Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49135 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49135 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SBEGLIA SALVATORE N. IL 25/11/1939
SBEGLIA FRANCESCO N. IL 30/08/1968
avverso l’ordinanza n. 34/2015 CORTE APPELLO di PALERMO, del
07/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor A

Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 09/01/2014 la Corte di appello di Palermo
rigettava l’istanza presentata congiuntamente nell’interesse di
Sbeglia Francesco e Sbeglia Salvatore. L’istanza era finalizzata a
ottenere l’applicazione dell’indulto di cui al D.P.R. 22 dicembre 1990,
n. 394 sulla quota di pena inflitta per il reato di riciclaggio di cui al

29/06/2011, divenuta irrevocabile il 06/06/2012. Con tale pronunzia,
in particolare, Sbeglia Salvatore veniva condannato alla pena di anni
otto di reclusione e 5.000,00 Euro di multa, ritenuta la continuazione
con la sentenza emessa dal Tribunale di Palermo il 28/05/1996,
divenuta irrevocabile il 09/12/1999; mentre, Sbeglia Francesco
veniva condannato alla pena di anni sette di reclusione e 3.500,00
Euro di multa.
2.

Il rigetto veniva giustificato dal fatto che la gran parte delle ipotesi di
riciclaggio in relazione alle quali si chiedeva l’applicazione dell’indulto,
valutati in punto di fatto con riferimento alle singole condotte
delittuose, risultavano commesse in epoca successiva al 24/10/1989,
individuata dal D.P.R. n. 394 del 1990, art. 5, quale limite temporale
cui riferirsi per applicare il beneficio in esame.

3.

In tale ambito, la Corte territoriale riteneva di dovere determinare la
frazione di pena detentiva da imputare a tali condotte, successive
alla data di entrata in vigore del provvedimento di clemenza, in una
pena che si reputava congrua nella misura di anni due di reclusione,
previo scioglimento del reato continuato di riciclaggio nei singoli
episodi delittuosi unificati, tenuto conto della loro epoca di
commissione, che non era stata individuata analiticamente dal
giudice della cognizione.

4.

Avverso tale ordinanza ricorreva per cassazione il difensore di
Sbeglia Francesco e Sbeglia Salvatore, con atto depositato
congiuntamente nel loro interesse il 13/01/2014, eccependo la
violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art.
648 c.p., D.P.R. n. 394 del 1990, artt. 1, 4, 5. Si deduceva, in
particolare, che l’aumento stabilito in un mese di reclusione e 100,00
Euro di multa dal giudice della cognizione, relativo alla continuazione
interna tra tutti gli episodi di riciclaggio contestati al capo 6) della
1

capo 6) della sentenza emessa dalla stessa Corte territoriale il

,

sentenza presupposta, non poteva essere travolto dalla pronuncia del
giudice dell’esecuzione che – nel tentativo di differenziare la frazione
di pena irrogata riferibile a reati commessi prima della data del
24/10/1989 e quella riferibile a reati commessi successivamente non si atteneva ai principi giurisprudenziali elaborati da questa Corte
(cfr. Sez. un., n. 21501 del 23/04/2009, dep. 22/05/2009, Astone,
Rv. 243380). In questo modo, il giudice dell’esecuzione provvedeva a
rideterminare la pena irrogata per gli episodi delittuosi unificati dal

Salvatore successivamente all’entrata in vigore del provvedimento di
indulto nella misura di anni due di reclusione, nonostante il giudice
della cognizione avesse già correttamente provveduto in proposito.
Per queste ragioni, l’ordinanza emessa dalla Corte territoriale doveva
essere annullata.
5.

La prima sezione di questa Corte accoglieva il ricorso sulla
considerazione che l’ordinanza impugnata non specifica se il reato di
riciclaggio ritenuto in concreto il più grave e per il quale era stata
determinata la pena base era stato commesso prima o dopo la data
del 24/10/1989, determinando un’incertezza obiettiva sul percorso
valutativo

seguito

dal

giudice

dell’esecuzione

in

ordine

all’applicazione del beneficio dell’indulto richiesto dai ricorrenti. Il
giudice dell’esecuzione, inoltre, provvedeva a rideterminare la
frazione di pena da irrogare per i reati satellite commessi dopo la
data del 24/10/1989, nonostante il giudice della cognizione avesse
individuato l’aumento per la continuazione interna tra i vari delitti di
riciclaggio nella misura di un mese di reclusione e 100,00 Euro di
multa.

Nel provvedimento in esame, infine, si escludeva

l’applicazione dell’indulto richiesto dai ricorrenti, sul presupposto che
ricorreva un’ipotesi di revoca di diritto dell’indulto, ai sensi del D.P.R.
n. 394 del 1990, art. 4, proprio con riferimento alla parte più
consistente delle condotte di riciclaggio esaminate – anche in questo
caso non individuate analiticamente – attesa la loro presunta
riferibilità a un’epoca successiva al limite temporale del 24/10/1989.
6.

Tali passaggi argomentativi venivano ritenuti non condivisibili e
imponevano una rivalutazione dell’istanza depositata nell’interesse
dei ricorrenti, nell’adottare la quale il giudice dell’esecuzione veniva
invitato a conformarsi al principio di diritto affermato dalle Sezioni
unite in relazione alla pena rilevante ai fini dell’applicazione

2

vincolo della continuazione commessi da Sbeglia Francesco e Sbeglia

dell’indulto nelle ipotesi di reati unificati sotto il vincolo della
continuazione, secondo cui: “In tema di indulto, in caso di reati uniti
nel vincolo della continuazione, alcuni dei quali – compreso quello più
grave – siano stati commessi entro il termine fissato per la fruizione
del beneficio ed altri successivamente, la pena rilevante ai fini della
revoca dell’indulto va individuata, con riguardo ai reati-satellite,
nell’aumento di pena in concreto inflitto a titolo di continuazione per
ciascuno di essi, e non nella sanzione edittale minima prevista per la

specificato la pena applicata per ciascun reato, spetta al giudice
dell’esecuzione interpretare il giudicato” (cfr. Sez. un., n. 21501 del
23/04/2009, dep. 22/05/2009, Astone, Rv. 243380).
7.

