Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49132 del 26/07/2013


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Penale Sent. Sez. F Num. 49132 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE SERIIS ALESSANDRO N. IL 07/02/1948
SPIRITO ALDO PIETRO N. IL 26/11/1940
QUERCI GABRIELE ALESSANDRO N. IL 02/02/1966
VERGATI BERNARDO N. IL 12/04/1947
QUERCI FRANCESCO N. IL 22/03/1937
avverso la sentenza n. 2849/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
18/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. .5 e‘
che ha concluso per

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Data Udienza: 26/07/2013

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 18/01/2012, per quanto ancora rileva, la Corte d’appello di Milano ha
confermato l’affermazione di responsabilità di Aldo Pietro Giuseppe Spirito, Alessandro De
Seriis, Bernardo Vergati (con la sola eccezione del capo A10.2, per il quale è intervenuta
assoluzione perché il fatto non sussiste), Francesco Alessandro Querci e Gabriele Alessandro
Querci in relazione ai reati loro contestati.
Agli imputati sono stati contestati vari episodi di bancarotta fraudolenta in relazione al
fallimento della Ferrovie Torino Nord s.p.a. (d’ora innanzi, FTN), che, per ragioni di comodità

2. Sono stati proposti ricorsi nell’interesse degli imputati. Francesco Alessandro Querci ha
proposto ricorso anche personalmente.
3. Il ricorso da Aldo Pietro Giuseppe Spirito è affidato ai seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione
all’art. 495 cod. proc. pen.
In particolare, si critica la Corte territoriale: a) per non avere ammesso la prova testimoniale
diretta a dimostrare il costante acquisto, da parte sua e dei propri familiari, di azioni della
FTN, la sottoscrizione degli aumenti di capitale deliberati, la regolare esecuzione del
finanziamento effettuato dalla Nisi in favore della Finligure, l’esistenza, in favore della Nisi e
dello stesso Spirito, non solo di un affidamento per scoperto di conto corrente, ma anche di
linee di credito variabili in funzione dei titoli che davano riporto, con la conseguenza che la
Nisi, in occasione del primo versamento di aumento di capitale della Finligure, non aveva
sconfinato dagli affidamenti, ma utilizzato un affidamento a fronte di riporto titoli; b) per non
avere considerato le prove documentali allegate alla memoria del 27/10/2011, destinate a
provare che la Interporlo Rivalta Scrivia, all’epoca della vendita da parte della FTN, aveva in
corso una pratica per la richiesta di un contributo alla Comunità europea, poi erogato a
partire dal 1992, talché la vendita al prezzo di lire 2.200.000.000 nel 1991 era stata
determinata dalle pressioni della Cassa di risparmio di Alessandria, che aveva chiesto il
rientro dell’esposizione della FNT, costringendo quest’ultima a svendere la partecipazione ad
un prezzo non corrispondente a quello reale. Inoltre, la Corte non aveva considerato: che il
valore attribuito alle azioni della Interporto, alla stregua delle valutazioni espresse dal
consulente di parte, era congruo; che la residua somma di 250.000.000 di lire non era mai
pervenuta ai venditori; che, in cambio del credito vantato per la cessione delle quote della
IRS, il gruppo Spirito aveva ricevuto solo 2.500.000.000 di lire, portati dalle azioni FNT
rivenienti dalla quota di aumento di capitale non sottoscritta dagli azionisti, con la
conseguenza che quest’ultima società si era arricchita, perché aveva evitato che le azioni
rimanessero inoptate, mentre si era impoverito il Gruppo Spirito; che lo Spirito, al momento
della cessione, avvenuta alla fine del 1991, non era più nel consiglio di amministrazione della
FTN.

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espositiva, verranno esaminati in riferimento alle censure svolte nei motivi di ricorso.

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Il ricorrente, con riferimento alla sua responsabilità per l’appostazione nel bilancio
dell’esercizio 1990 della partecipazione in Vedì, ha rilevato: a) che gli effetti dell’aumento di
capitale della società, deliberato in data 08/09/1989, e la programmata sua ristrutturazione
erano ancora in corso nel 1990 e non era prevedibili tra i risultati al 31/12/1990, data di
chiusura dell’esercizio 1990 della FTN; che, pertanto, il bilancio FTN di quest’ultimo esercizio
non poteva che considerare il valore di VEDI quale risultava dal bilancio di tale società al
31/12/1989, approvato nell’estate del 1990; b) che lo Spirito o persone a lui riconducibili non
erano amministratori della società in quest’ultimo momento; c) che lo Spirito, alla luce del

gestione nella FTN.
Il ricorrente ha poi aggiunto: che il contenzioso tra la Nisi e la Investelba non esisteva e che
anzi esisteva la concreta plusvalenza relativa alla differenza tra l’appostazione della
partecipazione in Investelba nei bilanci Vedì e il prezzo realizzato con la cessione della
società alla Nisi; che la nomina del Repetti nel consiglio di amministrazione della Vedi, frutto
di un macroscopico errore del medesimo Spirito sulle sue qualità gestionali e sulla sua
capacità di apprezzare i fatti economici, non si era tradotta in alcuna conoscenza sullo stato
della società; che l’ingresso nel consiglio di amministrazione della FTN di due sue persone di
fiducia, l’Arrigoni e il Repetti, nel marzo 1992, non aveva apportato alcun incremento delle
sue conoscenze, utilmente predicabili in relazione all’approvazione del bilancio relativo
all’esercizio 1991.
3.2. Con il secondo motivo, si chiede dichiararsi l’intervenuta prescrizione e, in via
ulteriormente subordinata, si invoca l’applicazione dell’indulto, ai sensi dell’art. 1 della I.
31/07/2006, n. 241.
4. Il ricorso proposto nell’interesse del De Seriis si affida a tre motivi.
4.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali in relazione alla ritenuta sussistenza
dei contestati reati di bancarotta impropria anche con riguardo all’elemento soggettivo. In
sintesi, le critiche del ricorrente si risolvono nell’attribuzione dell’intera responsabilità al
Rinaldi, reale dominus nella gestione della FTN. Con riguardo agli ingiustificati esborsi, in
favore degli amministratori, si ribadisce che si tratta di somme pertinenti all’attività
gestionale.
4.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali, con riguardo alla mancata
concessione delle attenuanti generiche, nonostante il concreto ruolo assunto nella vicenda,
la collaborativa condotta processuale, il decorso del tempo, l’età avanzata.
4.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione della legge penale, con riguardo alla ritenuta
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 219, comma primo, I. fall., la cui esclusione assume
rilievo ai fini della prescrizione.
5. Il ricorso proposto nell’interesse del Vergati è affidato ai seguenti motivi.

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patto di sindacato tra gli azionisti Rinaldi, Gavio e De Seriis, non aveva alcun potere di

