Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49131 del 16/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 49131 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VITAGLIANO MICHELE, nato il 30/05/1985
avverso l’ordinanza n. 700/2012 GIP TRIBUNALE di NAPOLI, del
13/07/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Angela Tardio;
letta la requisitoria del Procuratore Generale Dott. Carmine Stabile,
che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso con le
conseguenti statuizioni.

i

Data Udienza: 16/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13 luglio 2012 il G.i.p. del Tribunale di Napoli, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Vitagliano
Michele, volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in
sede esecutiva, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra i reati giudicati con le
sentenze indicate dallo stesso istante.

principi di diritto in tema di identità del disegno criminoso, che:
– non era possibile ritenere sussistente il vincolo della continuazione tra i
reati di associazione finalizzata alla cessione di stupefacenti, aggravata ai sensi
dell’art. 7 legge n. 203 del 1991, e i reati di cessione di stupefacenti, per i quali
l’istante era stato condannato con sentenza del 28 dicembre 2011, irrevocabile il
13 marzo 2012, i reati di cessione di stupefacenti, giudicati con le sentenze del
15 luglio 2004 e del 23 ottobre 2007, irrevocabili rispettivamente il 16 ottobre
2004 e 1’8 gennaio 2008, e i reati di cessione di stupefacenti, rapina aggravata e
tentata estorsione, giudicati con la sentenza del 16 aprile 2008, irrevocabile il 13
marzo 2012, avuto riguardo al lasso temporale tra i fatti accertati e alla
eterogeneità delle modalità di commissione degli stessi;
– anche il reato di cessione (giudicato con sentenza del 25 novembre 2009),
temporalmente vicino ai fatti giudicati con sentenza del 28 dicembre 2011, non
poteva unificarsi con gli stessi per continuazione, essendo un fatto episodico non
inserito in alcun modo nel contesto associativo, né costituendo attuazione di un
programma criminoso specifico.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Vitagliano Michele, che ne chiede l’annullamento sulla base
di unico motivo, con il quale deduce inosservanza, violazione ed erronea
applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. e mancanza e/o
manifesta illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, che premette il richiamo alle sentenze oggetto della
richiesta, è mancata una motivazione logica, puntuale e coerente in ordine alla
ritenuta insussistenza del presupposto della unicità del disegno criminoso tra le
condotte contestate, poiché:
– i fatti giudicati con sentenza del 28 dicembre 2011, accertati nel marzo
2009, si inseriscono in una complessa attività organizzativa, gestita dal clan
camorristico Lo Russo, finalizzata all’acquisto, detenzione e cessione di sostanze
stupefacenti (marijuana, cocaina e crack), rispetto alla quale a esso ricorrente è

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Il Giudice, a ragione della decisione, osservava, dopo aver richiamato i

stato contestato un ruolo di spacciatore e vedetta (capo a) e sono stati
addebitati tre episodi di cessione commessi nel marzo 2009;
– l’attività è stata da lui svolta in una piazza di spaccio del clan Lo Russo,
diretta dal coimputato Serrano, nel quartiere Piscinola di Napoli, nel quale è stata
tenuta anche la condotta di cessione del 5 maggio 2009, come emerge dalla
motivazione delle rispettive sentenze, confermando la seconda, depositata
quando esso ricorrente non era ancora indagato per il suo ruolo associativo, che
lo spaccio non è stato eccezionale né occasionale;

norme della stessa indole (artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990), sono stati
commessi in lasso temporale contenuto (marzo e maggio 2009) con identiche
modalità esecutive e/o organizzative e nello stesso ristretto contesto territoriale;
non vi era per esso ricorrente possibilità di spaccio autonomo nella piazza in cui
operava per il clan Lo Russo; la cessione del maggio 2009, secondo le espresse
emergenze della sentenza di condanna, è inserita in contesto organizzativo;
l’omessa indicazione della detta cessione nel corso della sua collaborazione con
la giustizia non è indicativa di estraneità al contesto criminale in cui operava, non
avendo egli mai elencato in modo capillare e analitico le singole strade o zone
del quartiere Piscinola ove spacciava, né essendogli stata mai rivolta alcuna
domanda sul correo Fabio Fortunato;
– analoghe considerazioni valgono per le sentenze di cui ai punti 4 e 5 con
riguardo ai reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (e non ai reati di cui agli
artt. 628 e 629 cod. pen., per i quali è stato assolto), rispetto ai quali si sono
solo affermate nella ordinanza impugnata la distanza temporale e la eterogeneità
delle modalità di commissione, quando invece si è trattato di cessioni di
stupefacenti della medesima tipologia (crack), commesse in ravvicinato lasso
temporale, nello stesso quartiere e con le stesse modalità attuative e
organizzative, ed egli stesso, come riportato nella sentenza del 28 dicembre
2011, ha dichiarato di avere commesso attività di spaccio dal 2006 al 2009
nell’interesse del clan di appartenenza.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta concludendo per la inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, che attiene al contestato rigetto della richiesta di
riconoscimento del vincolo della continuazione, è fondato e merita accoglimento.

