Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49102 del 12/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49102 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. PAREDES JOVINO N. IL 20.03.1975
2. CAROLU MARTINEZ CARLOS N. IL 01.05.1974
3. DIFO CALCANO MIGUEL RAMON N. IL 16.09.1989
Avverso la sentenza del GUP presso il TRIBUNALE DI TREVISO del 27/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, viste le
conclusioni del PG in persona del dott. Tindari Baglione che ha chiesto l’annullamento con
rinvio dell’impugnata sentenza per difetto di motivazione circa le disposte espulsioni dal
territorio dello Stato e la confisca delle cose sequestrate a Difo Calcano Miguel Ramon e il
rigetto nel resto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza ex art. 444 c.p.p. emessa in data 27 novembre 2012 il GIP presso il
Tribunale di Treviso applicava i per quanto rileva in questa sede) la pena concordata
agli odierni ricorrenti, disponendo la confisca di tutto quanto sequestrato e
l’espulsione del Difo dal territorio nazionale dopo l’ spiazione della pena.
Avverso
tale decisione proponevano ricorsoJDifo Calcano Raguel Ramon
2.
deducendo la carenza di motivazione con iferimento alla verifica della
insussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. nonché l’incongruità
della pena, il mancato riconoscimento dell’attenuante della minima partecipazione
ovvero l’errata qualificazione del fatto; la carenza e contraddittorietà della
x motivazione sulla disposta espulsione.
-t-)Carolu Martinez Carlos deduceva l’erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p. e 133
53
c.p.in merito alla commisurazione della pena inflitta e l’erronea applicazione
degli
artt. 235 c.p. e 15 D.Igs.vo n. 286/1998 e 86 d.P.R, n. 309/1990;c aredes Jovino
infine parimenti deduceva l’erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p. e 133 c.p.in
merito alla commisurazione della pena inflitta e la cafrenza e/o difetto di
motivazione in merito alla mancata concessione delle attenuanti generiche

Data Udienza: 12/07/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnata sentenza ha disposto la confisca “di tutto quanto sequestrato ai
prevenuti”.
Il Difo lamenta che fra detti beni erano ricompresi il cellulare e gala chiavi,
oggetti del tutto estranei e non rientranti nella espressa previsione di cui all’art.
240 comma 2 c.p. come richiamato dall’art. 445 c.p.p.
La censura è fondata: a seguito della modifica legislativa intervenuta con l’entrata
in vigore della L. 12 giugno 2003, n. 134 – il cui art. 2, lett. a) ha modificato
dell’art. 445, il comma 1 è infatti oggi consentita la confisca non solo nei casi in
cui, per l’art. 240 c.p., tale misura di sicurezza è obbligatoria ma altresì nei casi in
cui sia facoltativa. Trattandosi comunque di confisca facoltativa, devono applicarsi
i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudice di
merito deve motivare sulla circostanza che la libera disponibilità del bene possa
costituire un incentivo alla reiterazione della condotta criminosa e questa
valutazione, se correttamente e logicamente motivata, è incensurabile in sede di
legittimità (cfr. Cass., sez. 2, 3 dicembre 2003 n. 838, Luyderer, Rv. 227864; sez.
3, 24 marzo 1998 n. 5542, Galantino, Rv. 210748; 13 giugno 1997 n. 8677, Olmi,
Rv. 209229). Nel caso in esame il giudice di merito non ha fornito alcuna
motivazione, neppure implicita, sull’esistenza del pericolo che la libera
disponibilità dei beni possa agevolare la reiterazione del reato.
4. Parimenti fondati i motivi di gravame proposti dallo stesso Difu e dal Carolu
relativamente alla disposta espulsione. Come precisato da questa Corte (cfr. Sez.
6, Sentenza n. 34438 del 12/06/2006, Mahboubi e altro, Rv. 23506), in tema di
misure di sicurezza, qualora lo straniero sia condannato per reati di spaccio di
sostanze stupefacenti, il giudice di merito ha il dovere di accertare in concreto non sussistendo a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 58 del 1995
la presunzione assoluta di pericolosità – la sussistenza della pericolosità sociale del
condannato per i suddetti reati ed alla stregua di tale accertamento, compiuto alla
luce degli elementi indicati dall’art. 133 c.p., e congruamente motivato, deliberare
l’applicabilità o meno dell’ordine di espulsione dello straniero dallo Stato (Cass.,
Sez. 4, 4 luglio 2002 n. 35953, ric. PG in proc. Saldiva e altro; Sez. 6, 6 maggio
2004 n. 26096, ric. P.G. in proc. Veizi).
L’espulsione dello straniero può essere applicata anche con la sentenza di
patteggiamento “allargato”, ai sensi degli artt. 444 c.p.p., comma 1, (novellato L.
n. 134 del 2003, ex art. 1) e art. 445 c.p.p., comma 1, quando la pena irrogata
superi i due anni di pena detentiva sola o congiunta a pena pecuniaria, ma pure in
tal caso, il giudice di merito deve effettuare, in virtù della statuizione contenuta
nella sentenza n. 58 del 1995 della Corte Costituzionale, l’accertamento della
sussistenza in concreto della pericolosità sociale dello straniero (Cass., Sez. 4, 8
giugno 2004 n. 42317, ric. Kola. P.M. Veneziano GA.
Nella specie la sentenza impugnata non ha invece offerto alcuna motivazione del
pericolo di reiterazione che ha giustificato il provvedimento di espulsione degli
imputati.
Peraltro sul punto il Carolu deduce comunque l’erroneità della disposta espulsione
in quanto cittadino italiano né la impugnata sentenza ha disposto alcun
accertamento sul punto.
5. Nel resto i ricorsi del Carolu e del Difu come pure integralmente quello del Paredes
sono infondati
Le residue censure possono essere esaminate congiuntamente in quanto tutte
relative alla dedotta violazione dell’art. 129 c.p.p. ed alla determinazione della
pena. Le stesse tendono quindi a rimettere in discussione i termini dell’accordo
finalizzato all’applicazione della pena oggetto del “patteggiamento”.
Come più volte affermato da questa Corte, in caso di patteggiamento ai sensi
dell’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e
comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare
sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal
capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione
giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di
3.

