Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49084 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49084 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Czenke Gheorge Zoltan, nato in Romania il 12/08/1967

avverso la sentenza del 29/10/2013 della corte di appello di Bari;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Bari dichiarava non
sussistenti le condizioni per l’accoglimento della richiesta di consegna di cui al
mandato di arresto europeo emesso il 21/05/2012 dalla Pretura di Carei
(Romania) nei confronti del cittadino rumeno Gheorge Zoltan Czenke, tratto in
arresto in Italia con provvedimento poi convalidato nei termini di legge, con
l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari in seguito revocata.

Data Udienza: 04/12/2013

Rilevava la Corte di appello come il mandato di arresto europeo fosse stato
adottato per dare esecuzione alla sentenza definitiva con la quale la Pretura di
Carei aveva condannato il Czenke alla pena di anni due di reclusione per il reato
di furto di attrezzatura da pesca e di grano, commesso in Romania nella notte
tra I’l ed il 2/02/2011; come tale reato corrispondesse a quello previsto dal
nostro ordinamento di furto aggravato; ed ancora, come sussistesse una ragione
di rifiuto della consegna in quanto lo Czenke, che aveva chiesto che quella pena
fosse eseguita in Italia, conformemente al diritto interno, era risultato

estemporaneo con la realtà del territorio dello Stato.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso lo Czenke, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Paolo D’Ambrosio, il quale, formalmente con un unico
punto, ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 17, 18 e 19 legge
n. 69 del 2005, 730-734 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello omesso di
considerare che vi era una causa ostativa al riconoscimento di quella sentenza di
condanna, prevista dalla lett. g) del citato art. 18 e dalla lett. a) del successivo
art. 19, per essere stata la stessa emessa in contumacia e senza che l’imputato
fosse informato dell’esistenza di quel processo a suo carico; e per avere la Corte
territoriale provveduto ad operare il riconoscimento dell’anzidetta sentenza
straniera senza che fosse stata attivata la specifica procedura prevista dai
richiamati artt. 730 e segg. del codice di rito.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.

4. Il motivo del ricorso, nella parte in cui l’interessato si è doluto dell’omessa
applicazione della disciplina codicistica del riconoscimento delle sentenze penali
straniere di condanna, è manifestamente infondato.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo
il quale la disposizione dettata dall’art. 18 comma 1 lett. r) legge n. 69 del 2005
– secondo la quale la richiesta di consegna, contenuta in un mandato di arresto
esecutivo, va rifiutata laddove la stessa riguardi un cittadino italiano o un
cittadino di altro Paese membro dell’UE, residente ovvero dimorante in Italia
(così per effetto della sentenza additiva Corte cost. n. 227 del 2010), nel quale
caso la pena va eseguita in Italia conformemente al diritto interno del nostro
paese – per un verso esclude che la Corte di appello italiana possa esercitare un
potere valutativo discrezionalmente esercitabile in ordine alla eseguibilità nello
Stato della condanna; per altro verso, rappresenta una regolamentazione del
tutto peculiare dell’esecuzione della sentenza estera nell’ambito della disciplina
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stabilmente dimorante nel nostro Paese, con un radicamento reale e non

interna del MAE, conformata alla riferita decisione-quadro, che è vincolante per
gli Stati membri dell’Unione Europea, talché la sentenza estera non deve essere
formalmente “riconosciuta”, discendendo la sua esecutività direttamente dalla
legge interna di conformazione alla decisione-quadro (così Sez. 6, n. 46845 del
10/12/2007, Pano, Rv. 238328; conf. Sez. 6, n. 7812 del 12/2/2008, Tavano,
non mass. sul punto; Sez. 6, n. 7813 del 12/02/2008, Finotto, non mass. sul
punto).

mancato rispetto della norma che prevede una causa di rifiuto per essersi svolto
il processo rumeno, definito con la sentenza di condanna, in absentia, senza che
fosse stata prevista la possibilità per l’imputato di difendersi, è inammissibile per
carenza di interesse.
Gli artt. 18, comma 1, lett. g), e 19, comma 1, lett. a), della legge n. 69 del
2005, sono disposizioni chiaramente dirette ad evitare, rispettivamente, la
consegna allo Stato richiedente del destinatario del mandato di arresto europeo
(laddove risulti che il mandato sia stato emesso per dare esecuzione ad una
sentenza irrevocabile adottata all’esito di un processo non equo), ovvero a
condizionare la consegna all’acquisizione di assicurazione circa la possibilità che
il soggetto richiesto, dopo la consegna, possa domandare un nuovo processo
nello Stato membro di emissione del mandato di arresto europeo: disposizioni,
dunque, della cui inosservanza evidentemente lo Czenke non ha ragione di
dolersi dal momento che egli ha chiesto ed ottenuto che la pena comminata
all’estero venga eseguita in Italia, così implicitamente accettando gli effetti di
quella decisione.

6. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento in favore dell’erario delle spese
del presente procedimento ed a quello in favore della cassa delle ammende di
una somma, che si stima equo fissare nell’importo indicato nel dispositivo che
segue.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi previsti dalla
legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

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5. Lo stesso motivo del ricorso, nella parte in cui lo Czenke si è lamentato del

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n.
69 del 2005.

Così deciso il 04/12/2013

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