Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49128 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49128 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
De Nigris Francesca, nata a Benevento il 04/10/1960

avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 25/10/2013

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata, esclusa l’aggravante contestata, perché l’azione penale non
avrebbe dovuto essere esercitata per difetto di querela;
udito per la ricorrente l’Avv. Federico Paolucci, il quale ha concluso per
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 12/11/2015

1. Il 25/10/2013, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza
emessa il 05/12/2007 dal Tribunale di Benevento nei confronti di Francesca De
Nigris, imputata del delitto di furto aggravato, in ipotesi commesso presso un
supermercato; secondo l’assunto accusatorio, la donna si era impossessata di
generi alimentari esposti sulle scaffalature dell’esercizio commerciale,
occultandoli all’interno di una borsa, quindi era transitata dinanzi alle casse
presentando per il pagamento altri beni, in quantità e per importo inferiori al
dovuto.

Ad avviso dei giudici di merito, la condotta descritta integrava

per poi disporsi a pagare solo quel che era stato lasciato in vista risultava
«idonea ad eludere la vigilanza dell’operatore di cassa».

2. Propone ricorso il difensore della De Nigris, che lamenta la violazione
dell’art. 625, comma primo, n. 2, cod. pen.
Secondo la difesa, non si rinviene nel caso di specie l’elaborazione da parte
del soggetto attivo di uno stratagemma idoneo a rendere più agevole la
commissione del furto, aggirando gli ostacoli correlati alla ordinaria vigilanza e
custodia delle cose altrui: l’imputata, infatti, si limitò all’accorgimento banale ed
immediato di riporre quel che intendeva sottrarre all’interno della borsa,
accessorio del tutto ordinario e che certamente la De Nigris non aveva portato
con sé per conferire alla condotta una più marcata offensività. Ne deriva che il
reato avrebbe dovuto derubricarsi in furto semplice, per il quale non risulta
essere mai stata presentata querela, né dal legale rappresentante della società
titolare del supermercato, né da parte del responsabile del punto vendita de quo.
Nel ricorso si richiamano le indicazioni offerte dalla giurisprudenza di
legittimità, in particolare con la sentenza delle Sezioni Unite n. 40354 del
18/07/2013 (ric. Sciuscio).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti già chiarito che «nel reato di
furto, l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in
essere nel corso dell’azione delittuosa dotata di marcata efficienza offensiva e
caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la
contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato
a difesa dei beni di cui ha la disponibilità» (Cass., Sez. U, n. 40354 del
18/07/2013, Sciuscio, Rv 255974). In applicazione del principio ora richiamato,

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l’aggravante del mezzo fraudolento, giacché la manovra di nascondere la merce

si è dunque esclusa la configurabilità dell’aggravante

de qua nel caso di

occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di
vendita self service.

Nella motivazione della sentenza Sciuscio si chiarisce più diffusamente che
«tradizionalmente il furto con frode […] viene riferito a tipiche, ricorrenti
situazioni come l’uso di chiavi false o grimaldelli, la scalata dell’edificio, l’uso di
carte bancomat false e simili. Meno classificabile e più raro l’uso di raggiri o
artifizi volti ad ingannare la vittima in modo che sia favorita l’acquisizione della

efficienza offensiva, che sorprende la contraria volontà del detentore, vanifica le
difese che questi ha apprestato a difesa della cosa ed agevola la spoliazione della
vittima.
fattispecie.

Due gli elementi di valutazione che si traggono da tale analisi della
Da un lato, l’istanza di speciale funzionalità aggressiva della

