Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49088 del 04/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 49088 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• BERBERI Britan nato a Durazzo il 26/03/1984
avverso la sentenza n.3192 emessa in data 17/04/2014 della Corte di Appello di
Milano
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Maria Di Nardo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 17/04/2013 la Corte di Appello di Milano, decidendo in
sede di rinvio, in parziale riforma della sentenza del Gip del Tribunale di Milano in
data 14/11/2012 nei confronti di Berberi Dritan, ritenuta la continuazione tra i
reati di cui ai capi a) – illecita detenzione a fini di spaccio di sostanza
stupefacente del tipo eroina ex art. 110 cod. pen e 73 d.p.r. 309/90 – e c) detenzione illegale di una pistola, arma da guerra, completa di munizionamento
– lo condannava alla pena di sei anni e dieci giorni di reclusione ed euro
31.000,00 di multa, confermando nel resto.
Evidenziava la corte territoriale che il giudice di primo grado aveva ritenuto il
Berberi responsabile, in concorso con altri imputati giudicati separatamente, dei
reati ascritti, condannandolo alla pena di sei anni di reclusione ed euro 30.000 di

Data Udienza: 04/12/2015

multa per il capo a) ed a quella di due anni di reclusione per il capo c); che con
sentenza in data 24/05/2013 la Corte di Appello, in parziale riforma della gravata
sentenza, ritenuta la continuazione tra i reati, aveva rideterminato la pena in sei
anni, dieci mesi di reclusione ed euro 31.000,00 di multa; che con sentenza del
05/02/2014 la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la decisione della
corte territoriale limitatamente al giudizio di responsabilità sul reato di
detenzione d’arma, osservando che la decisione sul punto si fondava
apparentemente su una massima di esperienza (la detenzione di arma al fine di

una congettura insuscettibile di verifica empirica, in quanto attribuiva al Berberi,
il quale aveva ricevuto dal coimputato le chiavi del veicolo per prelevare la
droga, sia la consapevolezza che vi fosse custodita anche un’arma, che la
disponibilità dell’arma stessa in funzione di una generica evenienza, senza dare
giustificazione dei profili psicologici della condotta attribuita nonché della
concreta disponibilità dell’arma (celata all’interno di una borsa, nel bagagliaio
della vettura, condotta ed in possesso del complice Xhameta).
Ciò premesso, la corte territoriale riteneva, a seguito del giudizio di rinvio, che
gli elementi emersi dagli atti offrivano piena prova della concorsuale
responsabilità del Berberi anche in ordine al fatto di detenzione della pistola di
cui al capo c): rilevava a riguardo che l’arma non era occultata in una borsa ma
detenuta a vista insieme alla confezione di droga ed era sostanzialmente pronta
all’uso, sì da costituire in caso di necessità, immediato strumento deterrente,
strettamente connesso al fatto di gestione della droga, comune ai correi,
indipendentemente dall’intestazione del veicolo e dal possesso delle chiavi.

2. Avverso la sentenza ha riproposto ricorso per Cassazione Berberi Dritan
tramite difensore di fiducia, sulla base dell’unico motivo della violazione dell’art.
606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 27, primo comma Cost., 110
cod. pen.; 10 e 12 I. 497/1974 per inosservanza o erronea applicazione della
legge penale; violazione dell’art. 606 lett. e) codice di rito per mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’accusa
(oggetto del giudizio di rinvio) di detenzione di arma da guerra.
Ha lamentato il ricorrente che la corte di appello non aveva applicato i canoni
ermeneutici indicati dal giudice di legittimità, insistendo in argomentazioni
ritenute erronee, difettando comunque un atto investigativo e certo dal quale
desumere che la pistola fosse “in bella vista e pronta all’uso”

fronteggiare i rischi che s’incontrano nei traffici illeciti) ma valorizzava in realtà

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.