2

P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del cellulare e
delle chiavi nei confronti di Difo Calcano Miguel Ramon e alla espulsione nei
confronti del predetto Difu e di Carolu Martinez Carlos e rinvia sui punti indicati al
Tribunale di Treviso. Rigetta nel resto i ricorsi di Difo e Carolu e rigetta inoltre il
ricorso di Paredes Jovino che condanna al pagamento delle spese processuali..
Così deciso nella camera di consiglio del 12 luglio 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena
patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (Cass. 13 luglio 2006, n.
34494; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011, Rv. 252085 ),Con particolare riferimento
all’onere di verifica dell’insussistenza delle cause di proscioglimento immediato,
questa Corte ha altresì precisato che la sentenza del giudice di merito che applichi
la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi
proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., può essere oggetto di controllo di
legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della
sentenza impugnata appaia invece evidente la sussistenza di una causa di non
punibilità (Cass. 10 gennaio 2007, n. 4688). In sostanza, l’esigenza minima di
motivazione della sentenza a seguito di “patteggiamento” della pena può ritenersi
adempiuta, in relazione all’assenza di cause di proscioglimento di cui all’art. 129
c.p.p., dal semplice testuale rinvio al medesimo articolo, il cui contenuto entra in
tal modo a far parte per relationem del ragionamento decisorio ed esprime
l’avvenuta verifica, da parte del giudice, dell’inesistenza di motivi di non punibilità,
senza che occorra una ulteriore e più analitica disanima, purché dal testo della
sentenza medesima non emergano in modo positivo elementi di segno contrario.
Nella specie, la sentenza impugnata testualmente recita “non deve essere
pronunciata sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. alla luce degli
evidenti elementi di responsabilità che si rinvengono nel fascicolo d’indagini a
carico dei detti imputati, in ordine ai distinti addebiti loro ascritti”.
Tale motivazione, benché succinta, è sufficiente.
Alla luce delle osservazioni che precedono la sentenza impugnata va annullata
limitatamente alla disposta confisca del cellulare e delle chiavi nei confronti di Difo
Calcano Miguel Ramon e alla espulsione nei confronti del predetto Difu e di Carolu
Martinez Carlos con rinvio sui punti indicati al Tribunale di Treviso.Nel resto i
ricorsi di Difo e Carolu e il ricorso di Paredes Jovino vanno invece rigettati con la
conseguente condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese processuali.

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