Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49136 del 05/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49136 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAHID HICHAM N. IL 25/01/1994
avverso la sentenza n. 67/2013 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
BOLZANO, del 16/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LAURA SCALIA
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per j(, q/utieLm.<2 o ykt, , Pu TU Mi, -9 14e,gt,u91Vot_ PautA,A2AA,u ,D) eAA„ ',dm/K-0 /21k kt- frtk Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv. 4-r›. 1A,d(u4A 0- Data Udienza: 05/11/2015 RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza pronunciata in data 16.01.2014, la Corte territoriale di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, ha rigettato l'appello proposto da Hicham Zahid e, confermando la sentenza in data 31.01.2013 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale della medesima città, lo ha condannato alla pena di otto mesi di reclusione ed euro 2.000,00 di multa nonché alla confisca e alla distruzione dello comma 1 bis, lett. a) e comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990. Allo Zahid è stato in tal modo imputato di aver illecitamente detenuto, all'interno della propria abitazione, suddivisi in tre porzioni di panetto, complessivamente gr. 32,800 netti di hashish, sostanza destinata ad uso non personale in considerazione della quantità, superiore ai limiti massimi consentiti con decreto del Ministero della Salute dell'11.04.2006, con un principio attivo complessivo dell'11,2 0/0, da cui erano ricavabili 147 dosi medie singole efficaci. Con la recidiva reiterata infraquínquennale. 2. Avverso la sentenza emessa in grado di appello, lo Zahid ed il difensore di questi propongono distinti ricorsi per cassazione che possono sinteticamente riportarsi, quanto ai loro contenuti, nei termini che seguono. 2.1. Con il primo motivo l'imputato fa valere vizio della sentenza per inosservanza della norma penale (art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.) in relazione all'art. 99 cod. pen. Lamenta il ricorrente come la Corte di appello abbia ritenuto la recidiva reiterata ed infra-quinquennale sul presupposto di un precedente penale che, riportato quando egli era ancora minorenne, e risultando coperto da perdono giudiziale, non poteva assimilarsi a sentenza di condanna, 2.2. Con il secondo motivo, l'imputato denuncia nullità della sentenza per violazione di legge (art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.) in relazione all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 come dichiarato integrato dalla sentenza della Corte n. 32 del 2014. La Corte di appello avrebbe confermato la pronuncia di primo grado, con cui era stata applicata una disciplina caducata da declaratoria di incostituzionalità in quanto non operante alcuna differenza nel trattamento sanzionatorio in ragione della natura, "leggera" o "pesante", della droga detenuta. 3. La difesa dell'imputato, a sua volta, fa valere. 3.1. Con il primo motivo, l'erronea applicazione della legge penale (art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen, in relazione all'art. 73, comma 1 bis, d.P.R. n. 309 del 1990) in cui sarebbe incorsa la Corte di appello per aver escluso, argomentando dalla sola quantità della sostanza rinvenuta, che il quantitativo di sostanza detenuto dell'imputato 1 stupefacente in giudiziale sequestro, ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 73, non fosse destinato ad uso personale. L'indicato elemento sarebbe stato ritenuto infatti come autonomamente in grado di integrare la condotta di detenzione penalmente rilevante e non quale uno dei parametri, congiuntamente concorrenti con gli ulteriori, rappresentati, per l'indicata norma, dalla "modalità di presentazione" e dalle "altre circostanze dell'azione". Non vi era stato invero il rinvenimento addosso all'imputato della sostanza che non sì presentava con modalità tali da poter essere destinata allo spaccio né era stato soldi o altri proventi, elementi, tutti, diretti a dare definizione al quadro sintomatico dell'attività di spaccio. 3.2. Con il secondo motivo la carenza di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.) dell'impugnata sentenza, avendo la Corte di appello motivato sull' esistenza della condotta penalmente rilevante senza farsi carico di quel dovere accentuato di motivazione sancito dalla regola di giudizio - integrativa dell'art. 192, comma 1 e comma 2, cod. proc. pen. - di cui all'art. 73, comma 1 bis, d.P.R. n. 309 del 1990 nella parte in cui il legislatore specifica che l'interprete debba tenere conto del parametro della quantità, «in particolare» se superiore ai limiti massimi indicati nel relativo decreto ministeriale. 