Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49112 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49112 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDO CARLO N. IL 14/07/1959
avverso l’ordinanza n. 420/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 03/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
(e/sentite le conclusioni del PG Dott. t.c,”9-r,-,,45 eteste,

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Data Udienza: 21/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria,
sezione per il riesame, ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di Lombardo
Carlo avverso l’ordinanza emessa il 26 marzo 2013 dal Giudice dell’udienza
preliminare del medesimo ufficio giudiziario, con la quale è stata rigettata la
richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere con altra meno
afflittiva.

carcere perché raggiunto da gravi indizi di reità in ordine al delitto di cui
all’articolo 74 T.U. Stup. e a diversi fatti di cessione di sostanze stupefacenti. In
sostanza, lo si è ritenuto raggiunto da gravi indizi di reità per aver fatto parte di
un sodalizio dedito all’attività di spaccio di stupefacenti nella provincia reggina e
per aver compiuto diversi fatti di cessione illecita, nel periodo tra il 9 maggio ed
il 12 settembre 2007.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale rileva che la deduzione difensiva
faceva perno sulla riqualificazione delle originali imputazioni operata dal Giudice
dell’udienza preliminare nei confronti dei coimputati che avevano optato per il
rito abbreviato, così accertando che il sodalizio era dedito alla commissione di
fatti di spaccio di lieve entità, secondo la previsione del comma 6 dell’art. 74 cit.
Il Collegio territoriale ha rigettato l’appello rilevando che la posizione del
Lombardo fosse caratterizzata per la non trascurabile gravità dei fatti ascrittigli e
per il forte radicamento e l’ampio ambito geografico di riferimento del sodalizio;
ha quindi concluso che la gravità degli addebiti mossi all’appellante giustifica il
permanere delle esigenze cautelari originariamente apprezzate, non potendosi
attribuire rilevanza ai fini della attenuazione del trattamento cautelare alla
misura del tempo decorso dall’esecuzione della misura custodiale e al sostanziale
stato di incertezza del Lombardo.

2. Ricorre per cassazione nell’interesse del Lombardo il difensore di fiducia
avv. Antonio Nocera.
2.1. Con un primo motivo deduce vizio di motivazione, in quanto la
premessa dalla quale ha preso le mosse il ragionamento del Tribunale del
riesame, ovvero che l’istanza fosse fondata sulla riqualificazione dei delitti ascritti
ai coindagati, è errata: l’istanza di concessione degli arresti domiciliari era
fondata sulla inattualità e sulla inadeguatezza della misura del carcere con
riferimento al tempo dal quale era cessata la consumazione del reato (estate del
2007) e dalla limitatezza del periodo durante il quale si collocavano quei reati.
Inoltre si evidenziavakiil Lombardo era rimasto estraneo alle indagini che,

2

Il Lombardo risulta essere stato posto in stato di custodia cautelare in

eseguite successivamente, avevano investito molti dei soggetti con lui
coindagati. Per contro, l’ordinanza impugnata fa riferimento alla intervenuta
riqualificazione dei reati ed è manchevole di qualsivoglia motivazione sugli esatti
rilievi difensivi.
2.2. Un secondo motivo è articolato in rapporto a violazione di legge
processuale e a vizio motivazionale, non avendo il Tribunale spiegato l’omessa
considerazione di elementi specifici che permettono di ritenere che le esigenze
cautelari nel caso di specie possono essere soddisfatte con altre misure.

oggi non siano emersi a carico dell’indagato ulteriori reati, a differenza di quanto
)
si deve registrare per i soggetti che avrebbero concorso con lui nel reato; la
circostanza dell’avvenuta riqualificazione dei reati; la comprovata condizione di
indigenza economica dell’indagato.
2.3. Con un terzo motivo si deduce vizio motivazionale in ordine
all’adeguatezza e alla proporzione di una misura meno afflittiva: il Tribunale ha
omesso qualsiasi motivazione in merito alle denunciate inattualità e sproporzione
della detenzione carceraria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
3.1. In via preliminare va reso esplicito che oggetto del giudizio in sede
distrettuale era unicamente la persistenza e l’intensità delle esigenze cautelari.
Si deve quindi prescindere da ogni valutazione in merito ai gravi indizi di
reità identificabili a carico del Lombardo.
Orbene, vale rammentare che, in materia di misure cautelari personali,
l’obbligo previsto dal secondo comma dell’art. 292, lett. c bis) cod. proc. pen., di
esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla
difesa, è imposto sia al giudice che emette l’ordinanza sia al tribunale della
libertà che rigetta la richiesta di riesame, allorchè tali elementi siano
prospettati dinanzi a quest’ultimo (Sez. 1, n. 4777 del 15/11/2011 – dep.
07/02/2012, Borgnis, Rv. 251848). Mutatis mutandijciò vale anche per l’ipotesi
in cui il giudice sia chiamato a delibare una richiesta di revoca o di sostituzione
della misura: l’art. 299, co. 3ter cod. proc. pen. prevede che il giudice decida
valutando gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione; e tale valutazione
deve trovare riscontro nella motivazione. Opera quindi anche in tale ipotesi il
principio in virtù del quale, in tema di misure cautelari, il sindacato della
cassazione circa la mancanza dei requisiti di cui agli artt. 273 e 274 cod. proc.
pen. è limitato alla verifica dell’adempimento, da parte del giudice di merito,
degli obblighi impostigli dall’art. 292 stesso codice: il controllo di legittimità deve
anche in tal caso limitarsi alla verifica dell’esistenza, nella decisione impugnata,