5.1 Con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 649, comma 1, cod. proc. pen., in
relazione alla condanna sofferta dal ricorrente ad opera del Tribunale di Savona, con
sentenza del 14/01/2009.
5.2. Con il secondo motivo, si lamentano violazione di legge e vizi motivazionali, contestando
il carattere illecito dell’operazione e il ruolo rivestito dal ricorrente.
In particolare, si rileva che l’acquisizione, da parte della FTN della quota Cofim, non aveva
comportato per la prima società alcun depauperamento e si era perfezionata in epoca in cui
il contraente Cofim non era a conoscenza del possibile stato di insolvenza di FTN.
D’altra parte, esclusa l’esistenza di un accordo illecito tra il Vergati, il coimputato Ottonello e
gli amministratori FTN, doveva prendersi atto che il primo non aveva ricevuto alcun incarico
professionale da quest’ultima società, talché non aveva l’obbligo giuridico di curarne gli
interessi.
5.3. Con il terzo motivo, si lamenta violazione dell’art. 219, comma primo, I. fall, dal
momento che la FTN, inadempiente rispetto agli obblighi di pagamento del corrispettivo, non
aveva subito alcun danno dall’operazione, mentre la scelta di utilizzare gli effetti bancati in
conto future vendite era attribuibile a decisioni gestionali della medesima FTN. La rilevanza
dell’affermata inesistenza del danno patrimoniale di rilevante entità viene, tra l’altro, colta
anche sul versante dell’intervenuta prescrizione.
5.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali, in relazione alle carenze
argomentative della sentenza impugnata in ordine al ruolo assunto, nel fallimento della FTN,
dall’operazione della DIA “Mare Verde”.
5.5. Con il quinto motivo, si lamentano vizi motivazionali, sia in ordine alla ritenuta
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 219, comma primo, I. fall., sia in ordine alla
mancata dichiarazione di prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche.
6. Il ricorso proposto nell’interesse di Francesco Querci e di Gabriele Alessandro Querci è
affidato ai seguenti motivi.
6.1. Con il primo motivo si lamenta la violazione del principio del ne bis in idem e
l’incompetenza funzionale del Tribunale di Milano, a fronte della competenza del Tribunale di
Genova.
Con ulteriore articolazione, si censurano: a) violazione del principio del contraddittorio, per il
mancato accertamento delle cause della contumacia del coimputato Rinaldi; b) l’illiceità
costituzionale del decreto che dispone il giudizio; c) la violazione di norme processuali in
relazione all’inutilizzabilità della relazione del curatore, alla nullità della relazione del c.t.u.,
alla nullità della richiesta di rinvio a giudizio, all’impossibilità di un confronto in condizioni di
parità con l’accusa, atteso il non ritrovamento o il frammentario ritrovamento della
documentazione appresa in sequestri e perquisizioni.
6.2. Con il secondo motivo, si lamenta il fatto che la Corte territoriale abbia trascurato di
accertare l’esistenza del necessario elemento soggettivo dei reati contestati, con riferimento

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al collegamento tra le operazioni ascritte e il dissesto. Si contesta, altresì, la configurabilità
dell’aggravante di cui all’art. 219, comma primo, I. fall.
Con riguardo alla specifiche relazioni tra il cd. gruppo Querci e la FTN, i ricorrenti lamentano
il fatto che esse si sono tradotte in termini essenzialmente di arricchimento della società
successivamente fallita.
6.3. Con il terzo motivo, si lamenta, in relazione all’operazione Cantieri Trieste la sostanziale
estraneità del Gruppo Querci, rispetto ad una vicenda programmata e attuata su iniziativa
della Banca di credito di Trieste, che comunque si era tradotta in un arricchimento della FTN.

al prestito obbligazionario correlato alla vicenda di cui al punto che precede, che si era
semplicemente accompagnato ad una restituzione di somme oggetto di un breve prestito —
ponte, comunque con danno della Cifra.
6.5. Con il quinto motivo, in relazione ai finanziamenti concessi a Trade Fincomin Vedì 2 per
l’acquisto della partecipazione Vedì, si lamenta l’incomprensibilità del capo di imputazione e il
fatto che la Corte territoriale abbia trascurato di apprezzare l’intervenuta

datio in solutum,

con la quale la Cifra aveva limitato i danni derivanti dal contenzioso insorto con la Trade
Fincomin e che non aveva realizzato alcun depauperamento della società fallita.
6.6. Con il sesto motivo, si lamenta violazione dell’art. 603, comma 2, c.pp, con riferimento
ai mezzi occorrenti a dimostrare l’ingente credito vantato dalla Cifra e dalla Tombolini.
6.7. Con il settimo motivo, si lamenta violazione dell’art. 603, in relazione ai documenti di cui
alla memoria del 21/09/2011.
6.8. Con l’ottavo motivo si lamenta la mancata dichiarazione di intervenuta prescrizione e,
con una finale articolazione, con la quale, in relazione a Gabriele Alessandro Querci, si
lamentano vizi motivazionali, afferenti la determinazione della pena e il mancato
riconoscimento della prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche, in relazione alla
giovane età dell’imputato, alla sua incensuratezza e alla sua condotta collaborativa.
7. Il ricorrente Francesco Alessandro Querci ha proposto personalmente ricorso, affidato a
48 motivi, e ha depositato, in data 17/07/2013 e 25/07/2013 memorie ex art. 121 cod. proc.
pen. nonché cinque motivi aggiunti. Altra memoria è stata depositata da Gabriele Alessandro
Querci.
Al riguardo, va osservato, in termini di tecnica espositiva, che la pluralità dei motivi
presentati personalmente dal Querci, a volte anche in termini reiterativi nello stesso atto,
induce, per ragioni di economia di trattazione, a rinviarne l’esame al prosieguo, in modo da
realizzare una esposizione unitaria.
I difensori dei Querci hanno depositato note in vista dell’udienza del 25/07/2013.
8. Il 25/07/2013 sono state dichiarate inammissibili le dichiarazioni di ricusazione proposte
da Francesco Alessandro Querci e Gabriele Alessandro Querci.
Considerato in diritto

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6.4. Con il quarto motivo, si torna a contestare la concreta dispersione di risorse in relazione

1. Va, preliminarmente, affrontato il tema della prescrizione dei reati, comune a tutti i
ricorrenti.
Posto che la sentenza di primo grado è intervenuta in data 18/04/2007, occorre applicare la
disciplina più favorevole, in concreto rappresentata da quella introdotta dalla I. n. 251 del
2005.
Va poi premesso che sono infondati i motivi di ricorso con i quali si sostiene l’inapplicabilità
dell’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 219, comma primo, I. fall., in relazione al
danno patrimoniale di rilevante gravità.

Corte, in tema di reati fallimentari, la circostanza aggravante del danno patrimoniale di
rilevante gravità di cui all’art. 219, comma primo, I. fall., è applicabile all’ipotesi di bancarotta
impropria, considerato che l’art. 223, comma primo, I. fall., – prevedendo che agli
amministratori di società dichiarate fallite, i quali abbiano commesso alcuno dei fatti previsti
dall’art. 216 I. fall., si applicano le pene ivi stabilite — rinvia, in ordine alla determinazione
della pena per i reati commessi ai sensi dell’art. 223, comma primo, I. fall. alle pene previste
dall’art. 216 I. fall. per la bancarotta propria, pene che si determinano tenendo conto non
solo dei minimi e dei massimi edittali contemplati dall’art. 216 I. fall., ma anche delle
attenuanti e aggravanti speciali previste per tali reati, con la conseguenza che il rinvio in
ordine alla determinazione della pena deve ritenersi integrale e basato sul presupposto della
identità oggettiva delle condotte (Sez. 5, n. 127 del 08/11/2011 – dep. 09/01/2012, Pennino,
Rv. 252664; v. anche Sez. 5, n. 10791 del 25/01/2012, Bonomo, Rv. 252009).
In definitiva, si deve considerare il termine di quindici anni, da aumentare di un quarto, ai
sensi dell’art. 161, comma secondo, cod. pen., sino a raggiungere il termine di anni diciotto
e mesi nove, decorrenti dalla data della dichiarazione di fallimento del 24/02/1994. Si giunge
in tal modo alla data del 24/11/2012.
Deve, inoltre, tenersi conto delle varie sospensioni intervenute nel corso del dibattimento,
che ammontano, per quanto concerne Francesco Querci a mesi nove e giorni ventiquattro, e,
per ciò che concerne gli altri ricorrenti, a mesi otto e giorni cinque. A questo riguardo, si
rileva, con riferimento alla sospensione prevista dalla I. n. 134 del 2003, che l’art. 5 della
medesima legge, mentre presuppone, al comma primo, la procura speciale del difensore per
la formulazione della richiesta di cui all’art. 444 cod. proc. pen., non implica, al secondo
comma, per la legittimità della richiesta di sospensione del dibattimento, null’altro che il
mandato difensivo, in coerenza con la regola generale dettata dall’art. 99, comma 1, cod.
proc. pen.
Da ciò discende l’infondatezza della censura svolta, al riguardo, da Francesco Querci nella
memoria datata 25/07/2013 e della memoria depositata da Gabriele Alessandro Querci.
Ciò posto, come puntualizzato dalla sentenza di primo grado, all’udienza del 14/07/2013, a
seguito di richiesta di rinvio del procedimento, ai sensi della citata I. n. 134 del 2003, il
Tribunale ha rinviato, in piena osservanza della previsione legislativa, che impone il rinvio