3.3. Con il terzo motivo la difesa fa valere violazione di legge penale (art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.) e carenza di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.), per non avere la Corte di appello concesso, in considerazione dei precedenti minorili non specifici, il beneficio della sospensione condizionale della pena, sin ciò ignorando la preminente finalità di recupero propria del modello della giustizia minorile e, ancora, il processo evolutivo, in atto, dell'imputato e quindi il danno, gravissimo, prodotto sulla crescita dello stesso dalla condanna non sospesa. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Sui singoli motivi. 1.1. Il primo motivo proposto dall'imputato è fondato ed in accoglimento dello stesso quindi la sentenza va sul punto annullata. La Corte di appello ha infatti erroneamente ritenuto la recidiva reiterata ed infraquinquennale in ragione di un precedente penale che, riportato dall'imputato allorché egli era ancora minorenne e risultato lo stesso coperto da perdono giudiziale, non poteva qualificarsi come sentenza di condanna. Come affermato da questa Corte, il perdono giudiziale, pur comportando un accertamento di responsabilità dell'imputato, non può valere come sentenza di condanna agli effetti della recidiva (Sez. 6, n. 41231 del 28/09/2012, Augliera, Rv. 253495). 2 trovato alcun materiale o attrezzatura tipica del confezionamento delle dosi e, ancora, All'esclusione della recidiva consegue la rideterminazione della pena in ragione del giudizio, già formulato e da rivedersi dalla Corte di appello, di equivalenza tra le attenuanti generiche, concesse, e la recidiva medesima, 1.2. Il secondo motivo articolato dall'imputato è anch'esso fondato. La Corte di appello, nel confermare la pronuncia di primo grado, adottata in data 31.01.2013, ha fatto applicazione, quanto alla ritenuta ipotesi di "lieve entità" (art. 73, comma 5, d.P.R. cit.), di una disciplina non più in vigore. - giusta d.l. 23.12.2013 n. 146 conv. nella legge 21.02.2014 n. 10 -, e, quindi, dalla definizione di una più contenuta cornice edittale - per reviviscenza dell'art. 73, comma 5, per pronuncia della Corte costituzionale n. 32 del 2014, la cui portata è stata fatta propria dal d.l. n. 36 del 2014, conv., con modif., nella legge n. 79 del 2014 -, la Corte territoriale, nell'esercizio dei poteri discrezionali alla stessa attribuiti, provvederà a differenziare il trattamento sanzionatorio applicato all'imputato in ragione della natura, "leggera" o "pesante", della droga da questi detenuta, con il solo limite del divieto di "reformatio in peius" (Sez. 3, n. 33396 del 24/04/2015, Calvigioni). 2. Quanto ai restanti motivi, gli stessi sono infondati nei termini di seguito indicati. 2.1. In ordine al primo motivo proposto dalla difesa dell'imputato, è vero infatti che la Corte territoriale, facendo buon governo degli esiti probatori, ha già congruamente risposto, nello speso argomentare, sull'uso non personale della sostanza stupefacente. La Corte ha invero radicato la prova non solo sul superamento della quantità massima detenibile, quantità pari a 147 dosi, ma anche sulle modalità di presentazione (la droga era nella cappa della cucina in una busta più grande del contenuto) e su altre circostanze (la condotta dei due altri soggetti, conosciuti dalle forze dell'ordine perché coinvolti in fatti di droga, a cui si accompagnava l'imputato, che si aggiravano con atteggiamento sospetto come se volessero sincerarsi dell'assenza di controlli). Può dirsi, quindi, per i vagliati contenuti, che i Giudici di secondo grado abbiano fatto applicazione del principio affermato da questa Corte per il quale, il mero superamento del dato ponderale di cui all'art. 73-bis, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 309 del 1990 non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il Giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo, le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014, Saiaman, Rv. 260991; Sez. 6, n. 12146 del 12/02/2009, Delugan). 2.2. Resta in considerazione il secondo motivo, relativo al diniego della sospensione condizionale della pena. Il motivo è fondato. 3 Per siffatta disciplina, contrassegnata dalla previsione di un'autonoma figura dì reato Il quadro dei precedenti richiamato dalla Corte di appello per motivare il diniego del beneficio, quadro impropriamente definito dalla ritenuta recidiva nei termini come sopra indicati e riformati, sostiene, sul punto, una pronuncia di annullamento di questa Corte. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena e rinvia per nuovo giudizio sul Rigetta il ricorso nel resto. Così deciso in Roma, il 5 novembre 2015 Il Consigliere estensore Il Presidente punto alla Corte di appello di Trento.

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