condotta, attuata con artata predisposizione di mezzi o con ingannevole messa in
scena. Dall’altro, la speciale gravità delle conseguenze sanzionatorie che da tale
predisposizione derivano. Coniugando tali coordinate, ne discende pianamente
che un’interpretazione dell’idea di frode, con riferimento alla fattispecie di furto,
deve tendere ad individuarvi condotte che concretino l’aggressione del bene con
marcata efficienza offensiva, proporzionata allo speciale rigore sanzionatorio.
Tale interpretazione è ispirata al principio di offensività […], afferente […] non al
nucleo offensivo del reato ma alle modalità offensive, aggressive, della condotta
[…]. La condotta di spoliazione può rivelare diversi gradi di accuratezza nel
contrastare le difese della vittima. Allora, alla luce delle considerazioni generali
qui prospettate, la frode si riferisce non a qualunque banale, ingenuo, ordinario
accorgimento, ma richiede qualcosa in più: un’astuta, ingegnosa e magari
sofisticata predisposizione. Entro questo ordine di idee traspare che il mero
nascondimento nelle tasche, in borsa, sulla persona di merce prelevata dai
banchi di vendita costituisce un mero accorgimento, banale ed ordinario in tale
genere di illeciti; privo dei connotati di studiata, rimarchevole efficienza
aggressiva che caratterizza l’aggravante. Per contro, uno sguardo ai casi proposti
dalla prassi, consente di individuare condotte che presentano i tratti di
scaltrezza, ingegnosità che connotano e delimitano la fattispecie. Ad essi occorre
riferirsi, sia pure solo esemplificativamente, per sottrarre, per quanto possibile,
l’argomentazione all’astrattezza. E’ allora sufficiente richiamare i casi del doppio
fondo o della panciera per occultare abilmente la merce, o di accorgimenti per
schermare le placche antitaccheggio».
Nel caso di specie, già la sentenza di primo grado aveva chiarito che la De
Nigris si era limitata – secondo quanto riferito da un addetto alla vigilanza
presso il supermercato, escusso quale testimone – ad «occultare nella propria

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cosa. Si richiede, in breve, una condotta caratterizzata da marcata, insidiosa

borsa della merce (alimentari e profumi) prelevati dai banchi destinati
all’esposizione»: l’azione era stata oggetto di specifico controllo da parte del
suddetto teste, che poi aveva fermato l’imputata «dopo che quest’ultima aveva
provveduto a pagare alla cassa merce diversa da quella occultata». Né assume
valenza fraudolenta la condotta di transitare dinanzi al personale di cassa
esibendo articoli che ci si disponga a pagare regolarmente (sapendo di averne
altri occultati indosso o in una borsa), visto che un normale avventore ben può
uscire da un esercizio commerciale non avendo effettuato acquisti e senza che

L’aggravante ipotizzata, pertanto, non appare ravvisabile, come confermato
dalla giurisprudenza di legittimità che ha fatto seguito alla sentenza Sciuscio,
adeguandosi costantemente all’interpretazione ivi offerta (v., ad esempio, Cass.,
Sez. IV, n. 8094 del 29/01/2014, Pisani, Rv 259288, secondo cui «nel delitto di
furto, non integra l’aggravante del mezzo fraudolento il mero nascondinnento
sulla persona della merce sottratta a un esercizio commerciale, trattandosi di
banale e ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese
apprestate a tutela del bene»).
Ne deriva la conseguente necessità di qualificare il reato in rubrica come
furto semplice, il che impone di adottare le determinazioni di cui al dispositivo,
stante il rilievo che non risulta pacificamente mai presentata alcuna istanza
punitiva della De Nigris – o, comunque, dell’autore della condotta della quale si
discute – da parte dell’avente diritto. Come risulta dall’esame degli atti, il già
ricordato addetto alla vigilanza rappresentò che ad un altro soggetto era stata
rilasciata una procura idonea al fine di presentare atti di querela, e che questi vi
avrebbe certamente provveduto: incombenza che, al contrario, non venne curata
neppure dal direttore del punto vendita, che pure vi sarebbe stato titolato. La
stessa sentenza Sciuscio ha infatti affermato l’ulteriore principio di diritto
secondo cui «il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo
dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal
possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da
una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa,
che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con
il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può
configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce
in modo clandestino o illecito. Ne discende che, in caso di furto di una cosa
esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla
proposizione della querela è anche il responsabile dell’esercizio stesso, quando
abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce».

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ciò costituisca ex se motivo di sospetto.

P. Q. M.

Qualificato il fatto come furto semplice, annulla senza rinvio la sentenza
impugnata, perché l’azione penale non avrebbe dovuto essere esercitata per
difetto di querela.

Così deciso il 12/11/2015.

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