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Ed, infatti, secondo il più recente e condiviso orientamento della giurisprudenza di questa

”per un periodo non inferiore a quarantacinque giorni”, senza fissare un termine massimo,
all’udienza del 14/10/2003.
Siffatto rinvio — e la conseguente sospensione del termine di prescrizione disposta sempre
dal comma secondo dell’art. 5 della I. n. 134 cit. -, seguito alla richiesta presentata, per
quanto ancora rileva, nell’interesse di Gabriele Querci, Francesco Querci e di Alessandro De
Seriis, spiega i suoi effetti anche nei riguardi dei ricorrenti Spirito e Vergati, dal momento
che la sospensione del corso della prescrizione si estende a tutti i coimputati del medesimo
processo allorché costoro, ove non abbiano dato causa essi stessi al differimento, non si

l’eventuale separazione degli atti a ciascuno di essi riferibili (Sez. F, n. 34896 del
11/09/2007, Lagana’, Rv. 237586).
In ultima analisi, il termine di prescrizione per il ricorrente Francesco Querci era destinato a
maturare in data 17/09/2013, mentre, per gli altri ricorrenti, sarebbe maturato il
29/07/2013, ossia in data successiva alla presente decisione.
2. Ricorso Spirito
2.1. Inammissibile è il primo, articolato motivo di ricorso.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, gli aspetti del giudizio che consistono
nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono
interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, se non quando risulti
viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguenza che sono
inammissibili in sede di legittimità le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare
soltanto una rivalutazione del materiale probatorio (di recente, v. Sez. 5, n 18542 del
21/01/2011, Carone, Rv. 250168 e, in motivazione, Sez. 5, n. 49362 del 19/12/2012,
Consorte).
Ora, la Corte territoriale, con riferimento ai fatti di falso in bilancio cagionativi del fallimento,
per quanto attiene al bilancio del 1990, limitatamente all’appostazione VEDI, e al bilancio
1991, limitatamente alle appostazioni VEDI e VEDI 2, ha rilevato: a) che lo Spirito, subito
dopo la partecipazione all’aumento di capitale realizzato attraverso la cessione delle quote
Interporto, aveva condotto in prima persona l’acquisizione di Investelba a favore della NISI
s.r.I., società a lui riconducibile, e proprio nell’occasione, aveva chiesto e ottenuto la nomina
di Attilio Repetti nel c.d.a. di VEDI, sua diretta interlocutrice nell’operazione Investelba, con
l’incarico, in particolare, di monitorare attentamente la situazione dei conti.
Ora, la Corte d’appello ha rilevato che, come risultava dagli atti processuali, subito dopo la
cessione a NISI, a seguito della prima assemblea Investelba, lo Spirito aveva scoperto che vi
era una concessione a terzi della gestione in affitto, per un canone obiettivamente modesto,
del complesso turistico, che rappresentava il principale cespite della società acquisita e
l’unica fonte di redditività dell’impresa. Ed infatti lo stesso Spirito si era rifiutato di onorare il
contratto stipulato. In tale contesto, con motivazione che non esibisce alcuna manifesta
illogicità, la sentenza impugnata ha concluso che correttamente il giudice di primo grado

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siano opposti al rinvio del dibattimento owero non abbiano sollecitato (se praticabile)

aveva qualificato tale situazione come un “contenzioso”, talché lo Spirito non poteva
fondatamente rivendicare alcuna giustificazione rispetto all’approvazione del bilancio FTN
1990, in cui si continuava a stimare la partecipazione in VEDI 2 in termini che occultavano,
tra l’altro, siffatto contenzioso; del pari non era verosimile che lo stesso Spirito non avesse
ricevuto da Ripetti, da lui stesso collocato nel c.d.a., realistiche indicazioni sullo stato dei
conti VEDI, cui era personalmente interessato.
Ancora, se è vero che lo Spirito, nell’estate del 1991, aveva presentato le dimissioni
dall’incarico di componente del c.d.a. della FTN, è però anche vero che, quando nella

1991 della società poi fallita, egli aveva acquisito una posizione di assoluto rilievo nella
compagine sociale, essendo anzi già vicino all’acquisizione di un cospicuo pacchetto azionario
dal De Seriis, che lo avrebbe trasformato in socio di controllo di FTN, in un momento in cui la
vicenda Investelba si era acuita, con esplosione del contenzioso con Michelotti, mentre i
conti della VEDI erano in aperta rovina.
Proprio in tale contesto, il Repetti, uomo di Spirito, era intervenuto a votare il bilancio del
1991 di FTN, che occultava, da un lato, le rovinose minusvalenze della VEDI di cui aveva
piena cognizione, e, dall’altro, la perdita maturata nella cessione Interporto.
In tale prospettiva, la sentenza impugnata ha rilevato che la dedotta incapacità del Repetti,
oltre ad essere circostanza illogica, non è affatto dimostrata.
La Corte territoriale ha aggiunto, mostrando di esaminare le censure riproposte con il ricorso
per cassazione, che la riprova della buona fede dello Spirito non poteva essere tratta
dall’entità degli investimenti effettuati per l’acquisto delle azioni FTN.
Ed, infatti, con riferimento alla vicenda Interporto, si registra una fraudolenta acquisizione
tramite una permuta mascherata; con riferimento alle massicce acquisizioni avvenute tra il
dicembre 1991 e l’estate 1992, lo Spirito semplicemente non pagò i cedenti, operando delle
acquisizioni “a costo zero”, al fine di poter manovrare sul mercato, come dimostrato dal fatto
che, nel mese di settembre 1992, in cui aveva denunciato la frode subita dal De Seriis, egli
aveva utilizzato titoli FTN per trasferirli a Finligure, al prezzo ufficiale di borsa, per simulare
un finanziamento in favore di quest’ultima società.
Con riguardo poi all’operazione Interporto Rivalta Scrivia, la Corte territoriale ha poi rilevato
che la cessione alla FTN di una quota del 4,86% della prima società, oltre a non giustificarsi
economicamente in ragione della scarsità di mezzi della FTN, che, infatti, aveva proceduto
ad un aumento di capitale per portare avanti altri progetti imprenditoriali (complesso
Garresio), e oltre a rivelare il duplice ruolo dello Spirito — per un verso, amministratore di
FTN e, per altro verso, venditore delle quote Interporto, in proprio e per conto del proprio
gruppo — si caratterizzava per modalità fraudolente, finalizzate, da un lato, a consentire allo
Spirito di partecipare all’aumento di capitale della FTN, attraverso un conferimento sottratto
alla disciplina dettata dall’art. 2343 cod. civ., e, dall’altro, a consentire la fuoriuscita di 250
milioni di lire, in parte riscosse da un membro della famiglia Rinaldi e in parte dirottate verso