3

L’esponente indica, al riguardo, il fatto che ) dalla data del commesso reato ad

di una motivazione adeguata e non manifestamente illogica, idonea a dimostrare
la perduranza delle esigenze cautelari previste dall’art. 274, sul presupposto
implicito che non siano venute meno nel frattempo le condizioni di applicabilità
della predetta misura cautelare (così, Sez. 2, n. 3944 del 13/10/1993 – dep.
22/10/1993, Venezia, Rv. 195228).
Nel caso che occupa il Tribunale del riesame ha del tutto omesso di prendere
in considerazione il rilievo difensivo per il quale la lontana e racchiusa
collocazione temporale dei fatti ascritti al Lombardo esprime incidenza

rilievo alla intervenuta modificazione della qualificazione dei reati ad opera del
giudice nell’ambito del rito abbreviato celebrato nei confronti dei coimputati,
affermando che analoga qualificazione non valeva per il Lombardo, il Collegio
distrettuale ha preso in esame il fattore tempo sotto una prospettiva del tutto
differente, ovvero guardando al tempo trascorso tra l’instaurazione del vincolo
personale e quello della deliberazione gravata. Si tratta di questioni la cui non
coincidenza è di tutta evidenza, come emerge dall’analisi che delle due distinte
evenienze ha operato questa Corte. Riguardo all’intervallo temporale che ha ad
un suo estremo l’instaurazione della misura e dall’altro il tempo della richiesta di
revoca o di sostituzione della misura, il principio giurisprudenziale insegna che il
mero decorso del tempo dalla esecuzione della misura non è di per sé espressivo
di una attenuazione delle esigenze cautelari (ex multis, Sez. 2, n. 21424 del
20/04/2011 – dep. 27/05/2011, Filia, Rv. 250253, per la quale devono essere
valutati “ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica”).
Per converso, con riguardo alla distanza temporale tra il reato e la
valutazione cautelare si afferma che “in tema di misure coercitive, la distanza
temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare, giacché
tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare,
comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in relazione a detta attualità sia
in relazione alla scelta della misura (Sez. 6, n. 27865 del 10/06/2009 – dep.
07/07/2009, Scollo, Rv. 244417).
Tanto importa che, a fronte di una richiesta di sostituzione della misura in
essere che si richiami alla lontananza nel tempo dei fatti-reato, va
autonomamente apprezzato se tale fattore abbia assunto una sinergica incidenza
in senso attenuante della pericolosità sociale del prevenuto. Né può ritenersi che
la valutazione già compiuta dal giudice che ha emesso il provvedimento ed
eventualmente anche dal Tribunale del riesame che quello ha confermato
consegni tale elemento ad una definitiva irrilevanza; poiché è palese che la
lontananza nel tempo del fatto-reato può assumere valore esplicativo
progressivamente maggiore mano a mano che anche il periodo di carcerazione

sull’intensità delle esigenze cautelari. Infatti, dopo aver preso in esame e negato

subita vada ampliandosi, potendo dare dimostrazione dell’insorgenza di
mutamenti delle scelte personali del prevenuto che devono trovare
corrispondenza nel regime cautelare.
La censura difensiva si manifesta quindi fondata, poiché si registra sul tema
una assoluta mancanza di motivazione. Il che impone l’annullamento del
provvedimento impugnato, con trasmissione degli atti al Tribunale di Reggio
Calabria, per nuovo esame.
Deve essere disposto inoltre che copia del presente provvedimento sia

quanto stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per
nuovo esame.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso
al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21/11/2013.

trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a

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