L’ordinanza impugnata veniva pertanto annullata, con trasmissione
degli atti alla Corte di appello di Palermo per un nuovo esame.

8.

Il giudice di rinvio rigettava nuovamente l’istanza avanzata da
Sbeglia Salvatore e Sbeglia Francesco, sulla considerazione che i
reati commessi da Sbeglia Francesco dovevano ritenersi, per quanto
emerso dai provvedimenti di merito, tutti commessi in data
posteriore al 24 ottobre 1989, data che costituisce il limite di
operatività del d.p.r 394-1990 per la concessione del beneficio
richiesto. Quanto a Sbeglia Salvatore, la Corte riteneva che le
condotte di reato dovevano per forza essersi consumate, nella
sostanziale interezza, dopo l’ottobre 1989 e fino a tutto il 1994.
Osservavano, comunque, come dal capo 6 dell’imputazione
emergesse inequivocabilmente che oggetto della contestazione erano
i reati commessi dopo il 1990, come emergeva dal riferimento alle
normative temporalmente vigenti. In ulteriore subordine osservava
come reato più grave non fosse quello commesso per primo, ma più
gravi risultassero gli episodi commessi successivamente al 1990.

9. Il difensore degli imputati presenta ricorso per cassazione per
violazione degli articoli 627 del codice di procedura penale, 1, 4 e 5
del d.p.r. 394-1990 e 648 del codice penale, affermando che il
giudice dell’esecuzione avrebbe fatto al governo dei principi di diritto
cui avrebbe dovuto attenersi, con riferimento alla data di
commissione libraria reati. Contesta poi la motivazione laddove
ricava la data di commissione dei reati non dai dati di fatto accertati
in sentenza, ma dai calcoli operati dal giudice del merito ai fini della
operatività della prescrizione. Osserva, poi, come il primo atto di

singola fattispecie astratta; a tal fine, ove la sentenza non abbia

riciclaggio debba essere collegato alla apertura del primo conto
corrente utilizzato per ripulire i proventi mafiosi, in data 22 giugno
1989; sotto tale profilo afferma che non può aprirsi un conto corrente
destinato riciclare capitali illeciti, senza rimettere in esso denaro.
10. Il Procuratore generale presso questa suprema Corte, dottor
Canevelli, ha concluso per l’annullamento del provvedimento
impugnato con rinvio alla Corte d’appello di Palermo per nuovo

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato; il giudice di rinvio ha fatto corretta
applicazione dei principi di diritto enunciati nella sentenza di
annullamento ed ha motivato approfonditamente in ordine alla data di
commissione dei reati. Come si è detto nella parte in fatto, per Sbeglia
Francesco emerge dalle stesse sentenze di merito che la commissione
dei fatti è successiva, per tutti gli episodi, al 1990, e che pertanto si è
fuori dei limiti di operabilità del provvedimento di indulto; la difesa
contesta che possano essere valutat ai fini dell’individuazione della data
del commesso reato, le considerazioni espresse dai giudici di merito in
ordine al decorso della prescrizione, ma la deduzione, oltreché generica,
è del tutto sfornita di fondamento, atteso che la data di commissione del
reato è la stessa, sia che si consideri sotto il profilo della prescrizione, sia
che si valuti in ordine all’accertamento di responsabilità. Non si vede,
pertanto, il motivo per cui la Corte d’appello non avrebbe dovuto
utilizzare le valutazioni espresse dai giudici di merito in ordine alla data
di commissione dei reati, solo perché esaminata ai fini del decorso della
prescrizione.
2. Quanto alla posizione di Sbeglia Salvatore, indipendentemente
dalla censurabilità o meno degli accertamenti in fatto relativi all’inizio
dell’attività criminosa, costituisce motivo tranchant quello relativo alla
formale contestazione; ed invero, la richiesta di applicazione dell’indulto
viene fatta con riferimento a provvedimenti giudiziari che hanno
accertato responsabilità penali con riferimento a precise condotte,
temporalmente individuate. Poiché non è possibile condannare un
soggetto per fatti diversi ed ulteriori rispetto a quelli contestati, nella
individuazione del tempus commissi delicti è più che corretto, specie in
mancanza di inequivocabili indici di segno contrario, fare riferimento alle
4

esame.

date dei fatti come indicate nel capo di imputazione. Sotto tale profilo,
peraltro, il ricorso di Sbeglia Salvatore sarebbe pure inammissibile
perché contesta le valutazioni di fatto della Corte d’appello in ordine alla
data di commissione dei reati, senza confrontarsi con le predette
considerazioni in ordine alla contestazione formale contenuta nel capo di
imputazione. Il ricorso, pertanto, anche ove fosse in parte condivisivile,
sarebbe però irrilevante, e pertanto inammissibile, non contestando uno
degli elementi decisivi e di per sé sufficiente ad escludere l’accoglimento

3. Ne consegue che i ricorsi devono essere rigettati; ai sensi dell’art.
616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata
che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese
del procedimento.

p.q.m.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso il 11/11/2015

della domanda.

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