Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49104 del 04/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 49104 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Coppola Maurizio nato a Casoria il 14/8/1979
avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona, sezione del riesame in data
7/8/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott.ssa Marilia Di Nardo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 13/7/2015 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Ancona disponeva l’applicazione della misura della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Coppola Maurizio in relazione ad una
serie di rapina pluriaggravate ai danni di agenzia di istituti bancari.
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame l’indagato
contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze
cautelari meritevoli di tutela attraverso la misura della custodia in carcere.
1.2. Il Tribunale di Ancona, sezione del riesame, con ordinanza del 7/8/2015,

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Data Udienza: 04/12/2015

respingeva l’istanza proposta, confermando il provvedimento impugnato.

2. Ricorre per Cassazione l’indagato, sollevando il seguente motivo di
gravame: nullità dell’ordinanza per mancanza assoluta di motivazione e
violazione del diritto di difesa. Contesta in particolare la ritenuta
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ravvisati solo sulla base di un
ipotizzato uso da parte dell’indagato di due telefonini e tre schede
telefoniche.

3. Il ricorso risulta fondato e merita accoglimento. Specificamente dalla
lettura del provvedimento impugnato non risulta quali siano i gravi indizi di
colpevolezza emersi a carico dell’attuale ricorrente in relazione alle diverse
rapine descritte nella provvisoria imputazione riportata nell’ordinanza
applicativa della misura cautelare emessa dal giudice per le indagini
preliminari di Ancona, essendosi limitato il Tribunale a riportare gli indizi
genericamente attribuiti ai componenti di un medesimo gruppo criminale,
del quale farebbe parte l’attuale ricorrente; segnatamente il Tribunale non
spiega neppure in relazione a quali rapine il Coppola e’ indagato e quindi
non e’ dato di comprendere come gli elementi emersi dall’analisi dei
tabulati possono essere collegati alla ipotizzata partecipazione dell’indagato
stesso ai fatti delittuosi provvisoriamente contestati.
E’ pur vero che nell’ordinanza cautelare genetica sopra richiamata e’
contenuta una completa analisi degli elementi indiziari acquisiti a carico
dell’indagato esaminati in relazione alle diverse rapine ed a tali valutazioni
si e’ rifatto il Tribunale di Ancona in sede di riesame del provvedimento
applicativo della misura cautelare. Ma rileva, al riguardo, il Collegio che, in
tema di motivazione

per relationem,

e’ legittima la decisione che,

disattendendo le censure dell’appellante, si uniformi, sia per la

ratio

decidendí, sia per gli elementi di prova, ai medesimi argomenti valorizzati

dal primo giudice, se la consistenza probatoria di essi è così prevalente ed
assorbente da rendere superflua ogni ulteriore considerazione, come
nell’ipotesi in cui siano dedotte questioni già esaminate o risolte, oppure
questioni generiche, superflue o palesemente inconsistenti; solo in queste
ipotesi il giudice dell’impugnazione può motivare per

relationem

e

trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o
manifestamente infondati (sez. 5 n. 3751 del 15/2/2000, Rv. 215722; sez.
4 n. 38824 del 17/9/2009, Rv. 241062); viceversa deve considerarsi viziata

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CONSIDERATO IN DIRITTO

da difetto di motivazione la sentenza di appello che, in presenza di
specifiche censure su uno o più punti della decisione impugnata, motivi per
relationem, limitandosi a richiamare quest’ultima (sez. 3 n. 24252 del
13/5/2010, Rv. 247287). In sostanza in questo caso il giudice di appello
non può limitarsi a riprodurre la decisione confermata, dichiarando in
termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici
motivi d’impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni
adottate dal giudice di primo grado e senza argomentare sull’inconsistenza

schema della motivazione per relationem (sez. 6 n. 49754 del 21/11/2012,
Rv. 254102). Detti principi devono a maggior ragione trovare applicazione
nel giudizio di riesame avverso provvedimenti restrittivi della libertà anche
personale, avendo questa Corte, costantemente, affermato che, in tema di
misure cautelari, l’obbligo di motivazione non può ritenersi adempiuto
qualora l’ordinanza del tribunale della libertà contenga una motivazione per
relationem che si risolva nel mero richiamo alle argomentazioni svolte nel
provvedimento impugnato, omettendo la valutazione delle doglianze
contenute nella richiesta di riesame (sez. 1 n. 43464 del 1/10/2004, Rv.
231022; sez. 6 n. 9752 del 29/1/2014, Rv. 259111). Ed appunto nel caso
di specie il Tribunale di Ancona non si e’ adeguatamente confrontato con le
doglianze che erano state sollevate in sede di riesame con specifico
riferimento alla mancata indicazione degli elementi in forza dei quali i
telefonini e le schede telefoniche utilizzati in concomitanza della
consumazione di alcune delle rapine erano stati collegati alla persona
dell’attuale imputato nonché con riguardo ai dubbi che erano stati
manifestati in sede di riesame circa la valenza indiziaria di un
riconoscimento del ricorrente effettuato, non con certezza, da parte di
persona estranea ai dipendenti dell’istituto bancario dove era stata
consumata una delle rapine.
Per colmare adeguatamente il segnalato deficit di motivazione
l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di
Ancona per nuovo esame. Inoltre, poiché dalla presente decisione non
consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi
dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di
procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario ove l’indagato si trova ristretto perché provveda a
quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

3

o sulla non pertinenza degli stessi, non potendosi in tali casi evocare lo

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Ancona per nuovo
esame.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di at-

Così deliberato in camera di consiglio, il 4 dicembre 2015

tuazione del codice di procedura penale.

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