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primavera — estate del 1992, si era giunti dalla formazione e all’approvazione del bilancio del

impieghi che non è stato possibile accertare. Inoltre, la soprawalutazione del pacchetto
ceduto alla FTN, con corrispondente danno per quest’ultima società e per i suoi creditori,
conseguente all’annacquamento del capitale sociale versato, è stata correttamente desunta
dalla sentenza impugnata anche dal minor prezzo di successiva rivendita della quota in
favore di altra società (FINAVAL), minor prezzo che si giustifica, secondo le valutazioni
tecniche in atti, in ragione della necessaria decurtazione del corrispondente valore del
capitale economico conseguente al carattere di minoranza della partecipazione.
Ora, il complesso di tali profili argomentativi non è scalfito, nella sua logicità, dalla

aspirano ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di legittimità.
2.2. Il secondo motivo è infondato, per quanto concerne i profili relativi all’intervenuta
prescrizione, a proposito dei quali si rinvia alle considerazioni svolte nel n. 1 che precede.
La richiesta subordinata di applicazione della I. n. 241 del 2006 è inammissibile.
Al riguardo, va ribadito che il ricorso per cassazione avverso la mancata applicazione
dell’indulto è ammissibile solo qualora il giudice di merito abbia esplicitamente escluso detta
applicazione, mentre nel caso in cui abbia omesso di pronunciarsi deve essere adito il giudice
dell’esecuzione (Sez. 5, n. 43262 del 22/10/2009, Albano, Rv. 245106).
3. Ricorso De Seriis
3.1. Il primo motivo di ricorso, articolato in relazione ai diversi capi di imputazione dei quali il
De Seriis, è chiamato a rispondere, è inammissibile, in quanto si traduce nella sostanziale
aspirazione ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di
legittimità.
Ed, infatti, con riferimento ai diversi capi di imputazione per i quali è stata affermata la
responsabilità dell’imputato, la Corte territoriale ha sottolineato il profilo, di carattere
generale e assorbente, per cui il De Seriis ha ricoperto, per tutta la durata della vita della
società interessata dal procedimento, la carica di vice presidente e di presidente della FTN,
ed è stato presente presso la sede sociale con un ruolo operativo.
Inoltre, la sentenza impugnata ha rilevato: a) con riguardo all’operazione Alba 2000, che il
De Seriis era stato il sicuro beneficiario delle somme distratte e che la tesi della sua
inconsapevolezza in ordine alla loro provenienza era smentita, oltre che dal ruolo gestionale
concretamente assunto, dal fatto che la formale controparte di FTN nella vicenda era una
società (la LIFRA), il cui amministratore, Arcidiacono, amico del De Seriis, era un mero
prestanome di Rinaldi; sebbene l’Arcidiacono abbia affermato di non avere mai parlato con il
De Seriis del proprio incarico, era tutto inverosimile che quest’ultimo avesse a tal punto
trascurato l’operazione da non rendersi conto dell’identità del venditore e da non chiedergli
chiarimenti; b) con riguardo ai fatti di doloso cagionamento del fallimento della FTN
attraverso lo sconto di effetti relativo ai preliminari di compravendita sugli immobili di
Garresio e di Albenga, che il De Seriis era stato presente in prima persona in vari snodi delle
operazioni; c) con riferimento all’operazione Centro 2001 e FAMI, che il De Seriis era

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riproposizione, da parte dello Spirito, delle difese svolte in appello, che, in ultima analisi,

risultato il beneficiario delle somme distratte e che la sua consapevolezza della provenienza
del denaro discendeva dal suo ruolo gestionale; d) con riferimento alla vicenda delle
partecipazione VEDI e VEDI 2, e al conseguente falso cagionativo del fallimento, che: il De
Seriis era amministratore di TRADE — FINCOMIN, poi divenuta VEDI 2, all’epoca
dell’acquisizione di VEDI, che egli aveva approvato il bilancio di PROGETTO INDUSTRIALI,
che copriva i “favori” verso VEDI; che egli non poteva credibilmente negare di essere a
conoscenza del contenzioso Investelba e con Michelotti, noto ben prima dell’approvazione
del bilancio del 1991, giacché a fine 1991 la FTN aveva awiato una azione legale contro il

rappresentazione della situazione FTN affidata alla semestrale 6/92 Consob e le risultanze
preoccupanti che emergono dai verbali del c.d.a. di FTN; che egli stesso aveva sottoscritto la
falsa semestrale Consob 6/93; e) con riferimento all’operazione Fertofin, che la tesi difensiva
del De Seriis, secondo cui FTN non avrebbe dismesso la sua partecipazione in Alba/Fertofin,
era smentita dal fatto che egli aveva partecipato al c.d.a. del 27/02/1993, nel corso del
quale il Rinaldi aveva prospettato che la Fertofin era in corso di acquisizione, ciò che avrebbe
dovuto destare l’immediata reazione di chi la riteneva mai uscita dal patrimonio FrN; f) con
riferimento all’operazione Primula, che il De Seriis, dopo avere escluso di avere mai firmato
assegni in bianco, aveva ammesso di avere sottoscritto l’assegno con il quale risorse della
FTN erano state dirottate verso la PROGETTI INDUSTRIALI, che FTN non aveva alcun
interesse a sostenere, a differenza di Fertofin, della quale il De Seriis era amministratore
delegato; g) con riferimento all’operazione Prima Officina Carte Valori Turati Lombardi, che il
De Seriis aveva partecipato all’approvazione del bilancio FTN al 31/12/1990 e che non
poteva ignorare che, nella valutazione della partecipazione nella Turati Lombardi, erano
state recepite voci di costo fittizie, anche perché, all’epoca, era amministratore di Fertofin,
società controllante della PROGETTI INDUSTRIALI, il cui bilancio, approvato proprio dal De
Seriis, recepiva integralmente le fittizie operazioni di acquisto della partecipazione di Turati
Lombardi e gli altrettanto fittizi pagamenti; h) con riferimento all’operazione Tielle Moduli
Continui, che era emerso il suo personale coinvolgimento nella gestione della vicenda e la
piena consapevolezza della situazione di dissesto della società; i) con riferimento
all’emissione del prestito obbligazionario, alla fideiussione a Immobiliare ’90 e all’operazione
COFIM, che, accanto al ruolo gestionale del De Seriis, doveva essere considerato che,
attraverso la triangolazione con la Immobiliare ’90, l’imputato aveva conseguito cospicui
vantaggi patrimoniali nell’ambito della vicenda COFIM; I) con riferimento all’operazione
Biosoil, che la FTN aveva sostenuto costi a favore di una società costituita dal De Seriis e a
quest’ultimo riferibile, senza che risultasse in alcun modo una concreta prospettiva di
acquisizione della partecipazione in Biosoil o una diversa spiegazione idonea a illuminare gli
interessi della società fallita; m) con riferimento agli esborsi in favore degli amministratori,
che non era dato intendere l’inerenza delle spese all’attività aziendale, trattandosi o
dell’attività di consulenza presso società controllate, che queste ultime avrebbero dovuto

9

medesimo Michelotti; che egli non poteva non constatare la palese discrasia tra la

retribuire, o di attività espressive dell’incarico amministrativo, di per sé retribuito, o di spese
non giustificate (dall’uso della foresteria e delle auto alle spese per capi di abbigliamento o
finalità turistiche).
Tali profili fattuali, unitariamente valutati dalla sentenza impugnata in relazione alla
ricostruzione dei singoli episodi, non risultano scalfiti dalla riproposizione delle censure
articolate nell’atto di appello.
3.2. Infondato è il secondo motivo di ricorso, dal momento che la Corte territoriale,
coerentemente con la ricostruzione fattuale che alimenta la conclusione della penale