2. Occorre premettere, in termini generali, che nella verifica della fondatezza, o
meno, del motivo di ricorso ex art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il
compito della Corte di Cassazione non consiste nell’accertare la plausibilità e
l’intrinseca adeguatezza dei risultati dell’interpretazione delle prove, coessenziale

a) abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione; b) abbiano dato
esauriente risposta alle deduzioni delle partì; c) nell’interpretazione delle prove
abbiano esattamente applicato le regole della logica, le massime di comune
esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da
fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a
preferenza di altre. Ne consegue che, ai fini della denuncia del vizio in esame, è
indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento impugnato sia
manifestamente carente di motivazione e/o di logica, per cui non può essere
ritenuto legittimo l’opporre alla valutazione dei fatti contenuta nella decisione
una diversa ricostruzione degli stessi (magari altrettanto logica), perché in tal
caso verrebbe inevitabilmente invasa l’area degli apprezzamenti riservati al
giudice di merito (Cass. Sez. U, sent. n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997,
Rv. 207944; Sez. 4, sent. n. 4842 del 02/12/2003, dep. 06/02/2004). Infatti il
controllo di legittimità operato dalla Corte di Cassazione non deve stabilire se la
decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione
dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare
se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento (Cass. Sez. 4, sent. n. 4842 del
02/12/2003, dep. 06/02/2004, Rv. 229369).

3. Nel caso di specie il giudice di rinvio si è attenuto a tali principi, dando conto
del deficit motivazionale riscontrato dalla pronuncia rescindente della Suprema
Corte.
La questione è quella del concorso del ricorrente nella detenzione illegale di una
pistola, arma da guerra, completa di munizionamento, che si trovava nella
stessa auto dove era custodita la droga di cui al capo A), in relazione al quale la
condanna è divenuta definitiva.
Afferma il giudice di rinvio che l’arma non era occultata in una borsa ma si
trovava all’interno del bagagliaio dell’auto insieme all’ingente quantitativo di

3

al giudizio di merito, ma in quello, ben diverso, di stabilire se i giudici di merito:

droga, facendo a tal fine riferimento agli atti d’indagine (verbale di arresto e di
perquisizione): la circostanza non è contestata dalla stessa difesa del ricorrente
che si limita ad eccepire il contenuto generico di tali atti, con argomentazioni in
realtà poco convincenti, posto che le specificazioni sono necessarie quando si ha
motivo di dubitare che siano stati trascurati nell’esposizione dei fatti particolari
rilevanti e nel caso di specie non sussistono ragioni, processualmente
apprezzabili, per ritenere che i verbalizzanti abbiano omesso di riferire
l’occultamento dell’arma.

flagranza videro il Berberi prelevare dal bagagliaio dell’auto un sacchetto e
dirigersi poi verso i correi (sacchetto che conteneva tre panetti di sostanza
stupefacente di peso lordo di circa Kg. 1,5).
E’ coerente sul piano della logica il ragionamento della corte territoriale nel
nuovo giudizio di appello che, sulla base di tali elementi, abbia ritenuto:
a)

che il Berberi, accedendo al bagagliaio per prendere l’involucro con lo
stupefacente, ebbe consapevolezza della presenza dell’arma, posta in
quello stesso vano unitamente alla droga, a vista, cioè senza essere
occultata;

b) che l’imputato non poteva ignorare le ragioni della detenzione di un’arma
accanto ad un ingente quantitativo di droga (la programmata cautela, in
caso di necessità, secondo la tipica logica di una programmata attività
illecita di elevato spessore criminale);
c)

che il Berberi non era stato ritenuto responsabile del solo incarico
meramente esecutivo di recuperare dall’auto quel sacchetto da
consegnare all’acquirente ma della detenzione illegale di tutta la droga
sequestrata e custodita nel bagagliaio, per cui consapevole e condivisa
doveva ritenersi anche la responsabilità in ordine alla detenzione della
pistola, inserita nel disegno criminoso come immediato strumento
deterrente in caso d’imprevisti.

Tali argomentazioni, immuni da censura, sono altresì conformi a diritto, essendo
pacifico in giurisprudenza che ai fini della configurabilità del concorso nel reato di
porto senza giustificato motivo di un’arma da fuoco è sufficiente la consapevole
disponibilità concreta ed immediata dell’arma stessa da parte di un concorrente
nel reato, essendo irrilevante l’appartenenza di essa ad uno solo dei correi,
quando tutti abbiano programmato il reato e si siano portati sul luogo di
consumazione dello stesso (Cass. sez. 1^, sent. n. 33272 del 27/06/2013 – dep.
31/07/2013 – Rv. 256998).

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E’ altresì acquisito in fatto che gli agenti di polizia che procedettero all’arresto in

4. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma il giorno 4 dicembre 2015

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