Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49106 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49106 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VAIANO CARLO N. IL 10/02/1948
avverso l’ordinanza n. 96/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
13/05/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
lette/sepite le conclusioni del PG Dott.

QAC IA-AACZQYV~lt)

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 24/10/2013

4664/2012

1.Con ordinanza in data 13 maggio 2010 la Corte di appello di Napoli ha
accolto l’istanza di riparazione dell’ ingiusta detenzione sofferta da Vaiano
Carlo liquidando in favore del medesimo la somma di euro 52257,68.
La Corte dava atto che il predetto era stato tratto in arresto il 15 giugno
1995 fino al 27.10.1995; la misur. / -r2otsctataLpoi ripristinata dal 15 novembre
1995 fino al 16 aprile 1996 quan e e venégédefinitivamente scarcerato per
revoca dell’ordinanza cautelare per il ritenuto venire meno delle esigenze
cautelari; l’accusa era quella di aver partecipato, insieme ad altri imprenditori,
all’acquisizione del controllo egemonico del territorio da parte di una
associazione mafiosa, accusa da cui era stato assolto per non aver commesso il
fatto. La Corte escludeva la colpa grave dell’istante e, per quanto concerne il
‘quantum’ dell’indennizzo / riteneva di doversi attestare sul parametro medio di
liquidazione indicato dalla giurisprudenza e cioè euro 235,82 giornalieri per il
periodo di detenzione carceraria; tenuto conto che la custodia cautelare in
carcere si era protratta per 277 giorni, si aveva la somma di 65322,14, in
ipotesi spettante al Vaiano per il titolo in questione; tale cifra, a giudizio della
Corte, andava congruamente ridotta nella misura del venti per cento, sia in
relazione alla durata complessiva della custodia cautelare, sia perché le
possibili conseguenze del provvedimento restrittivo della libertà sull’attività
imprenditoriale all’epoca svolta dal ricorrente (conseguenze da questi
sottolineate in un’ampia memoria) non
apparivano di particolare rilievo dal momento che lo stesso Vaiano Carlo nel
corso del giudizio aveva sempre sostenuto di aver svolto un ruolo meramente
esecutivo di iniziative decisionali del fratello Guido, anch’ egli coinvolto nel
processo.
2.Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di
Vaiano Carlo. Lamenta violazione dell’art. 606 lett. bece degli artt. 314, 315
cpp in relazione alle ragioni per le quali è stata operata la decurtazione della
somma ottenuta in base al parametro aritmetico nonché in relazione alla
omessa valutazione dei danni materiali e morali subiti, debitamente
documentati dall’istante.
3. E’ stata depositata una memoria per il Ministero dell’Economia con la quale
si eccepisce la tardività del ricorso e si sostiene la correttezza della decisione
assunta dalla corte d’appello di Napoli.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Deve preliminarmente darsi atti della tempestività del presente ricorso che,
come si evince chiaramente dal timbro apposto dalla cancelleria, risulta
depositato il 20 luglio 2011 e non il 28 come eccepito dalla avvocatura.