nella gestione della FTN, sia per la durata della sua partecipazione, sia per il livello
qualitativo di quest’ultima, tradottasi nell’assunzione di cariche sociali, nel personale
coinvolgimento in una pluralità di operazioni e nella percezione di somme per un notevole
importo. Tali elementi sono stati, con motivazione congrua, ritenuti prevalenti rispetto alle
circostanze dedotte dalla difesa e valorizzate anche nel ricorso per cassazione, con
particolare riguardo all’età del De Seriis e alla presofferta custodia cautelare.
Quanto poi al significato del contributo informativo fornito dal ricorrente, la Corte territoriale
ha puntualmente rilevato come lo stesso, con specifico riguardo alla propria posizione, sia
stato sostanzialmente inteso a ridimensionare la propria posizione, attraverso la
prospettazione di situazione del tutto inverosimili.
3.3. Il terzo motivo del ricorso, concernente la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui
all’art. 219, comma primo, I. fall., è infondato per le ragioni indicate supra sub n. 1
4. Ricorso Vergati.
4.1. Il primo motivo del ricorso è infondato, dal momento che la condanna sofferta dal
Vergati per effetto della sentenza del Tribunale di Savona del 14/01/2009 riguarda una
bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2, I. fall.) a lui ascritta in
quanto amministratore della Kursaal s.r.I., laddove, nel presente procedimento,
l’imputazione riguarda essenzialmente alcune operazioni dolose attraverso le quali il
ricorrente ha contribuito a cagionare il fallimento della FTN (art. 223, comma secondo, I.
fall.). In definitiva, il fatto storico contestato al Vergati è assolutamente diverso da quello al
quale si riferisce la decisione del Tribunale di Savona.
4.2. Inammissibile è il secondo motivo.
Nella sostanza il ricorrente rileva che il regolamento del corrispettivo delle quote della COFIM
s.r.l. da parte della FTN prevedeva: a) pagamenti per lire 5.380.000.000, da effettuarsi da
parte di Immobiliare 90 s.r.I., che non erano mai intervenuti, come riconosciuto dalla
sentenza di primo grado; b) un pagamento di lire 160.000.000 a favore di un soggetto
estraneo ai cedenti; c) la consegna di effetti per lire 350.000.000; d) l’attribuzione di future
obbligazioni convertibili FTN per lire 4.800.000.000, mai emesse. Ne discende, secondo tale
prospettazione, che la FTN aveva pagato poco o nulla per siffatta acquisizione, con la
conseguenza che non si era realizzato alcun depauperamento.

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responsabilità, ha valorizzato il ruolo primario assunto dall’imputato, unitamente al Rinaldi,

La critica, tuttavia, appare priva di specificità, in quanto i giudici di merito, pur dando atto
che l’iniziale progetto di versamento del corrispettivo non aveva trovato attuazione quanto
all’intervento della Immobiliare 90 s.r.I., affermano anche che risultano documentate le
modalità di estinzione del debito da parte di FTN attraverso versamenti per banca e
consegna di obbligazioni derivanti dall’emissione di un prestito obbligazionario (e, infatti,
anche nell’appello del Vergati si ammette che una distribuzione, sia pur parziale, di
obbligazioni intervenne).
Apodittica è poi, a fronte della complessa motivazione della sentenza di secondo grado, in

ricorrente, che non si occupa di nessuno dei dati documentali valorizzati dalla decisione
impugnata (v., in particolare, pag. 103 ss.).
Quanto alla affermata estraneità del Vergati alle vicende della FTN e al suo ruolo all’interno
della COFIM, le censure non investono in alcun modo le considerazioni dei giudici di primo
grado (pag. 59 e 174 della sentenza) e di secondo grado (pag. 106 della decisione), che
valorizzano l’ampiezza dei rapporti collaborativi esistenti tra il ricorrente e il Rinaldi.
Al riguardo, deve aggiungersi che la Corte territoriale non ha affatto escluso l’esistenza di
una ramificata relazione tra il Vergati e il Rinaldi. L’assoluzione relativa all’operazione Stella
Verde scaturisce, infatti, dalla mancata dimostrazione di un legame tra il Vergati e il
coimputato Ottonello, da un lato, e il finale beneficiano dell’operazione. Ne discende che da
siffatta pronuncia non può trarsi alcuna indicazione che riveli una contraddittorietà nella
motivazione relativa all’esistenza della vasta rete di rapporti tra il ricorrente e il Rinaldi.
4.3. Il terzo motivo è travolto dall’inammissibilità del secondo motivo, in quanto aspira ad
una rivalutazione dell’esistenza del danno di rilevante gravità, muovendo dalla premessa
dell’assenza di un pregiudizio per la fallita FTN, motivatamente riscontrato, per quanto sopra
rilevato, dai giudici di merito.
4.4. Anche il quarto motivo è inammissibile, per l’assoluta genericità con la quale si
ripropone la tesi della rilevanza assunta dall’operazione della DIA Mare Verde in ordine
all’andamento delle società coinvolte, trascurando di considerare il fondamento documentale
delle conclusioni raggiunte dai giudici di merito e il fatto che quando la DIA era intervenuta
nel 1993, già da due mesi era stato predisposto un piano di risanamento che dava atto
dell’impossibilità della FTN di pagare i suoi debiti e che assegnava ai creditori un termine per
la risposta, ormai scaduto al momento delle perquisizioni. E ciò senza dire che, dopo la
dichiarazione di fallimento, tutte le partecipazioni attive appostate in bilancio non erano
riscontrate da valori reali (pag. 117 della decisione di secondo grado).
4.5 Inammissibile è, infine, il quinto motivo di ricorso, giacché il diniego dell’auspicata
prevalenza delle circostanze attenuanti generiche è sorretto da motivazione che,
valorizzando i vari precedenti penali e, in particolare, le due condanne per bancarotta
fraudolenta, non palesa alcuna manifesta illogicità. Con riferimento, poi, alla contestata

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ordine alla manifesta incongruità del valore di cessione, la contraria valutazione espressa dal

sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 219, comma primo, I. fall., si rinvia alle
considerazioni svolte supra sub 1, dove viene affrontato lo specifico motivo di ricorso.
5. Ricorso Querci
5.1. Il primo motivo di ricorso presentato nell’interesse dei Querci (al pari del primo, sesto e
settimo motivo — quest’ultimo nelle articolazioni che investono la questione di competenza)
del ricorso presentato dal Querci personalmente), nelle sue varie articolazioni, è infondato.
Per intanto, si rileva che la competenza territoriale del Tribunale di Milano scaturisce dal
fatto che quel giudice ha dichiarato il fallimento della società FTN. Al riguardo, va ribadito

giudice del luogo in cui il reato è stato consumato, che corrisponde a quello in cui è stato
dichiarato il fallimento (Sez. 1, n. 4356 del 16/11/2000 – dep. 01/02/2001, Agostini, Rv.
218250; Sez. 5, n. 1935 del 19/10/1999 – dep. 21/02/2000, Auriemma, Rv. 216433; Sez. 1,
n. 1825 del 06/11/2006 – dep. 22/01/2007, Iacobucci, Rv. 235793).
Siffatte considerazioni rendono inammissibili, per manifesta infondatezza, anche la seconda
articolazione dell’undicesimo motivo, il dodicesimo motivo, la prima articolazione del
quindicesimo motivo e le considerazioni svolte nel prosieguo dello stesso motivo del ricorso
proposto personalmente dal Querci, che lamentano la violazione del principio di
precostituzione del giudice.
Inoltre, correttamente è stato esclusa la violazione del principio del ne bis in idem, in
quanto, a fronte della ricostruzione delle vicende processuali tratteggiata dalla Corte
territoriale (pag. 119 della decisione) — ricostruzione non contrastata da alcuna diversa
risultanza processuale -, emerge che le indagini genovesi hanno dato luogo a diversi
procedimenti, definiti con sentenza del Tribunale ligure del 03/12/1997 e del 09/03/1998. Un
primo procedimento non riguardava il Querci; un secondo procedimento, concernente il
Querci e il Rinaldi, indagati in relazione ai reati di cui agli artt. 416, 460 cod. pen. e 2621
cod. civ., si è concluso con decreto di archiviazione, che non svolge alcuna incidenza sul
presente procedimento.
Quanto detto rende palese l’infondatezza del diciassettesimo e del trentasettesimo motivo
del ricorso presentato personalmente dal Querci che ribadisce la violazione del principio del
ne bis in idem, e del diciottesimo motivo del medesimo ricorso che da tale premessa fa

discendere la conseguenza della “inefficacia, non esecutività, non eseguibilità della decisione
finale”.
Con riferimento al mancato accertamento delle cause della contumacia dell’imputato Rinaldi,
oggetto anche della prima articolazione del quattordicesimo motivo e della prima
articolazione del sedicesimo motivo del ricorso presentato personalmente dal Querci, deve
ribadirsi, in radice, il radicale difetto di interesse dei ricorrenti.
Inammissibile è poi la seconda articolazione del sedicesimo motivo del ricorso presentato
personalmente dal Querci, nel quale si lamenta la nullità della sentenza per soprawenuta

