Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49139 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49139 Anno 2015
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Ottaviani Paolo n. a Foligno il 2 ottobre 1955
avverso la sentenza del 29.11.2013 della Corte di appello di Perugia nei confronti di
Pascucci Olivo, n. a Spello il 22.2.1966
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale. Giovanni Di Leo,
che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso
udito il difensore del Pascucci, avv. Congiunti Giuseppe, che si è associato alla richiesta del
PG.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 29 novembre 2013 la Corte di appello di Perugia ha assolto, su
appello dell’imputato, Pascucci Olivo dai reati ascrittigli con formula che il fatto non sussiste ed
ha revocato le statuizioni civili. La sentenza è stata adottata in riforma della sentenza emessa il
3 novembre 2011 dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Perugia che, unificati i
reati e con la diminuente del rito abbreviato, aveva condannato il Pascucci alla pena di anni
quattro e mesi quattro di reclusione ed euro diciottomila di multa ed al risarcimento dei danni,

Data Udienza: 10/11/2015

da liquidare in sede civile in favore della parte civile, Ottaviani Paolo, al quale veniva liquidata
una provvisionale dell’importo di euro venticinquemila.
2. Al Pascucci, appuntato della Guardia di finanza in servizio presso la Compagnia di
Foligno, erano contestati, in concorso con Masci Nicola e Capolunghi Paolo – nei confronti dei
quali si procedeva separatamente – i reati di cui agli artt. 479, 606, 368 primo e secondo
comma (in relazione alla pena prevista dall’art. 73 Dpr 309/1990) cod. pen., 73 Dpr
309/1990, per avere il Capolunghi e il Masci, anche in concorso con altre persone non
identificate, nel periodo immediatamente precedente l’arresto di Ottaviani Paolo ( eseguito il g.

22 gennaio 2008), occultato nel bagagliaio dell’auto del medesimo, anche per interposte
persone, cocaina e un bilancino di precisione e comunicato la circostanza all’appuntato
Pascucci il quale, pur essendo a conoscenza dell’innocenza dell’Ottaviani, riferiva ai superiori,
nell’esercizio delle sue funzioni, la falsa notizia della detenzione da parte di Ottaviani della
cocaina, ben conoscendo l’estraneità di Ottaviani al fatto e determinando, così, l’organizzazione
del servizio mirato che portava all’arresto di Ottaviani medesimo il quale, in conseguenza della
calunnia, dell’arresto illegale e del posizionamento da parte di terzi nel bagagliaio della propria
vettura della droga, subiva una lunga carcerazione preventiva ed una condanna in primo
grado.
3. La Corte di appello, ha ritenuto non condivisibile la conclusione del giudice di primo
grado, secondo la quale, ad opera del Capolunghi e del Masci, sarebbe stato organizzato un
piano criminoso, al quale avrebbe partecipato anche il Pascucci, finalizzato a far apparire
l’Ottaviani, come detentore della droga rinvenuta nella sua auto, e messa da altri a sua
insaputa.
In particolare, pacifica la circostanza che il servizio mirato del 22 gennaio 2008 a carico
dell’Ottaviani – imprenditore nel settore della maglieria e titolare di una discoteca denominata
Poco loco, segnalata come luogo di spaccio – era stato predisposto, secondo quanto riferito
dal comandante della Compagnia che aveva organizzato e presidiato alle operazioni, sulla
base di notizie riferite all’appuntato Pascucci dal Capolunghi, sua fonte informativa e da altro
appuntato che segnalava, secondo quanto riferitogli da altra fonte,he
i il trasporto della droga
veniva effettuato di venerdì, unico giorno di apertura del locale,

