Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49159 del 07/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49159 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: FUMO MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
REINHARD ANGELICA N. IL 26/02/1986
avverso la sentenza n. 2930/2012 TRIBUNALE di PADOVA, del
27/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;

Data Udienza: 07/10/2013

RILEVATO IN FATTO
Reinhard Angelica ricorre avverso la sentenza in epigrafe indicata (emessa ai sensi dell’art.
444 cpp) e deduce violazione di legge nonché vizi motivazionali relativamente alla dichiarata
carenza delle condizioni per una pronuncia ex art. 129 c.p.p. e alla quantificazione della pena,
essenmdosi il giudice avvalso di un formulario;

Secondo il costante indirizzo di questa Corte, ribadito dalle Sezioni Unite (27 marzo 1992, Di
Benedetto; 22 febbraio 1999, Messina) e, da ultimo, Sez. Il ASN 201206455-RV 252085- per
quanto concerne il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’ art.
129 c.p.p., l’obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della
delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi
concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi, essendo sufficiente -in caso
contrario- la semplice enunciazione, anche implicita, di aver effettuato con esito negativo la
verifica richiesta dalla legge, e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza
di proscioglimento ex art. 129;
Orbene, nel caso in esame, si rileva l’ assenza di elementi dai quali dedurre che s’imponeva,
alla luce delle considerazioni che precedono, una specifica motivazione sul punto in questione;
Quanto alla pena, essa è frutto di specifico accordo con la parte pubblica, accordo condiviso e
recepito dal giudicante, il quale, valutando in concreto la posizione e la personalità della
imputata ha anche deciso di riconoscere le attenuanti ex art 62 bis cp, con giudizio di
equivalenza. Deve dunque ritenersi che, in merito, la sentenza impugnata fornisca specifica,
adeguata e corretta motivazione, da cui emerge la manifesta infondatezza delle doglianze;
La sentenza impugnata va dunque ritenuta congruamente e correttamente motivata e, di
conseguenza, manifestamente infondata appare la doglianza de qua, donde l’inammissibilità
del ricorso;
A mente dell’ art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’ onere delle spese
del procedimento nonché -non potendosi escludere che l’inammissibilità sia ascrivibile a colpa
della ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186)- del versamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti,
nella misura di € 1.500,00;
PQM
LA CORTE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, il 7 ottobre 2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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