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che, anche in relazione ai delitti di bancarotta fraudolenta impropria, occorre aver riguardo al

estinzione del reato a causa della morte del Rinaldi, giacché tale evento non incide sulla
concorrente responsabilità dei coimputati.
Le ulteriori eccezioni di nullità del ricorso proposto nell’interesse dei Querci sono, del pari,
immeritevoli di accoglimento.
Al riguardo, si osserva, in primo luogo, che assolutamente generica è, nel ricorso proposto
nell’interesse dei Querci, la censura che prospetta “l’illiceità costituzionale” del decreto che
dispone il giudizio, in relazione ad un’altrettanto genericamente prospettato vizio attinente
alla posizione di terzietà del giudice.

motivo del ricorso presentato personalmente dal Querci, il quale si duole della trasfusione
nel decreto dei risultati delle indagini, con conseguente inquinamento della terzietà del
giudice, deve ribadirsi che non è nullo il decreto che dispone il giudizio, qualora contenga
un’indicazione più che sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono. Tale
nullità non è prevista dall’art. 429, comma secondo, cod. proc. pen. cosicché l’esigenza
dell’indicazione sommaria costituisce un limite minimo. Né è violato il principio della
formazione della prova nel dibattimento perché esclusivamente al giudice dello stesso è
riservata la valutazione delle fonti di prova e dei fatti, con esclusione della utilizzazione di
quelli ritenuti ininfluenti (Sez. 4, n. 3807 del 29/03/1993, Calligaris, Rv. 193886).
A ciò deve aggiungersi: a) che del pari generica è la dedotta violazione dell’art. 222, comma
1, lett. e) del codice di rito, con riguardo alla relazione del consulente tecnico del P.M., che
non ha assunto il ruolo di perito e per il quale, tra l’altro, per effetto dell’art. 225, comma
terzo, cod. proc. pen., non opera la causa invocata; b) che, in tema di prova documentale
(art. 234 cod. proc. pen.), le relazioni e gli inventari redatti dal curatore fallimentare sono
ammissibili come prove documentali in ogni caso e non solo quando siano ricognitivi di una
organizzazione aziendale e di una realtà contabile, atteso che gli accertamenti documentali e
le dichiarazioni ricevute dal curatore costituiscono prove rilevanti nel processo penale, al fine
di ricostruire le vicende amministrative della società (Sez. 5, n. 39001 del 09/06/2004,
Canavini, Rv. 229330); c) che l’avere assunto le conclusioni della relazione del curatore a
contenuto della richiesta di rinvio a giudizio non implica alcuna nullità di quest’ultima; d) che
del tutto generica, perché sganciata da un puntuale riferimento alla concreta ricostruzione
dei fatti e alla decisività degli elementi mancanti, è la deduzione concernente l’impossibilità
di difendersi in ragione del sequestro di taluni documenti.
Sempre nella fase preliminare del giudizio si collocano le censure sviluppate nel motivo n. 26
del ricorso presentato personalmente dal Querci.
Al riguardo, si osserva: a) che l’iscrizione della notizia di reato può ben riguardare una o più
persone e che le scelte del P.M., anche alla luce delle complesse vicende oggetto di
indagine, non hanno comportato alcuna violazione di norme previste a pena di nullità; b)
che, pertanto, non è dato cogliere il fondamento normativo della eccepita inutilizzabilità
“fisiologica e patologia” di tutta l’istruzione probatoria; c) che la dedotta incompatibilità

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Volendo considerare, nella medesima prospettiva, le censure contenute nel ventesimo

funzionale del G.i.p/G.u.p. non assume rilievo ai fini della validità degli atti processuali, in
assenza di dichiarazione di ricusazione.
Per ragioni di connessione logica, va in questa sede rilevata, altresì, l’inammissibilità delle
critiche indirizzate dal tredicesimo motivo del ricorso presentato personalmente dal Querci
nei confronti del decreto che dispone il giudizio, critiche che, attenendo al contenuto
argomentativo dello stesso, non si conciliano con la non impugnabilità del menzionato
provvedimento.
Sempre per il carattere preliminare della questione, va poi affrontata la questione, oggetto

presentato personalmente dal Querci, relativa all’autodifesa.
Al riguardo, va ribadito che è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 97 cod. proc. pen., sollevata in riferimento all’art. 24 Cost. nella parte
in cui il menzionato articolo del codice di rito non prevede la facoltà di autodifesa
dell’imputato, trattandosi di scelta politica del legislatore che, in quanto mirata a garantire
l’effettività del diritto di difesa, non appare priva di ragionevolezza (Sez. 5, n. 32143 del
03/04/2013, Querci, Rv. 256085).
Né, va aggiunto, siffatta conclusione menoma le ampie garanzie difensive riconosciute
all’imputato e si pone in contrasto con i precetti dell’art. 6 CEDU (invocati nel motivo
aggiunto n. 1 presentato dal Querci personalmente).
Il diciannovesimo motivo del ricorso presentato personalmente dal Querci lamenta la
violazione dell’art. 37, comma 2, cod. proc. pen., per avere il Tribunale deciso, nonostante
l’awenuta proposizione di una dichiarazione di ricusazione.
La censura è infondata.
Ed, infatti, il giudice che riceve una dichiarazione di ricusazione fondata sugli stessi motivi di
altre precedentemente rigettate non è tenuto, prima di pronunciare la sentenza, ad
attendere la decisione sulla ricusazione (Sez. 6, n. 40997 del 07/11/2006, Stara, Rv. 235472,
che richiama Corte cost. n. 10 del 1997).
Ora, nella specie, attraverso una valutazione sostanziale e non formale dei motivi di
doglianza, il Tribunale prima e la Corte territoriale poi hanno esattamente rilevato che le
violazioni dei diritti contestate al presidente del collegio di primo grado riguardavano un
episodio risalente al 2004, che doveva ritenersi compreso nelle denunciate violazione di
diritti oggetto delle precedenti dichiarazioni di ricusazione.
Quanto poi al fatto che, alla data della decisione di primo grado, fosse pendente il ricorso
per cassazione avverso il provvedimento della Corte d’appello reiettivo di una precedente
dichiarazione di ricusazione, è sufficiente rilevare che il giudice ricusato ha il potere di
pronunciare sentenza dopo la decisione di inammissibilità o di rigetto, senza necessità che
sia previamente definito il ricorso medio tempore proposto avverso tale decisione (Sez. 2, n.
7220 del 21/12/2006 – dep. 21/02/2007, Cantoni ed altro, Rv. 235862).

14

dell’ultima articolazione del quindicesimo motivo e nel ventiduesimo motivo del ricorso

