Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4914 del 13/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4914 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di
Venezia nel procedimento nei confronti di :
Moino Alessandro, n. a Treviso il 01/11/1974;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia in data 24/10/2013;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale M. Fraticelli, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;

RITENUTO IN FATTO

1. Il P.G. presso la Corte d’Appello di Venezia ha proposto ricorso avverso la
sentenza della Corte d’Appello di Venezia con cui, in riforma della sentenza del
Tribunale di Padova, la stessa ha assolto Moino Alessandro dal reato di cui agli
artt. 1 e 6 della I.n. 401 del 1989 per avere violato il provvedimento del
Questore di Treviso del 15/09/2009 con cui si era disposto, nei suoi confronti, il
divieto di accesso agli impianti sportivi trovandosi all’interno dell’impianto

Data Udienza: 13/11/2014

sportivo di Busa di Vigonza durante l’incontro di calcio Vigontina – Treviso in
data 20/09/09. La Corte ha ritenuto che, in forza del provvedimento di
archiviazione intervenuto per i fatti posti alla base del provvedimento questorile,
vi fosse stata una carenza di istruttoria risoltasi in un travisamento del fatto con
conseguente illegittimità del provvedimento, pur formalmente vigente all’epoca

2. Con un unico motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge laddove si è
ritenuta l’insussistenza del reato per il fatto che il provvedimento del Questore,
legittimo al momento di sua emissione, sia stato successivamente revocato,
essendosi accertata l’estraneità di Moino alle accuse di coinvolgimento
nell’ipotizzato delitto di rissa. Né l’assunto del collegio potrebbe essere
valorizzato ipotizzando una sorta di reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale
di tipo putativo per averne l’imputato soggettivamente ritenuto l’ontologica
arbitrarietà.

3. In data 4/11/2014 ha presentato memoria Moino Alessandro per il tramite del
proprio Difensore osservando, fondamentalmente, che la revoca del
provvedimento questorile, pur intervenuta successivamente alla data di
commissione del fatto per effetto del provvedimento di archiviazione del G.i.p.,
comporta che il provvedimento fosse a suo tempo stato emanato in presenza di
eccesso di potere, con conseguente necessità di una sua disapplicazione. Ha
pertanto chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato.
Va premesso che è incontroverso che, al momento della condotta di
inosservanza posta in essere dall’imputato, il provvedimento del Questore di
Treviso, regolarmente notificato all’interessato e, per quanto risultante dalla
sentenza di primo grado, convalidato con riguardo all’imposto obbligo di
presentazione alla p.g., era pienamente operante; di ciò dà atto la stessa
sentenza impugnata che aggiunge, però, che, in data 23/11/2009, il medesimo
Questore di Treviso, prendendo atto dell’intervenuto decreto di archiviazione del
05/10/2009 relativamente al reato di rissa in occasione di manifestazione
sportiva che aveva fondato il provvedimento questorile, provvedeva alla revoca
di quest’ultimo in ossequio a quanto previsto dall’art.6, comma 5, della I. n. 410

della condotta di reato posta in essere.

del 1989; e sempre la sentenza impugnata, pur dando correttamente atto della
decorrenza della revoca unicamente ex nunc, con conseguente caducazione del
provvedimento unicamente a far data dal 23/11/2009, giunge a concludere per
l’insussistenza del fatto ascritto a Moino sul presupposto, sostanzialmente, di un
“travisamento del fatto” dovuto a carenze istruttorie che, viziando ab origine

il

provvedimento, ne avrebbe comportato l’illegittimità.

Deve anzitutto ribadirsi che la revoca del provvedimento di divieto di accesso ai
luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive non può che operare, come
riconosciuto dalla stessa Corte veneziana, ex nunc : e ciò, oltre a derivare dal
principio generale per cui la revoca dovuta a situazioni sopravvenute non può
avere, evidentemente, effetto retroattivo, appare imposto in particolare dal fatto
che il provvedimento questorile si perfeziona, ed è efficace, sin dal momento
della sua notifica, non avendo il legislatore neppure previsto, per il
provvedimento di divieto di accesso, la necessità della convalida ad opera del
giudice (convalida che, comunque, con riguardo invece al provvedimento
dell’obbligo di presentazione presso gli uffici di p.g., una volta pronunciata dal
g.i.p., opera

ex tunc,

sempre con riferimento alla notifica intervenuta in

precedenza e con effetti di definitività non più suscettibili di essere posti in
discussione : cfr. Sez. 3, n. 39408 del 26/09/2007, Gioppato, Rv. 238022; Sez.
3, n. 15261 del 12/03/2009, D’Angelo, Rv. 243261).
Né, va aggiunto, conclusioni di segno contrario potrebbero provenire dalle
decisioni di questa Corte secondo cui, con riferimento alla diversa materia delle
misure di prevenzione, la revoca del decreto applicativo delle stesse per difetto
originario di pericolosità sociale opererebbe ex tunc; infatti, anche in tale ambito,
si è avuto modo di precisare che la revoca o l’annullamento del decreto di
sottoposizione a una misura di prevenzione operano ex tunc, e cioè dal momento
dell’emanazione della misura, soltanto allorché sono pronunciati per motivi di
legittimità (non configurabili, invece, nella specie), mentre hanno efficacia

