Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49042 del 20/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49042 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE GENNARO GERARDO N. IL 28/10/1957
avverso la sentenza n. 28/2014 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 04/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 4 giugno 2014 la Corte militare di appello, in
parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare
del Tribunale militare di Verona in data 11 dicembre 2013, ha assolto De
Gennaro Gerardo dal reato di truffa militare pluriaggravata relativa
all’episodio del 10 dicembre 2010, perché il fatto non sussiste; mentre ha
confermato la condanna del De Gennaro per altro episodio di truffa militare

prevalenti sulle contestate aggravanti e la diminuente del rito, ha
rideterminato la pena in mesi due e giorni venti di reclusione militare.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il De
Gennaro tramite il difensore, il quale denuncia mancanza, contraddittorietà
e manifesta illogicità della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è puramente assertivo: la Corte di merito avrebbe attribuito
credibilità alle sole dichiarazioni del collaboratore di giustizia, scortato
dall’imputato, e allo scontrino del pasto che avrebbero insieme consumato,
quali prove del mendacio del De Gennaro, il quale, rappresentando
falsamente di non essersi fermato per pranzare durante il servizio di scorta,
avrebbe indebitamente ottenuto dall’amministrazione la somma forfettaria
di euro 22,00; sarebbe stata, invece, trascurata la versione dell’imputato,
secondo cui lo scontrino della consumazione fotografava ciò che era stato
ordinato e non ciò che era stato effettivamente consumato.
Il ricorrente non si confronta con le puntuali e coerenti motivazioni del
provvedimento impugnato a sostegno della ritenuta provata responsabilità,
ma si limita alla enunciazione della propria diversa interpretazione delle
emergenze probatorie e formula, pertanto, una censura generica.
Il requisito della specificità dei motivi trova la sua ragione di essere
nella necessità di porre il giudice dell’impugnazione in grado di individuare i
punti e i capi del provvedimento impugnato oggetto delle censure: inerisce
al concetto stesso di “motivo” di impugnazione l’individuazione di questi
punti ai quali la censura si riferisce (Cass., Sez. IV, 6 aprile 2004, rv.
228926). Si tratta di un requisito espressione di un’esigenza di portata
generale, che implica, a carico della parte, non solamente l’onere di dedurre
le censure che intende muovere a uno o più punti determinati della
1

pluriaggravata, commesso il 7 giugno 2010, e, con le attenuanti generiche

decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli
elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al
giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il
proprio sindacato (Cass., Sez. IV, 19 febbraio 2003, rv. 224659; Cass., Sez.
IV, 1 aprile 2004, rv. 228586).
Discende la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi del
combinato disposto degli artt. 591, primo comma, lett. b), e 581, lett. c),

2. Segue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria
che pare congruo determinare, tra il minimo ed il massimo previsti, in euro
mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa
delle ammende.
Così deciso il 20/05/2015.

cod. proc. pen.

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