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– i fatti hanno, pertanto, integrato la violazione della stessa norma ovvero di

2. A norma dell’art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell’esecuzione può
applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o
decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa
persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati
secondo i criteri dettati dall’art. 81 cod. pen.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la continuazione
presuppone l’anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale,
già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi

tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di
vita o a un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo
secondo contingenti opportunità, quale quello tipico dell’associazione per
delinquere (tra le altre, Sez. 1, n. 3834 del 15/11/2000, dep. 31/01/2001,
Barresi, Rv. 218397; Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004, dep. 19/04/2004,
Tuzzeo, Rv. 229052; Sez. 1, n. 35797 del 12/05/2006, dep. 25/10/2006,
Francini, Rv. 234980; Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, Di
Maria, Rv. 243632; Sez. 1, n. 48125 del 05/11/2009, dep. 17/12/2009, Maniero,
Rv. 245472; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, dep. 12/11/2010, Marigliano, Rv.
248862).
Né, in particolare, è configurabile la continuazione tra il reato associativo e
quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio
criminoso ed essendo finalizzati al rafforzamento del medesimo, non erano
programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingenti e
occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione
stessa ovvero dell’ingresso del soggetto nella stessa (tra le altre, Sez. 5, n.
23370 del 14/05/2008, dep. 10/06/2008, Pagliara, Rv. 240489; Sez. 1, n. 13609
del 22/03/2011, dep. 05/04/2011, Bosti, Rv. 249930).

3. L’ordinanza impugnata non si è adeguata a tali principi, pienamente
condivisi dal Collegio.
Il Giudice dell’esecuzione, infatti, pur partendo dall’esatto rilievo in diritto
che l’assoluta diversità sul piano ontologico dei reati posti in essere dall’agente e
la distanza di tempo intercorsa tra il loro compimento escludono il nesso della
continuazione e riconducono i fatti a un generico programma di protratta attività
delinquenziale, atteggiandosi ognuno come “frutto di autonoma decisione
determinata da circostanze eccezionali”, ha limitato la sua decisione al rilievo,
sotto un primo profilo, del lasso temporale tra i fatti accertati e della
eterogeneità delle modalità di commissione, e, sotto un secondo profilo, della
episodicità della cessione di stupefacente del 5 maggio 2009, non riconducibile al
contesto associativo né a un programma criminoso specifico.
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linee, e tale situazione è ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel

È stato, invece, omesso ogni riferimento alla natura e all’oggetto dei reati
oggetto della richiesta (escludendosi, perché non oggetto del proposto ricorso, il
reato commesso il 15 luglio 2004), indicati con generico richiamo alle norme
incriminatrici (artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990), ai luoghi di commissione
degli stessi, alle modalità organizzative, oltre che attuative, delle operate
cessioni, ai limiti della contestazione del reato associativo in rapporto ai reati già
con esso unificati per continuazione in sede di cognizione e a quelli oggetto della
richiesta in executivis, alla intervenuta condanna o assoluzione del ricorrente per

cessione di stupefacente con sentenza dell’i aprile 2008, e alle emergenze delle
sentenze di condanna per i singoli reati o gruppi di reati.
In tal modo il Giudice dell’esecuzione, che doveva procedere alla disamina
delle fattispecie, così come rilevabili dalle prospettazioni difensive e dalle
allegazioni delle condanne, poste a sostegno dell’istanza di applicazione della
disciplina del reato continuato, e ai relativi accertamenti, e verificare, attraverso
le valutazioni espresse in ciascuna sentenza, prodotta o acquisita, dal Giudice
della cognizione, i dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati e
sintomatici della loro rapportabilità alla specifica, unitaria e originaria, ideazione
criminosa sulla quale poggia l’istituto della continuazione, ha svolto una disamina
astratta e generica, la correttezza delle cui conclusioni non è suscettibile di reale
verifica.

4. Avuto riguardo a tali emergenze, si impone l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza impugnata per nuovo, più approfondito, esame tenendo presenti i
rilievi formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.i.p. del
Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma il 16 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

i reati di rapina aggravata e tentata estorsione, giudicati unitamente al reato di

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