Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49079 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49079 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHIANELLO ROSALIA N. IL 08/02/1944
avverso la sentenza n. 1916/2013 CORTE DI CASSAZIONE di ROMA,
del 03/04/2013
sent . a la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
le e/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.IM.4elA13

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Data Udienza: 22/11/2013

27371/13 RG

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CONSIDERATO IN FATTO
1. A mezzo del difensore, Rosalia Chianello ricorre tempestivamente ai sensi
dell’art. 625 bis c.p.p. avverso la sentenza della Seconda sezione di questa Corte
suprema deliberata il 3.4.2013 e depositata il 18.4.2013.
Premette di essere stata condannata dal Tribunale di Palermo per il reato di

Tribunale aveva quantificato una pena base di un anno due mesi di reclusione ed
euro 450 di multa, aumentandola poi (per gli ulteriori 91 ratei) pervenendo alla
pena finale di un anno nove mesi di reclusione e 550 euro di multa. Sull’appello
della sola imputata, la Corte distrettuale aveva ritenuto la riscossione dei 92 ratei
un solo episodio di truffa, confermando la pena.
Lamenta ora di avere proposto, nel quarto motivo dell’originario ricorso per
cassazione avverso la sentenza d’appello, il tema della violazione o falsa
applicazione degli artt. 81 e 640 c.p. e dell’illogicità della motivazione in ordine
all’unità o pluralità dei reati, in particolare evidenziando che delle due l’una: o si
trattava di unico reato consumato con l’ultima riscossione, e quindi andava esclusa
la porzione di pena relativa alla ritenuta continuazione del primo grado; ovvero si
trattava di truffa continuata, in tal caso dovendo dichiararsi la prescrizione degli
episodi precedenti l’ultimo, con conseguente rimodulazione della pena. E tuttavia la
Corte di cassazione, con la sentenza oggetto del ricorso straordinario, pur avendo
condiviso la lettura giuridica dell’unico reato, fatta propria dalla Corte d’appello, non
aveva eliminato la parte di pena corrispondente all’aumento per la continuazione,
incorrendo in un evidente errore di fatto dovuto all’erronea percezione della residua
parte del motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il ricorso è fondato.

2.1 II confronto tra l’atto del ricorso originario e la sentenza di questa Corte
evidenzia che non è stato percepito l’intero contenuto materiale effettivo del quarto
motivo di ricorso: questo, infatti, non poneva una questione giuridica fine a se
stessa (la ricostruzione della truffa afferente erogazioni in più ratei come reato
continuato ovvero che si consuma solo con l’ultima erogazione) bensì indicava quel
tema come mero presupposto di una necessitata decisione sull’entità della
sanzione, che avrebbe dovuto essere in ogni caso ridotta, o a seguito della

truffa aggravata e continuata, in relazione alla riscossione di 92 ratei di pensione. Il

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dichiarazione di parziali prescrizioni (nel caso di continuazione) o a seguito
dell’eliminazione della porzione di pena relativa alla continuazione.
La sentenza oggetto del ricorso straordinario non dà conto dell’essenziale
incidenza del tema devoluto in diritto sul concreto trattamento sanzionatorio
(aspetto e punto espressamente argomentati nel ricorso originario): non nella parte
che espone il contenuto del quarto motivo (punto 2.4 di p.2), non nella parte che
argomenta l’inammissibilità di tale quarto motivo (punto 3.3 p. 5).
Deve quindi constatarsi che è mancata risposta su uno specifico motivo di

alcuna valutazione preclusiva.
Tale omissione rileva, nella fattispecie, ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p.,
trattandosi di motivo idoneo ad imporre una decisione diversa da quella sul punto
adottata (SU 16103/2002; Sez. 1, sent. 15422/2010).

2.2 Orbene, la sentenza della Seconda sezione n. 17670/13 ha giudicato che
nella fattispecie il momento consumativo del reato (e di decorrenza della
prescrizione) coincide con quello della cessazione dei pagamenti, confermando la
ricostruzione giuridica fatta propria dalla Corte d’appello.
Se il reato si è consumato con l’ultima erogazione, non sussiste la contestata
e ritenuta (dal primo Giudice) continuazione e, in assenza di impugnazione della
parte pubblica volta ad ottenere la conferma della pena finale applicata in primo
grado anche nel caso di modifica sul punto della struttura del reato e della sua
consumazione, va eliminata la porzione di pena che il Tribunale di Palermo aveva
espressamente quantificato e deliberato come aumento per la continuazione,
dovendosi rideterminare la pena nei termini indicati, in quella stessa prima
sentenza, come pena base: un anno due mesi di reclusione ed euro 450 di multa.

2.3 L’articolo 625 bis c.p.p. dispone che quando accoglie la richiesta la corte
“adotta i provvedimenti necessari per correggere l’errore”.
La regola di giudizio è quindi volta ad individuare il rimedio adeguato alla
natura e alla qualità dell’errore ravvisato, su di esse calibrando il provvedimento.
Ciò comporta che raccoglimento del ricorso ex art. 625 bis c.p.p. non impone
necessariamente la revoca integrale della precedente sentenza di legittimità,
dovendosi invece provvedere all’adozione del provvedimento più idoneo alla
correzione dell’errore.
Invero tale revoca integrale (ovvia quando, ad esempio, l’errore consista nel
mancato rilievo di un vizio del rapporto processuale di legittimità ovvero nella

ricorso, sicché sul punto della conseguente riduzione della pena non vi è stata

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mancata dichiarazione della estinzione del reato ovvero nella mancata
considerazione di motivi che impongono l’assoluzione) non avrebbe ragione di
essere quando, a fronte della presenza di una pluralità di motivi decisi senza alcuna
contestazione del condannato, l’errore riguardi un diverso e autonomo punto
specifico della decisione. Le caratteristiche strutturali e sistematiche dell’istituto del
giudicato parziale, ex art. 624.1 c.p.p., possono (pur nella diversità dei contesti)
essere esemplificativamente richiamate in ordine alla possibilità che parte solo della

Così è nel nostro caso.
Il ricorrente aveva proposto diversi motivi, afferenti distinti punti della
decisione, motivi tutti decisi. Lamenta ora l’errore in relazione ad un solo specifico
motivo, che attiene al trattamento sanzionatorio. Una revoca generale della
precedente sentenza di questa Corte sarebbe priva di alcuna ragione sistematica e
non imposta dalla lettera dell’art. 625 bis c.p.p..
Nella fattispecie, necessario e sufficiente a rimuovere l’errore è la correzione
della sentenza 17670/13 limitatamente alla mancata rideterminazione della pena,
provvedendosi sul punto, previo annullamento parziale della sentenza d’appello,
come da dispositivo, secondo quanto sopra argomentato.

P.Q.M.
In accoglimento del ricorso della Chianello corregge la sentenza n. 17670 del
3-18.4.2013 della Seconda sezione di questa Corte e, per l’effetto, annulla senza
rinvio la sentenza della Corte d’appello di Palermo in data 9.10.12, limitatamente al
trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in un anno due mesi di
reclusione e 450 euro di multa. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22.11.2013

decisione mantenga autorità di giudicato.

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