Corte ha ritenuto che gli

elementi posti a fondamento della sentenza di condanna di primo grado, non risultavano
concludenti nel senso di ritenere dimostrata la esistenza di un piano architettato in danno
dell’Ottaviani dal Capolunghi – già legato da controversi rapporti economici con l’Ottaviani con l’apporto del Masci, PR della discoteca Poco Loco e dipendente della concessionaria in cui
l’Ottaviani aveva lasciato l’autovettura, ritirandola proprio la mattina del venerdì 22 gennaio.
4. Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Perugia aveva incentrato il giudizio di
colpevolezza del Pascucci: a) sulle dichiarazioni, ritenute attendibili, dell’Ottaviani, dichiaratosi
estraneo alla detenzione della droga, a sua dire messa nell’auto a sua insaputa, giudizio di
attendibilità formulato ~Une affermazioni di amici dell’Ottaviani che avevano riferito
della sua contrarietà all’uso di stupefacenti; sulle anomalie che l’Ottaviani aveva registrato
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SLP

nelle modalità di prelievo dell’auto presso la concessionaria e sulla indicazione precisa della
collocazione della droga nel bagagliaio della vettura, notizia che poteva essere a conoscenza
solo della persona che ve l’aveva posta; b) sulle dichiarazioni anomale rese da Masci Nicola,
essendosi il dichiarante mostrato a conoscenza del quantitativo e qualità della droga, tanto da
avere commentato che per incastrare l’Ottaviani sarebbe stato sufficiente un quantitativo
minore, dichiarazioni registrate nel corso di un esame condotto attraverso domande suggestive
poste dai verbalizzanti; c) sui reiterati contatti telefonici intervenuti tra il Pascucci e il

Veste di confidente del Capolunghi; d) sul contenuto di una conversazione telefonica,
intercettata sull’ utenza del Pascucci, dalla quale emergeva che questi non era estraneo al
mondo degli stupefacenti ( tel. n. 3423 del 5.3.2009 nel corso della quale il Pascucci,
comunicando con la compagna faceva riferimento ad un piano, al taglio ed al fumo); e) sulla
circostanza che il Pascucci fosse presente nell’azienda del Capolunghi in occasione della
perquisizione eseguita dai Carabinieri, nell’ambito del procedimento disposto a seguito della
denuncia dell’Ottaviani, il 17 dicembre 2008 e che il Capolunghi, sebbene il decreto fosse
generico e si limitasse ad indicare i titoli di reato di cui agli artt. 368 cod. pen. e 73 Dpr
309/1990, immediatamente ne aveva ricondotto i motivi, alla “storia” di Ottaviani; f) sul
contenuto delle telefonate intercorse lo stesso giorno tra il Pascucci e la compagna e tra il
Pascucci ed il collega, Palumbo Luigi. Infatti, il Pascucci, sebbene con la compagna avesse
detto di non conoscere le motivazioni della perquisizione, parlando con il collega l’aveva
ricondotta alla “storia di Ottaviani” e gli rivelava che, in relazione all’arresto dell’Ottaviani,
erano state raccolte dichiarazioni in base alle quali sarebbero stati degli albanesi a mettere la
droga all’interno del bagagliaio della vettura dell’Ottaviani ma

“di negare, negare sempre,

dell’informatore, tanto Paolo non dice niente”, aggiungendo che non avrebbero mai potuto
collegarlo a “Paolo e Ottaviani”; g) sul contenuto di una conversazione intercettata il 6
dicembre 2008 nel corso della quale, commentando la denuncia dell’Ottaviani secondo la quale
sarebbero stati loro a mettere la droga nel bagagliaio dell’auto, il Pascucci affermava che ad
Ottaviani non era bastato l’arresto e che avrebbero continuato anche su altro fronte,
affermazione, questa, leggibile come minaccia 4=122r -rra. di fare ricorso ad un altro brutto
tiro, oltre a quello già giocato contro l’Ottaviani. Il giudice dell’udienza preliminare valorizzava,
in particolare, la circostanza che l’auto, era stata ritirata direttamente in concessionaria
dall’Ottaviani piuttosto che, come al solito, portata al cliente da un incaricato della
concessionaria; che l’auto avrebbe dovuto essere utilizzata da un autista dell’Ottaviani per
recarsi a Roma e che solo per una scelta del dipendente era stata utilizzato altro veicolo sicché
ne era casuale l’uso da parte dell’Ottaviani; che solo il Capolunghi, fonte dell’appuntato
Pascucci, aveva potuto sapere che la droga, quel giorno, si trovava nel bagagliaio dell’auto
utilizzata dall’Ottaviani poiché ve l’aveva riposta lui stesso, o altri su suo incarico.
Direttamente a carico del Pascucci rilevava, infine, il contenuto della conversazione indicata al