.G

RITENUTO IN FATTO

3

2.11 ricorso è fondato. Giova al riguardo ricordare che i principi fondamentali
cui aver riguardo nella determinazione dell’indennizzo dovuto a colui che abbia
subito una detenzione ingiusta, sono stati chiariti *eri% due pronunce rese dalle
sezioni unite di questa Corte, la prima delle quali (sentenza n. 1 del 13.1.1995,
Ministero Tesoro in proc. Castellani rv.201035) ha chiarito che
l’azione
prevista dagli artt. 314 e 315 cpp non
ha funzione risarcitoria, ma
indennitaria in quanto diretta ad ottenere il ristoro delle sofferenze di ordine
personale e familiare derivanti a un soggetto da un atto giudiziario
pienamente legittimo ed ha svincolato la liquidazione dall’esclusivo riferimento
a parametri aritmetici o comunque da criteri rigidi, stabilendo che si deve
basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo
della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente,
delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della
liberta’. La seconda (sentenza n.24287 del 9.5.2001, Ministero del Tesoro in
proc. Caridi) ha indicato le modalità di calcolo del parametro matematico al
quale riferire, in uno con quello equitativo, la liquidazione dell’indennizzo,
nel senso che esso e’ costituito dal rapporto tra il tetto massimo
dell’indennizzo di cui all’art. 315, comma 2, cod. proc. pen., e il termine
massimo della custodia cautelare, di cui all’art. 304, espresso in giorni,
moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione
subita. E’ stato dunque del tutto abbandonato il criterio di cui all’art. 135 cod.
pen., dettato per il ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie in caso di
condanna, invocato dall’Avvocatura nella memoria depositata, ma che la
giurisprudenza di questa Corte ha, con giurisprudenza ormai consolidata,
ritenuto del tutto estraneo alla materia della ingiusta detenzione.
In particolare con la prima di queste sentenze ( le sezioni unite hanno
individuato i due criteri cui si deve avere riguardo nel proporzionamento della
riparazione, che consistono nella durata della custodia cautelare e nelle
conseguenze personali e familiari derivanti dalla privazione della liberta’; criteri
indicati nell’articolo 643, I comma, c.p.p., richiamato dal III comma
dell’articolo 315 dello stesso codice e dunque applicabili anche alla riparazione.
Ed hanno precisato che questi criteri, molto lati, consentono di abbracciare
qualsiasi danno, patrimoniale e morale, diretto o mediato, che sia in rapporto
eziologico con la ingiusta detenzione, che gli stessi rappresentano parametri
generici di giudizio, nel senso che non sono scomponibili in singole voci
dettagliata mente e aritmeticamente liquidabili, poiche’, altrimenti, si
ricadrebbe nel criterio proprio della concezione risarcitoria e non di quella
riparatoria. Cio:»pn,siRnifica, tuttavia, – proseguono le sezioni unite – che, ove
vengano allegilTv> é
i cisi pregiudizi, il giudice non li debba valutare nella
quantificazione complessiva. Compito del giudice, infatti, e’ assicurare l’equita’
della riparazione nel caso sottoposto al suo esame, equita’ che, se vengono
indicate specifiche voci di danno (un particolare danno psico/fisico scaturito
dalla detenzione; la perdita di un determinato lavoro o affare; la particolare
risonanza del fatto, dovuta anche alla qualita’ della persona, nell’ambiente di
lavoro e in famiglia; un particolare disagio familiare; ecc.), non puo’ essere
conseguita se non attribuendo a quelle voci il loro peso, non dovendo
dimenticarsi che lo scopo della legge, se non e’ il risarcimento, e’ pur sempre
quello di consentire, a colui che e’ stato privato della liberta’, di riappropriarsi

p.t.m.
– Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli cui
rimette anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.
Così deciso il 24.10.2013.

della propria vita sociale, lavorativa e familiare, di quella determinata vita
sociale, lavorativa e familiare, ingiustamente interrotte.
E’ poi pacifico (per tutte sez. IV 21.4.2009 n.25901 Rv.244226) che il controllo
sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione per ingiusta
detenzione è sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il
giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento ma non
sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennità, a meno che, lo stesso
giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero
abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta.
Nella specie la ordinanza della Corte di appello di Napoli appare illogica laddove
ritiene di ridurre il parametro aritmetico (in misura del venti per cento) in
relazione sia alla durata complessiva della custodia cautelare sia al fatto che le
conseguenze patrimoniali sull’attività imprenditoriale non apparivano di
particolare rilievo, avendo il Vaiano sostenuto di aver svolto in tale attività un
ruolo subordinato a quello del fratello. Non è infatti agevole comprendere cosa
abbia voluto intendere la Corte di Napoli con tali affermazioni, specie tenuto
conto che il c.d. parametro aritmetico costituisce un parametro medio di
liquidazione rapportato a giorno e commisurato in via principale alle
conseguenze personali e familiari della detenzione; lo stesso è normalmente
idoneo a costituire ristoro anche dei danni patrimoniali, e pertanto, mentre
non appare logico ridurlo per la considerazione che tali danni non sono stati
rilevanti, è certamente consentito non aumentarlo per tale considerazione; di
ciò terrà conto il giudice di rinvio nella nuova determinazione allo stesso
rimessa che dovrà prendere in esame anche la richiesta di danni ulteriori
avanzata con l’istanza e valutare, ove opportunamente documentata,
l’indennizzabilità degli stessi.

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