4

5.2. Infondato è il motivo n. 25 del ricorso presentato personalmente dal Querci, che
lamenta la mancata corrispondenza tra i capi di imputazione di cui al decreto che dispone il
giudizio e i fatti per i quali è intervenuta condanna, dal momento che, a seguito delle
modifiche normative introdotte dal d. Igs. n. 61 del 2002 — e per le ragioni indicate nel
paragrafo che segue -, il P.M. ha proceduto correttamente ad integrare le originarie
contestazioni.
5.3. Un tema prospettato nell’ultima articolazione del settimo motivo, nella prima
articolazione dell’undicesimo motivo, nella seconda articolazione del quattordicesimo motivo,
nella seconda articolazione del quindicesimo motivo del ricorso presentato dal Querci
personalmente investe la dedotta violazione del principio di irretroattività della legge penale.
È, tuttavia, sufficiente al riguardo, ribadire che la nuova formulazione delle norme che
prevedono i delitti di false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 cod. civ.) e di bancarotta
fraudolenta impropria “da reato societario” (art. 223, comma 2, n. 1, R. D. 16 marzo 1942 n.
267), ad opera, rispettivamente, degli articoli 1 e 4 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n.
61 non ha comportato l’abolizione totale dei reati precedentemente contemplati, ma ha
determinato una successione di leggi con effetto parzialmente abrogativo in relazione a quei
fatti, commessi prima dell’entrata in vigore del citato decreto legislativo, che non siano
riconducibili alle nuove fattispecie criminose (Sez. U, n. 25887 del 26/03/2003, Giordano, Rv.
224605). Ciò in generale.
Con riferimento ai casi concreti, si rinvia all’esame immediatamente successivo degli ulteriori
motivi di ricorso.
5.4. Inammissibile è il motivo n. 23 e n. 35 del ricorso presentato personalmente dal Querci,
che lamenta il mancato esame delle argomentazioni contenute nelle numerose memorie
depositate, giacché, a fronte della ampia e argomentata decisione della Corte d’appello, che
esamina i profili sinteticamente riassunti nel motivo di ricorso, non è dato intendere quale
considerazione difensiva sarebbe stata concretamente trascurata.
5.5. Il secondo motivo del ricorso presentato nell’interesse dei Querci nonché l’ottavo, il
nono e il trentatreesimo motivo del ricorso proposto dal Querci personalmente sono
inammissibili, nelle articolazioni attraverso le quali contestano che la Corte territoriale non
abbia adeguatamente valutato il profilo causale, teleologico e soggettivo del reato di
bancarotta impropria.
Con riferimento alle censure prospettate dal Querci personalmente, si rileva che esse si
traducono in astratte affermazioni di principio, slegate dalla concreta realtà processuale. Lo
stesso è a dirsi delle doglianze contenute nel nono motivo di ricorso.
Con riferimento al secondo e al trentanovesimo motivo del ricorso presentato nell’interesse
dei Querci, si osserva che la sentenza impugnata ha correttamente escluso che l’esistenza di
crediti residui del cd. gruppo Querci assumesse rilievo al fine di negare il dolo sia nelle
distrazioni che nella condotta cagionativa del dissesto. Anzi, l’esistenza dei crediti — cui si
correla l’attività di recupero in extremis descritta a pag. 28 e 29 della sentenza di secondo

15

a


grado — conferma l’ipotesi distrattiva che ben può ricollegarsi ad una situazione di asserito
credito.
Tali considerazioni rivelano del pari l’inammissibilità per manifesta infondatezza del motivo n.
48 del ricorso proposto personalmente dal Querci, che ribadisce la rilevanza delle ragioni
creditorie vantate nei confronti di FTN.
Ne discende, peraltro, la coerenza delle decisioni della Corte territoriale, quanto alle richieste
istruttorie tese a dimostrare siffatti crediti e oggetto della seconda doglianza del motivo n.
25, n. 43 e n. 44 del ricorso presentato personalmente dal Querci.
Per quanto attiene, infine, la censura, pure svolta nel motivo, secondo cui alla bancarotta
impropria non sarebbe applicabile l’aggravante di cui all’art. 219, comma primo, I. fall., si
rinvia a quanto rilevato supra sub 1.
La puntuale individuazione dei fini perseguiti dai ricorrenti nelle loro operazioni rende
altrettanto inammissibile la reiterazione delle censure contenute nell’atto di appello,
riproposte con il motivo n. 21 e n. 28 del ricorso presentato personalmente dal Querci.
5.6. Inammissibile per manifesta infondatezza è il decimo e il trentaseiesimo motivo del
ricorso presentato dal Querci personalmente, che valorizza il piano di risanamento
predisposto dalla FTN, come elemento idoneo a giustificare l’irrilevanza della dichiarazione di
fallimento successivamente intervenuta e delle condotte ascritte al ricorrente.
Al riguardo, anche a voler prescindere dalle puntuali considerazioni riservate dalla Corte
d’appello all’assoluta inadeguatezza del piano, resta assorbente la considerazione per cui è
insindacabile da parte del giudice penale la sentenza dichiarativa di fallimento (Sez. U, n.
19601 del 28/02/2008, Niccoli, Rv. 239398)
Per ragioni di connessione logica, va affrontato in questa sede il motivo n. 40 del ricorso
proposto personalmente dal Querci, il quale lamenta la mancata sospensione del
procedimento, in pendenza del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di
fallimento.
La censura è infondata, in quanto, in tema di reati di bancarotta, il giudice penale può
disporre la sospensione del dibattimento a norma dell’art. 479 cod. proc. pen. qualora sia in
corso il procedimento civile per l’accertamento dello “status” di fallito, ferma restando, una
volta che sia intervenuta sentenza definitiva di condanna, la facoltà del condannato di
chiederne la revisione ai sensi dell’art. 630, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. U, n.
19601 del 28/02/2008 cit.). L’esistenza di un potere discrezionale esclude che il suo mancato
esercizio comporti un vizio della decisione.
Identiche conclusioni si impongono in relazione alla pendenza del giudizio di revocazione
straordinaria concernente la sentenza dichiarativa di fallimento (oggetto del motivo aggiunto
n. 5).
5.7. Il terzo motivo del ricorso presentato nell’interesse dei Querci e il ventinovesimo motivo
del ricorso proposto personalmente dal Querci, che investono la cd. operazione Cantieri
Trieste, è del pari inammissibile, in quanto, riproponendo le censure formulate in atto di

16

ig

è
appello, finisce per non confrontarsi con la sottolineatura dello specifico interesse perseguito
• dal Gruppo Querci a rendere servizi alla Banca di credito di Trieste, che costituiva il
principale polmone finanziario attraverso cui passava l’attività della società CIFRA, società
finanziaria e holding di partecipazioni del gruppo. In definitiva, l’intervento nella vicenda
Cantieri Trieste ha finito per fruttare al gruppo Querci larga disponibilità di risorse da
utilizzare per le proprie attività di impresa.
In questa prospettiva, perde rilievo lo specifico interesse perseguito dalla Banca e il suo
specifico ruolo nella Cantieri Trieste (alla cui dimostrazione è funzionale l’irrilevante

prove articolate dai ricorrenti: v. al riguardo, anche il motivo n. 45 del ricorso e il motivo
aggiunto n. 3 proposto personalmente dal Querci).
Le argomentazioni con le quali si sostiene poi che l’operazione si risolse in un sostanziale
vantaggio per FTN ancora una volta non considerano che il rilevante prestito obbligazionario,
coperto dalla banca triestina e dalla società finanziaria Proinvest, venne subordinato
all’acquisizione da parte della FTN della partecipazione del 49% della società Cantieri Trieste,
gravemente esposta nei confronti della Banca, ad un prezzo largamente superiore al valore
della partecipazione e del tutto ingiustificato rispetto alle effettive prospettive industriali (la
società aveva infatti maturato ingentissime perdite che l’avrebbero poi condotta alla
dichiarazione di fallimento). E questo senza dire che la FTN venne anche indotta, per il
proprio disperato bisogno di liquidità, ad accettare l’iscrizione, a favore dei citati
obbligazionisti, di un’ipoteca sui terreni di Garessio — peraltro non menzionata nel prospetto
informativo comunicato al mercato -, in sostanza pagando un altissimo “interesse di sconto”
per la realizzazione dell’operazione, che avrebbe sottratto ulteriori risorse ai creditori.
Del tutto logicamente, la Corte territoriale ha poi esaminato la vicenda della successiva
rivendita della partecipazione Cantieri Trieste da FTN alla società Tirrenica, sottolineando: a)
che l’operazione era programmaticamente compensata attraverso il ritrasferimento, nel
medesimo arco temporale, di rilevanti cespiti immobiliari da FTN e sue controllate al gruppo
Querci a prezzi che, come si legge nella nota manoscritta citata a pag. 122 della sentenza
impugnata (inviata da Alessandra Querci allo zio Francesco, odierno ricorrente, in relazione
all’incontro avuto con il Rinaldi), “consentano di ammortizzare la evidente sopravvalutazione
delle azioni del cantiere”; b) a fronte del trasferimento a Tirrenica, FTN aveva ricevuto
direttamente in pagamento solo una parte limitata del prezzo convenuto, atteso che il
maggiore importo di 4.200 milioni di lire era stato versato attraverso una compensazione di
ragioni creditore vantate dal Querci, in un momento in cui palese era l’insolvenza di FTN.
Tale apparato argomentativo non è attinto da alcuna critica idonea ad inficiarne la tenuta
logica, con la conseguenza che le doglianze dei ricorrenti si traducono nella pretesa,
inammissibile in sede di legittimità, ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie.
5.8. Identiche considerazioni si impongono in relazione al quarto motivo del ricorso
presentato nell’interesse dei Querci, al motivo n. 30 del ricorso proposto personalmente dal