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Capolunghi in occasione del servizio del 22 gennaio 2008, anch’essi anomali in relazione alla

punto 6), che denota un comportamento che non corrisponde a quello della difesa della
propria fonte informativa ma che realizza una vera e propria copertura del complice.
5. Secondo la sentenza della Corte di appello, invece: a) non poteva affatto conferirsi
attendibilità alle dichiarazioni dell’Ottaviani; b) l’Ottaviani aveva avuto in uso l’auto per tutto il
giorno; c) il Pascucci aveva fin dall’inizio riferito al comandante della Compagnia di Foligno che aveva ordinato e coordinato il servizio – l’identità della fonte confidenziale, cioè il
Capolunghi; d) il Pascucci, amico del Capolunghi, suo confidente, non aveva motivi personali

telefono cellulare in uso al Capolunghi tra questi e il Pascucci, non denotavano affatto un
accordo nella gestione di un piano architettato per colpire l’Ottavia9ma trovavano ragionevole
spiegazione nella necessità di monitorare, attraverso il Capolunghi, i movimenti dell’Ottaviani;
f) il Pascucci non aveva affatto partecipato all’interrogatorio del Masci, atto durante il quale
erano state rivolte domande anomale (perché richiedenti valutazioni) al dichiarante che,
sentito a distanza di qualche mese dall’arresto dell’Ottaviani, poteva avere avuto notizia del
quantitativo di droga sequestrata dai mezzi di comunicazione; g) è/ del tutto estranea ai fatti
per i quali si procede, la conversazione intercorsa tra il Pascucci e la compagna; h) quanto al
comportamento del Capolunghi – che immediatamente riconduceva alla vicenda Ottaviani la
perquisizione subita – la Corte ha evidenziato che vi sono in atti alcune telefonate precedenti
alla perquisizione e intercorse tra il Capolunghi ed altri soggetti estranei (fra i quali un
poliziotto) che denotano la buona fede dell’interlocutore poiché il Capolunghi fa riferimento
alle notizie di indagini determinate dalla querela dell’Ottaviani

apprese dal Pascuc

manifestando stupore ed incredulità per il comportamento dell’Ottaviani che aveva scaricato
su altri le responsabilità per la detenzione della droga; i) anche le conversazioni intrattenute
dal Pascucci con la compagna e con il collega Palumbo, piuttosto che rivelare la volontà del
Pascucci di “coprire” il complice, esprimono un commento di fronte ad una vicenda che
appariva piuttosto oscura e che lo coinvolgeva perché l’operazione era partita da una
segnalazione del proprio confidente dal quale, comunque, avrebbe voluto prendere le distanze
negando questa circostanza. Infine, quanto alla conversazione tra Pascucci e Capolunghi,
avvenuta mentre l’Ottaviani era ancora sottoposto a procedimento penale per il rinvenimento
della droga, la Corte ha ritenuto che il tenore letterale della stessa, lungi dal denotare che
quello dell’arresto fosse stato un brutto tiro giocato in danno dell’Ottaviani, era solo la
constatazione che questi stesse assumendo iniziative che si ripercuotevano negativamente nei
loro confronti e che, a loro volta, avrebbero potuto assumerne altre.
6. Con i motivi di ricorso la parte civile denuncia:
6a. la mancanza di motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. alla luce del confronto tra le ampie, ben
fattualmente e logicamente argomentate motivazioni della sentenza di primo grado e quelle
della sentenza di appello sul racconto della persona offesa e sui riscontri oggettivi e, in
particolare, sul coinvolgimento del Capolunghi, artefice della vicenda ordita ai danni
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di contrapposizione con l’Ottaviani; e) i contatti telefonici, ricostruiti attraverso il tabulato del

dell’Ottaviani, e sulla circostanza che il Capolunghi aveva fornito una notizia talmente
circostanziata sul luogo nel quale la droga si trovava ( cioè il bagagliaio della vettura) che
proprio tale precisione denota il sospetto che egli sia stato autore della collocazione;
6b. la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b), e c), cod. proc. pen., poiché, avendo
l’imputato appellante contestato la propria responsabilità concorsuale senza devolvere al
giudice di appello questioni relative alla sussistenza del delitto, in ipotesi perpetrate da altri,
non è conforme alle regole devolutive l’intervenuta assoluzione dell’imputato con formula che

Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Quanto ai requisiti della sentenza di appello che riforma la decisione del giudice di primo
grado e al contenuto dell’obbligo di motivazione è necessario richiamare il principio delle
Sezioni Unite secondo il quale in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che
riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del
proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti
argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa
incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato ( S.U.,
Sentenza n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679). In senso conforme anche una più
recente decisione ha evidenziato che il giudice di appello che riformi la decisione pronunciata
in primo grado “deve, sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni
addotte a sostegno del decisum impugnato, metterne in luce le carenze o le aporie, che ne
giustificano l’integrale riforma” (Sez. 2, Sentenza n. 50643 del 18/11/2014, Fu, Rv. 261327).
3. A tali criteri si è conformata la Corte di Appello di Perugia che, dopo avere ricostruito i
fatti mediante rinvio alla ricostruzione compiuta dal giudice dell’udienza preliminare, ha
puntualmente ed esaurientemente provveduto ad esaminare, confutandoli, gli elementi a
carico del Pascucci illustrati nella sentenza di primo grado, pervenendo ad una decisione che,
per come si evince dalla sintesi innanzi riportata, smentisce, con la sua stessa evidenza,
l’assunto dei motivi di ricorso fondati sulla mancanza di motivazione, intesa come radicale
mancanza o incongruità concettuale dell’apparato argomentativo sul punto del giudizio di
attendibilità del racconto della persona offesa.
4.

Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince, infatti, che la Corte di appello

ha compiuto un approfondito esame delle dichiarazioni rese dall’Ottaviani,

di cui ha

evidenziato le intrinseche contraddizioni e i progressivi aggiustamenti del narrato, valorizzati
quali elementi concreti idonei ad incrinare il giudizio di attendibilità del racconto della persona
offesa che il giudice dell’udienza preliminare aveva ritenuto di per sé “organico, circostanziato

e ricco di particolari da rendere arduo anche solo ipotizzare che fosse stato frutto di
un’invenzione di sana pianta, ideata al solo scopo di addossare la responsabilità ad un terzo
estraneo”. In particolare! la Corte ha rilevato che è frequente il caso che l’indagato, trovato in

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il fatto non sussiste.

possesso di droga, si difenda proclamandosi estraneo alla detenzione, finanche nel caso in cui
la droga venga trovata nell’abitazione; che non è conferente al tema di prova la contrarietà
dell’Ottaviani all’uso di stupefacenti; ha sottolineato le contraddizioni delle dichiarazioni rese
dall’Ottaviani il 18.9.2008 ( nelle quali sosteneva di avere avvertito al momento del ritiro
dell’auto un odore e di avere dovuto aprire il finestrino) con quelle rese il 31.1.2008 (nel
corso delle quali aveva sostenuto di avere addirittura controllato sotto i sedili per verificare se
vi fosse qualcosa andato a male) e, infine, con quanto riferito dall’Ottaviani al momento del

avvolgevano il borsello nel quale si trovava la droga, l’Ottaviani aveva esclamato

