dall’imputato, di
etnia araba, a ragione della sua limitata comprensione della lingua
italiana (primo motivo);
-la nullità della sentenza per violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc.
pen. per mancanza nonché manifesta illogicità di motivazione nonché
per violazione dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen. per inosservanza
delle norme processuali in relazione all’art. 581 lett. c) cod. proc.
pen. con riferimento alla dichiarata esecutività della pena per il capo

2

B) d’imputazione in ragione della ritenuta inammissibilità dei motivi
proposti (secondo motivo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è generico e manifestamente infondato e, come tale,
risulta inammissibile.

2. Del tutto pretestuoso si rivela il primo motivo di doglianza, in
presenza di esplicita pregressa dichiarazione personale del Dendani,
resa all’udienza del 05.02.2014 avanti al Tribunale di Genova, di
“comprendere e parlare la lingua italiana”, con conseguente mancata
prestazione dell’ufficio, dedotta dal doveroso omesso conferimento da
parte del giudice dell’incarico di traduttore all’interprete in lingua
araba ivi comparso.
A questo dato, di per sé decisivo, si aggiungono, sotto il profilo
probatorio, altre due circostanze di fatto che sorreggono la
conclusione assunta:
– la prima, relativa all’avvenuta redazione personale da parte del
Dendani, in perfetta lingua italiana, sia dei motivi di appello che del
presente ricorso per cassazione;
– la seconda, relativa all’esistenza di dichiarazioni rese dal Dendani in
lingua italiana senza l’assistenza dell’interprete, all’udienza del
24.02.2015 avanti al giudice d’appello (in quella sede non risulta
proposta alcuna eccezione in merito alla mancata presenza
dell’interprete da parte del difensore dell’imputato).
3. Del tutto generico è il secondo motivo di doglianza.
Invero, tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello,
sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi: il
ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più
punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di
indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
Nel caso di specie, il motivo è inammissibile perché privo dei requisiti
prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a
fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e
logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della
censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di
individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.

3

4. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in euro 1.000,00

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa
delle ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 17.11.2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Al2drea Pellegrino

Dott.ssa Matilde Cammino

PQM

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