Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49060 del 20/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49060 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PINESE CRISTINA N. IL 12/10/1989
avverso la sentenza n. 3540/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
06/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 6 ottobre 2014 la Corte di appello di Venezia ha
confermato la sentenza del Tribunale di Padova, in data 25 giugno 2012,
con la quale Pinese Cristina era stata condannata per il reato previsto
dall’art. 2 legge 1423 del 1956, poiché, senza preventiva autorizzazione,
era rientrata nel Comune di Padova, il 9 giugno 2010, in violazione del
provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio, emesso dal

2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione la Pinese tramite
il difensore di fiducia, il quale lamenta l’errata applicazione dell’art. 2 della
legge n. 1423 del 1956, poiché l’imputata, senza fissa dimora, non sarebbe
stata destinataria di un legittimo ordine di rimpatrio che, nello schema del
provvedimento amministrativo la cui violazione integra il reato contestato,
deve precedere ed accompagnare il divieto di fare ritorno per un tempo
determinato nel luogo da cui si viene allontanati.
La ricorrente denuncia altresì la manifesta illogicità della motivazione
con riguardo all’entità della pena inflitta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato poiché la violazione
penale è integrata anche dalla sola violazione del divieto di rientro nel luogo
dal quale si era stati allontanati e non postula come necessaria una effettiva
residenza del prevenuto nel luogo in cui sia stato ordinato il suo rimpatrio.
In proposito la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, ai fini
della sussistenza del reato previsto dall’art. 2 legge n. 1423 del 27
dicembre 1956, è sufficiente, alternativamente, la violazione del divieto di
allontanamento da un certo territorio oppure quella del divieto di farvi
ritorno per un certo periodo, con la conseguenza che il provvedimento
amministrativo presupposto del reato può legittimamente contenere
l’imposizione di uno solo dei due diversi tipi di ordine (Sez. 1, n. 4702 del
12/12/2013, dep. 2014, Florian, Rv. 259018; conformi: n. 29694 del
07/06/2012, Gamba, Rv. 253069; n. 8480 del 14/12/2012, dep. 2013,
Mihai, Rv. 254802).
Né può sostenersi l’illegittimità dell’ordine del Questore solo perché non
avrebbe accertato la mancanza di un’effettiva residenza della prevenuta,
1

Questore di Padova il 17 novembre 2008.

non più abitante in quella che risultava solo formalmente la sua residenza
anagrafica in Vollorba (Treviso), dove fu ordinato il rimpatrio.
Tale dato, infatti, non era noto al tempo dell’adozione del
provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio e, d’altronde,
l’ordine di allontanamento della persona pericolosa, con divieto di rientro
nel luogo non rispondente alla sua residenza, non può essere impedito dalla
scelta dell’interessato di vivere senza una fissa dimora, come correttamente
osservato dalla Corte di merito.

sanzionatorio è manifestamente infondato, giacché la sentenza impugnata
dà esauriente e coerente ragione della pena irrogata, peraltro applicata nel
minimo edittale e con riduzione massima di un terzo per le riconosciute
attenuanti generiche.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria
che pare congruo determinare, tra il minimo ed il massimo previsti, in euro
mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa
delle ammende.
Così deciso il 20/05/2015.

1.2. Anche il motivo che denuncia il vizio di motivazione sul trattamento

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