17

documento valorizzato a pag. 43 del ricorso presentato nell’interesse dei Querci e le restanti

Querci e al motivo aggiunto n. 4. Deve, inoltre, ribadirsi che l’esistenza di ragioni di credito
contrapposte non elide la distrazione consumata.
5.9. Anche il quinto motivo del ricorso presentato nell’interesse dei Querci e il motivo n. 31
del ricorso proposto personalmente dal Querci sono inammissibili, per le stesse ragioni sopra
ricordate.
Al riguardo, deve osservarsi che le censure concernono il capo A13.3., ossia la dissipazione
riferibile all’impegno finanziario sostenuto da FTN per l’acquisto della partecipazione VEDI.
Ora, il fatto che il curatore definisca nella sua relazione tale operazione oscura è un dato che

Ma soprattutto, nel merito, deve rilevarsi che le censure prospettate dai ricorrenti non
colgono il nucleo dell’apparato argomentativo della sentenza impugnata che, attraverso un
compiuto esame delle risultanze processuali, giunge alla conclusione della rovinosa
condizione in cui si trovava la società VEDI, al punto che il precedente titolare, Michelotti,
aveva ceduto, praticamente senza corrispettivo, la sua quota di partecipazione alla CIFRA del
gruppo Querci, che l’avrebbe rivenduta, a condizioni onerose, alla Trade Fincomin,
controllata FTN (e che avrebbe finanziato l’intera operazione), destinata ad assumere in
seguito la denominazione VEDI 2.
Ma, al di là di questo profilo, è soprattutto la puntuale analisi del valore del patrimonio netto
della VEDI ad illuminare il fondamento della responsabilità (pag. 133 ss della sentenza
impugnata).
Le puntuali indicazioni della sentenza impugnata (pag. 135 della decisione) non sono scalfite
dalle irrilevanti considerazioni contenute in ricorso, quanto: a) agli accordi intervenuti fra la
CIFRA e un terzo, in vista del soddisfacimento delle ragioni creditorie della prima; b)
all’incidenza dell’operazione della DIA di Genova nella vita della FTN. A proposito di
quest’ultima, è sufficiente rilevare che, quando la DIA intervenne con le perquisizioni del
1993, era già da due mesi stato predisposto un piano di risanamento che dava
sostanzialmente atto dell’impossibilità di FTN di pagare i suoi debiti, in quanto proponeva
modalità di estinzione delle obbligazioni, che non risulta siano mai state accettate dai
creditori. Tanto è sufficiente a concludere per l’inammissibilità per manifesta infondatezza
del secondo, del terzo, del quarto, del quinto motivo del ricorso e del motivo aggiunto n. 2
presentato dal Querci personalmente, il quale insiste nel fare riferimento al 1992, che però
rappresenta la data iniziale considerata dalle indagini della DIA (pag. 30 del ricorso stesso),
non certo l’esteriorizzazione delle stesse: e, infatti, a pag. 31 del medesimo ricorso si dà atto
che l’iscrizione del Repetti nel registro degli indagati risale al 01/03/1993. Del pari
inammissibile, per le stesse ragioni, è il motivo n. 27 del medesimo ricorso da ultimo citato
che ripropone, sul versante argomentativo e delle richieste istruttorie non accolte, la
centralità dell’operazione della DIA nel provocare il fallimento della FTN e del motivo n. 46
dello stesso ricorso.

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non rileva affatto in relazione al distinto problema della chiarezza del capo di imputazione.

.4
Deve aggiungersi, con riguardo al motivo n 32 del ricorso presentato personalmente dal
Querci, che le critiche rispetto all’affermazione di responsabilità non colgono nel segno,
giacché non è la mera presenza del Querci, presidente del c.d.a., alle sedute di quest’ultimo
a rivelarne la colpevolezza, nell’ordito argomentativo della Corte territoriale, ma il ruolo
sostanziale da lui assunto nella vicenda (ciò che rende inammissibili, per difetto di specificità,
anche le censure contenute nel motivo n. 47, quanto al ruolo di mero rappresentante legale
del Querci).
5.10. Il sesto e il settimo motivo del ricorso presentato nell’interesse dei Querci sono
infondati, al pari del motivo n. 42 del ricorso proposto personalmente dal Querci, giacché la
Corte territoriale ha logicamente dato conto della superfluità delle richieste istruttorie, le
quali o aspirano (sesto motivo) ad illuminare le ragioni creditorie di CIFRA — ossia, un dato
che, per le considerazioni sopra ricordate, non assume rilievo elidente delle contestate
ipotesi di bancarotta — o finiscono (settimo motivo) per non confrontarsi con la pluralità di
argomenti — al di là del corrispettivo della cessione delle quote VEDI da Michelotti a CIFRA —
che fonda l’affermazione di responsabilità per il capo A13.3 (cui è dedicato il quinto motivo
di ricorso).
Sempre alla luce delle superiori considerazioni si apprezza la logicità delle ragioni fondanti il
mancato accoglimento delle istanze istruttorie di cui al motivo n. 24 e n. 38 del ricorso
presentato personalmente dal Querci, che non si confrontano con l’apparato argomentativo
posto a base della decisione della Corte d’appello.
5.11. il motivo n. 34 del ricorso proposto personalmente dal Querci concerne il capo A3.1 è
inammissibile per difetto di specificità. Anche a tacer del fatto che, secondo la sentenza
impugnata (pag. 137) non si registrano osservazioni difensive sulla questione, si rileva che le
argomentazioni della Corte territoriale in ordine alla distrazione della somma di 450.000.000
lire sono genericamente contrastate dal Querci, facendo riferimento ad una causale relativa
alle proprie prestazioni professionali vantate nei confronti della società Morteo, della quale il
Mignone — che tali somme versò pacificamente in favore del Querci — non era dipendente
(pag. 265 della sentenza di primo grado).
Anche in questo caso, le critiche, senza mostrare la manifesta illogicità della motivazione,
aspirano ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di legittimità.
5.12. L’ottavo motivo di ricorso del ricorso presentato nell’interesse dei Querci e il motivo n.
41 del ricorso presentato direttamente dal Querci, relativo alla dedotta prescrizione, è
infondato per le ragioni esaminate supra sub 1.
5.13. Per completezza, va rilevata l’assoluta inammissibilità delle censure svolte nella terza
articolazione del quindicesimo motivo del ricorso presentato personalmente dal Querci, che
investono le asserite conseguenze del procedimento sulla sua salute.
5.14. Un’ulteriore censura non numerata del ricorso presentato nell’interesse dei Querci
investe la dosimetria della pena con riguardo alla posizione di Gabriele Querci.

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i

Il motivo di ricorso, nel sollecitare una più ridotta pena e il giudizio di prevalenza delle
concesse circostanze attenuanti generiche, è inammissibile per la genericità della critica, che
non consente di evidenziare alcuna manifesta illogicità nella decisione della Corte territoriale,
che ha valorizzato, al riguardo, il coinvolgimento dell’imputato nei dati delittuosi e la
presenza di gravi precedenti penali.
6. Alla decisione di rigetto, consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.

Così deciso in Roma il 26/07/2013

Il Componente estensore

Il Presidente

Rigetta § ricors& e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

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