Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49064 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49064 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: GARRIBBA TITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TORTORELLA FRANCESCp N. IL 19109/1982
avverso la sentenza n. 2236/2007 CORTE APPELLO di BARI, del
06/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. TITO GARRIBBA
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. YlAtu..4
che ha concluso per AmAk, ■44,9à0
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Udito, per la p e civil , l’Avv

Data Udienza: 04/12/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1.

TORTORELLA Francesco ricorre contro la sentenza d’appello spe-

cificata in epigrafe, che confermava la di lui condanna per il reato previsto dall’art. 337
cod.pen., e denuncia:
1.

nullità della notificazione del decreto di citazione per il giudizio d’appello e della
conseguente sentenza, perché, risultata impossibile la notifica al domicilio di-

che esso imputato era detenuto da oltre due anni;
2.

mancanza di motivazione in ordine all’affermazione di colpevolezza

§2.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

La sentenza impugnata ha respinto l’eccezione di nullità, tempestivamente
sollevata dalla difesa prima dell’apertura del dibattimento, osservando che l’ufficiale
giudiziario, una volta accertata l’impossibilità di notificare l’atto nel domicilio dichiarato
(in Bari, via Dante n. 109), non era tenuto a svolgere particolari ricerche, ma doveva
procedere – come effettivamente avvenuto – alla notifica, ai sensi dell’art. 161, comma
4, cod.proc.pen., mediante consegna al difensore.
In verità le modalità della notificazione sono state nella fattispecie formalmente osservate. Tuttavia la Corte distrettuale è incorsa in una nullità asseduta, perché, appreso dal difensore che l’imputato era detenuto per altra causa e, quindi, legittimamente impedito a comparire, non ne ha disposto la traduzione in udienza, integrando con tale ordine la vocatio in iudicium. Infatti è principio consolidato che, nel
giudizio ordinario, qualora l’imputato sia detenuto in carcere o agli arresti domiciliari
ovvero risulti comunque sottoposto a restrizioni della libertà personale che non gli consentono la comparizione in udienza, essendo in tali casi in re ipsa la presenza di un legittimo impedimento, il giudice, in qualunque modo e in qualunque tempo venga a conoscenza dello stato di restrizione della libertà, anche senza una richiesta dell’imputato o del difensore, deve d’ufficio rinviare il processo e disporre la traduzione dell’imputato, salvo ovviamente il caso che lo stesso abbia rifiutato di assistere all’udienza (v.
S.U., 26.9.2006 n. 37483, Arena).
Nel caso concreto il giudice d’appello, contravvenendo al predetto obbligo,
ha ingiustificatamente ignorato lo stato di detenzione dell’imputato e ha omesso di disporne la traduzione, e tale inerzia ha determinato la mancata citazione in giudizio
dell’imputato, sanzionata da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado
del procedimento, dall’art. 179, comma 1, cod.proc.pen.
Occorre, però, rilevare che, nel frattempo, essendo decorsi oltre sette anni
e mezzo dalla commissione del fatto (22.1.2006), è sopravvenuta la prescrizione del

chiarato, non sono state eseguite ricerche che avrebbero permesso di accertare

reato, e tale causa di estinzione, per il principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità stabilito dall’art. 129 cod.proc.pen., prevale sulla dichiarazione di nullità (v. Cass., Sez. 6, 28.11.2001 n. 1021, Cremonese, rv 220511).

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per
prescrizione.

Così deciso il 4 dicembre 2013.

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