“è da

qualche giorno che sentivo questo odore in macchina” tenuto conto delle precisazioni dei
verbalizzanti, secondo le quali un forte odore di profumo si era avvertito ma solo nel momento
l’
in cui il borsello – contenente la droga – era stato liberato dalle buste che lo avvolgevano. La
Corte di merito ha rilevato in proposito che l’affermazione dell’Ottaviani, al momento del
controllo, non era logicamente spiegabile se non ammettendo che questi sapesse di una fonte
di odore presente a bordo dell’auto, conclusione avvalorata anche dalle riferite contraddizioni
sul momento nel quale l’Ottaviani si sarebbe reso conto della presenza di un odore a bordo
dell’auto (cioè al momento del ritiro dell’auto dalla concessionaria o anche precedentemente).
La Corte ha valorizzato il dato del quantitativo di droga – dal quale erano ricavabili oltre 500
dosi – per evidenziare come, se la finalità fosse stata quella di incolpare falsamente l’Ottaviani,
sarebbe bastato un quantitativo ben più modesto di droga, dal momento che nel borsello
veniva trovato anche un bilancino necessario per il confezionamento in dosi minori della droga
ripartita in 147 ovuli, e che il borsello era stato, evidentemente, profumato per distrarre le
unità cinofile, nel corso del controllo, piuttosto che per agevolarne la scoperta, come sarebbe
stato di interesse in caso di complotto e, infine, ha rilevato che non appariva plausibile che la
droga fosse stata collocata nel bagagliaio/ mentre l’auto si trovava presso il concessionario,
secondo la tesi suggerita dall’Ottaviani (che aveva riferito agli inquirenti le modalità anomale di
consegna dell’auto e la casualità della sua utilizzazione del veicolo, perché l’auto avrebbe
dovuto essere utilizzata dall’autista per il prelievo in aeroporto di una collaboratrice), tesi che
implicava il coinvolgimento di un numero nutrito e variegato di persone nel complotto
risultando, invece, pacifico che fin dal mattino l’auto era stata nella disponibilità del Pascucci.
Si tratta di considerazioni logiche e lineari, affatto inficiate dal dedotto vizio di mancanza della
motivazione ovvero da carenze di passaggi argomentativi della sentenza impugnata su aspetti
fondamentali della ricostruzione che inficiano il principale argomento posto a fondamento della
condanna (in primo grado) del Pascucci, non senza trascurare poi la puntuale disamina degli
ulteriori elementi che, nella ricostruzione compiuta dal giudice di primo grado, non
possedevano immediata e diretta rilevanza a carico del Pascucci.
con il dedotto motivo di
)
ricorsoivenga mossa una generica critica alla decisione del giudice di appello, evocandone il
5. Rileva, conclusivamente, il Collegio come sia evidente che

contrasto con la sentenza di primo grado senza, peraltro, confrontarsi criticamente con la
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controllo di Polizia poiché, non appena erano stati prelevati i due sacchetti di plastica, che

motivazione del giudice di appello, che il ricorrente non ha in alcun modo sottoposto ad
autonoma e argomentata confutazione. La genericità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta
non solo per la sua indeterminatezzaj ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal
momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato e richiamare
a proprio supporto le argomentazioni della sentenza di primo grado, ormai superate.
6. Infondato è anche il rilievo riportato al punto 6b. dei motivi di ricorso. Invero la portata
del principio devolutivo, in forza del quale è rimessa al giudice di appello la valutazione della

non incontra limiti per quanto attiene alla ricostruzione del fatto ed alla valutazione degli
elementi di prova. Si è osservato, con riferimento all’assoluzione con formula diversa da quella
adottata

dal

giudice

di

primo

grado,

che

è

consentito

al

giudice

di appello adottare formula assolutoria difforme da quella ritenuta dal primo giudice, posto che,
oltretutto, ai sensi dell’art 597 comma secondo, lettera b) cod. proc. pen., il giudice può
emettere sentenza di proscioglimento per causa diversa da quella ritenuta nella sentenza
appellata (Sez. 5, Ordinanza n. 4743 del 08/10/1999),

affermazione nella quale viene

declinata una proprietà del principio devolutivo che non contrasta con l’esito della decisione
della Corte di appello di Perugia con la quale si è pervenuti all’assoluzione dell’appellante con la
formula che il fatto non sussiste.
7. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, apparendo evidente dal
contenuto dei motivi che egli ha proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità
per colpa (Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta
colpa.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2015
Il Consigliere estensore

sentenza limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi di impugnazione,

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