Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49135 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49135 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
LENTINO MARIA N. IL 28/10/1972
LENTINO RAFFAELE N. IL 17/03/1984
avverso l’ordinanza n. 3353/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
08/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. m., gA 3 57-ni C E”– SQUi
It

Uditi difensor Avv.;

(

et,

Data Udienza: 06/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 8 maggio e depositata il 28 maggio 2013, il Tribunale del
riesame di Napoli ha annullato l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Napoli in
data 21 marzo 2013, che applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti
di Lentino Maria e Lentino Raffaele, limitatamente al reato associativo di cui al capo sub 1F)
dell’imputazione (ex art. 74, commi 1-2, del D.P.R. n. 309/90), sostituendo per Lentino Maria,

quella degli arresti domiciliari presso la sua abitazione, ed altresì confermando l’impugnata
ordinanza nei confronti del coindagato Lentino Raffaele, in relazione ai restanti capi
d’imputazione a lui ascritti.

2. Avverso la predetta ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione
il P.M. presso il Tribunale di Napoli, deducendo il vizio motivazionale inerente all’evidente
contraddizione fra il riconoscimento della sussistenza di gravi indizi circa la molteplicità dei
contestati delitti di cui all’art. 73 del D.P.R. n. 309/90, da un lato, e l’affermazione, dall’altro
lato, che tali delitti sono solo espressione di relazioni commerciali illecite fra gli indagati, le
quali si fondano unicamente su situazioni contingenti ed “ancorate alla necessità del
momento”.
A tale riguardo, viceversa, proprio la molteplicità dei reati-fine contestati e la frequenza
quotidiana dei rapporti intercorsi fra gli indagati, sì come attestata dal contenuto e dal tenore
delle conversazioni intercettate, unitamente alle contestuali attività di osservazione, agli arresti
ed ai sequestri di sostanze stupefacenti, costituiscono elementi sintomatici dell’esistenza di uno
stabile sodalizio operante in Napoli e nel territorio dei comuni limitrofi, i cui diversi componenti,
legati anche da vincoli familiari, si dedicano all’attività di traffico di droga, con la relativa
divisione dei compiti operativi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato e va conseguentemente accolto nei limiti e per gli effetti di seguito
esposti e precisati.

4. Nella giurisprudenza di questa Suprema Corte è ormai da tempo emersa con chiarezza la
linea interpretativa secondo cui il procedimento logico di valutazione degli indizi si articola in
due distinti momenti.
Il primo è diretto ad accertare il maggiore o minore livello di gravità e di precisione degli indizi,
ciascuno isolatamente considerato, tenendo presente che tale livello è direttamente
proporzionale alla forza di necessità logica con la quale gli elementi indizianti conducono al

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in relazione ai delitti a lei contestati negli ulteriori capi d’imputazione, la misura custodiale con

fatto da dimostrare, ed è inversamente proporzionale alla molteplicità di accadimenti che se ne
possono desumere secondo le regole di esperienza.
Il secondo momento del giudizio indiziario è costituito dall’esame globale ed unitario, tendente
a dissolverne la relativa ambiguità, posto che nella valutazione complessiva ciascun indizio
(notoriamente) si somma e si integra con gli altri, in guisa tale che il limite della valenza di
ognuno risulta superato e l’incidenza positiva sul piano probatorio viene esaltata nella
composizione unitaria, sicché l’insieme può assumere quel pregnante ed univoco significato

costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia
conseguita con la rigorosità metodologica che giustifica e sostanzia il principio del cosiddetto
libero convincimento del giudice (cfr., in tal senso, Sez. Un., 4 febbraio 1992, n. 6682, Rv.
191230).
Entro tale prospettiva, le linee dei paradigmi valutativi della prova indiziaria sono state
recentemente ribadite dalle Sezioni Unite, che hanno evidenziato come il metodo di lettura
unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio non si esaurisca in una mera
sommatoria degli indizi e non possa, pertanto, prescindere dall’operazione propedeutica che
consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza
qualitativa, tendente a porre in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto
dimostrativo (Sez. Un., 12 luglio 2005, n. 33748, Rv. 231678; da ultimo, Sez. 1, n. 16548 del
14/03/2010, dep. 29/04/2010, Rv. 246935; Sez. 2, n. 9269 del 05/12/2012, dep. 27/02/2013,
Rv. 254871).
Alla stregua di tale quadro di principii risulta evidente, nel giudizio posto a base dell’ordinanza
impugnata, una valutazione frazionata ed atomistica della pluralità degli elementi indiziari
acquisiti, atteso che la disamina delle relative emergenze investigative è stata condotta dal
Tribunale del riesame in modo frammentario, senza esplorare le possibili interazioni
oggettivamente riscontrabili tra le diverse componenti della base indiziaria.
Invero, la struttura e l’articolazione della motivazione dell’impugnata pronunzia risultano
manchevoli proprio in relazione al profilo testè indicato, poichè il Tribunale ha valutato la
posizione degli indagati analizzando i singoli elementi probatori acquisiti, ma senza poi inserirli
appieno all’interno dell’evidenziato contesto storico-fattuale, ciò che avrebbe potuto contribuire
a chiarirne l’effettiva portata dimostrativa e la reale congruenza rispetto ai temi d’accusa
enucleati nel capo d’imputazione.