ex

nunc, e cioè dal momento della rispettiva emanazione, allorché conseguono a
sopraggiunte situazioni che fanno venir meno la pericolosità sociale del
prevenuto, in tale seconda ipotesi restando fermi gli effetti dell’originario decreto
sino alla sua rimozione, sì che la violazione degli obblighi con esso imposti,
commessa antecedentemente alla revoca, integra il reato previsto dall’art. 9
della legge n. 1423 del 1956 (cfr., Sez. fer., n. 35899 del 29/07/2004, Alvaro,
Rv. 229777; Sez. 1, n. 5978 del 13/03/2000, Sgobba, Rv. 216016).
Del resto, la efficacia ex tunc della revoca delle misure di prevenzione trova
fondamento, a differenza del provvedimento di specie, nell’efficacia esecutiva
3

Tale conclusione, tuttavia, non può essere condivisa.

soltanto “provvisoria” del decreto applicativo sicché la revoca, deliberata all’esito
del procedimento di gravame, per ritenuta carenza originaria dei requisiti di
legge, ha effetti rescindenti del decreto impugnato (cfr. Sez. 6, n. 45868 del
15/05/2012, Meligeni, Rv. 253982; Sez. 1, n. 44601 del 11/11/2008, Pagano,
Rv. 241911).

evidentemente, condivisi dalla stessa Corte territoriale, laddove si è appunto
evocata l’efficacia

ex nunc del provvedimento di revoca, avrebbero dovuto

condurre a ritenere non sindacabile a posteriori il provvedimento del questore di
divieto di accesso agli impianti sportivi.
Sennonché la sentenza impugnata, richiamando non meglio indicate carenze
istruttorie (“pare alla Corte che la motivazione adottata dalla Procura della
Repubblica di Treviso desse atto di tali carenze istruttorie nell’attribuzione del
fatto al Moino”) e precisando che il ritardo nell’adozione del provvedimento di
revoca, pur sulla base di una situazione di fatto comunque preesistente, non
potrebbe riverberarsi in danno dell’imputato, è pervenuta, al contrario, a
ritenere, nei fatti, tamquam non esset il provvedimento in violazione di quanto
presupposto dal sistema sin qui ricordato e di quanto lo stesso art. 6, comma 5,
cit., appare implicitamente stabilire. Se, infatti, lo stesso legislatore ha
ricompreso tra i fatti suscettibili di giustificare la revoca

ex nunc

del

provvedimento questorile anche i “provvedimenti dell’autorità giudiziaria” (tra cui
appunto l’archiviazione del procedimento per il reato a fondamento dell’ordine
questorile) è evidente come questi ultimi, non possono, al contempo, sia pure
attraverso la considerazione di un travisamento del fatto che gli stessi
provvedimenti, a posteriori, rivelerebbero, giustificare una inefficacia ex tunc
dell’ordine questorile.
In altri termini, valorizzare carenze istruttorie (peraltro desunte dal solo fatto
dell’intervenuta archiviazione quando invece tale provvedimento potrebbe, a
fronte della motivazione dubitativa sul punto della Corte territoriale, essere
stato motivato da altre ragioni) per fondarvi un travisamento del fatto, non altro
significa, se non, in definitiva, contravvenire allo stesso dato normativo.
Né la sentenza spiega perché, senza che il provvedimento sia stato ritenuto
affetto da violazione di legge, incompetenza, ed eccesso di potere, il
travisamento del fatto dovrebbe eventualmente condurre alla illegittimità del
provvedimento (comunque non agevolmente evocabile laddove lo stesso
legislatore, come già detto, ha configurato espressamente i provvedimenti
dell’autorità giudiziaria come causa unicamente di “revoca”) e, dunque, semmai,

5. Tanto premesso, dunque, questi stessi postulati, non solo non discussi, ma,

alla disapplicazione del medesimo (peraltro, a quanto pare di comprendere, non
operata, nella specie, dalla Corte territoriale).
Né, ancora, può condividersi il ragionamento sul fatto che il ritardo nell’adozione
del provvedimento di archiviazione (richiesto il 19/9 e pronunciato il 5/10/09)
non dovrebbe andare a detrimento dell’interessato, presupponendo una tale
argomentazione un indebito privilegio del momento della richiesta e non di

6. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio ad altra Sezione della
Corte d’Appello di Venezia che procederà a nuovo esame nel rispetto dei rilievi di
cui sopra.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di
Venezia.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2014.

quello, in realtà determinante, dell’adozione del decreto di archiviazione.

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