5. Muovendo da tale impostazione ricostruttiva, dunque, è evidente una carenza nello sviluppo
logico-argomentativo delle sequenze motivazionali del provvedimento impugnato, la cui
scansione, realizzatasi attraverso una disamina parcellizzata del materiale probatorio acquisito
in forza delle attività di osservazione della P.G., delle intercettazioni e dei sequestri, non ha
consentito di correlare logicamente le risultanze emergenti, in particolare, dai profili d’indagine
relativi alla riconosciuta presenza di un “gruppo” ed alla molteplicità dei reati-fine contestati ex
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dimostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto; prova logica che non

art. 73 del D.P.R. n. 309/90, nonché alla reiterazione del modus operandi nella realizzazione
delle diverse condotte, all’intervento delle stesse persone, con una sistematica distribuzione
dei relativi compiti ed apporti collaborativi, alla frequenza quotidiana dei rapporti intercorsi fra i
coindagati – talora legati anche da vincoli familiari – ed alla costante necessità di soddisfare “in un vorticoso turbinio di contatti e chiamate di interesse investigativo” – .le esigenze dei
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numerosi consumatori in un arco temporale comunque significativo (dal M:~ al giugno
204).

apporto dei singoli alla perpetrazione di attività delittuose, oltre che a numerose conversazioni
oggetto di intercettazione, da cui sembra univocamente emergere un attivo interessamento
della Maria Lentino nei traffici illeciti gestiti dal compagno Napolitano Salvatore, facendo da
tramite con gli acquirenti ed intrattenendo direttamente contatti telefonici con questi ultimi,
nonchè riscuotendo o sollecitando il pagamento del prezzo, sino a prendere parte ai
rifornimenti di droga da rivendere; dalle medesime attività di intercettazione, inoltre, sembra
emergere che tra i destinatari delle cessioni di sostanze stupefacenti, per la successiva attività
di vendita al dettaglio, vi sia anche il coindagato Lentino Raffaele, che assieme ad altri sembra
ritagliarsi un ruolo di autonomo spacciatore che tende a gestisce in proprio i rapporti con i vari
consumatori, non senza ricorrere al Napolitano Salvatore, spesso con l’intermediazione della
Maria Lentino, ai fini del rifornimento di quantitativi anche rilevanti di sostanze stupefacenti.

6. Al riguardo, si è più volte riconosciuto, in questa Sede, che il vincolo associativo può
poggiare anche sul rapporto che accomuna, in maniera durevole, il fornitore di droga e gli
spacciatori che la ricevono per immetterla nel consumo al minuto, sempre che vi sia
consapevolezza di operare nell’ambito di un’unica associazione e di contribuire con i ripetuti
apporti alla realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (Sez. 1, n.
30463 del 07/07/2011, dep. 01/08/2011, Rv. 251013).
In relazione a tale ultimo profilo, infatti, si è ritenuto che anche l’attività di vendita ai
consumatori, quando sia effettuata avvalendosi consapevolmente e continuativamente delle
risorse dell’organizzazione e con la coscienza di farne, perciò, parte, costituisce un volontario
apporto causale al raggiungimento del fine di profitto perseguito dall’organizzazione stessa
(Sez. 1, n. 1849 del 09/12/2008, dep. 19/01/2009, Rv. 242726; Sez. 6, n. 1174 del
19/11/2007, dep. 10/01/2008, Rv. 238403).
Sotto altro, ma connesso profilo, va altresì ribadito il principio, più volte affermato in questa
Sede, secondo cui, per la configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico non è richiesta
la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità
economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla
predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare
un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli
associati (Sez. 1, n. 30463 del 07/07/2011, dep. 01/08/2011, Rv. 251011).
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Si fa riferimento, nella motivazione dell’impugnata ordinanza, ad un “consistente” e “reiterato”

In tal senso, la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere
data anche per mezzo dell’accertamento di “facta concludentia”, quali i contatti continui tra gli
spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistiche, le forme di
copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo
gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati
rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 4, n. 4481 del
29/11/2005, dep. 03/02/2006, Rv. 233247).
Del resto, ai fini della configurabilità dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze

vincolo dalle modalità esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetitività, dalla natura dei rapporti
tra i loro autori, dalla ripartizione di compiti e ruoli fra

i vari soggetti in vista del

raggiungimento del comune obiettivo di effettuare attività di commercio di stupefacenti (Sez.
6, n. 9061 del 24/09/2012, dep. 25/02/2013, Rv. 255312).
Né, infine, va trascurato il rilievo secondo cui, una volta verificata la sussistenza dei requisiti
inerenti alla continuità e sistematicità dello spaccio ed alla predisposizione di una struttura
operativa dotata di una certa stabilità, la costituzione del sodalizio criminoso non è esclusa per
il fatto che lo stesso sia per lo più imperniato attorno a componenti dello stesso nucleo
familiare, poiché, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo
associativo, lo rendono ancora più pericoloso (Sez. 1, n. 35992 del 14/06/2011, dep.
04/10/2011, Rv. 250773).

7. S’impone, conseguentemente, l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, per un
nuovo esame sui punti critici sopra specificamente evidenziati, che dovrà colmare le su indicate
lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa Sede elaborati.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

Così deciso in Roma, lì, 6 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

stupefacenti, non è richiesto un patto espresso fra gli associati, potendo desumersi la prova del

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