Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4904 del 27/11/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4904 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
LAMCJA ARBEN

n. il 23.91.1974

avverso l’ordinanza n. 25/13 della Corte d’appello di Brescia del
14.10.2013
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita all’udienza camerale del 27 novembre 2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. Claudio D’Isa
Udite le richieste del Procuratore Generale nella persona del dott.
Oscar Cedrangolo che ha concluso per il rigetto
L’avv. Paolo brio si riporta ai motivi del ricorso e ne chiede
l’accoglimento con l’annullamento dell’ordinanza impugnata, in
subordine chiede che venga esaminata la questione di legittimità
costituzionale con riferimento all’art. 15 bis della legge 67/2014 capo
terzo.

Data Udienza: 27/11/2014

-

FATTO E DIRITTO
LAMCJA Arben, attualmente detenuto presso la Casa di Reclusione di
San Giminiano, propone ricorso avverso l’ordinanza, indicata in epigrafie,
della Corte d’appello di Brescia, che, su rinvio di questa Corte sez. III, ha
respinto l’istanza presentata dal medesimo, in data 24/3/2012, di
restituzione in termine con riferimento alla sentenza emessa a suo carico
dal Tribunale di Brescia in data 1/2/2002, all’esito della quale è stato
condannato alla pena di anni dodici di reclusione ed € 800,00 di multa

dalla sentenza della Corte di Appello di Brescia in data 4/11/2005).
In tale istanza il ricorrente aveva dedotto di aver avuto conoscenza
del procedimento solo in occasione del suo arresto, avvenuto in Albania a
seguito di domanda di estradizione presentata dallo Stato italiano, non
avendo ricevuto in precedenza alcuna notifica, né essendosi
volontariamente sottratto al procedimento.
La Corte d’Appello di Brescia, Sezione Seconda, investita della
richiesta, compiva accertamenti, così come consentito dall’articolo 175 co.
IP c.p.p., consistiti in particolare nell’assumere le dichiarazioni dell’Avv.
Enzo Trommacco, che aveva assistito il Lamcja nel corso del giudizio di
appello, ed anche in esito a detti accertamenti respingeva

de plano

l’istanza.
Avverso di essa il Lamcja proponeva ricorso per cassazione.
La Corte di legittimità, con sentenza in data 6 febbraio 2013,
annullava l’ordinanza impugnata e rinviava alla Corte d’appello per
l’ulteriore esame. Chiariva la Suprema Corte che il decreto di
inammissibilità dell’istanza di restituzione del termine può essere emesso
de plano solo quando l’istanza risulti inammissibile o meramente reiterativa
di altra precedente istanza e quando non vi sia stata la necessità di
esaminare nuovi elementi che amplino il tema probatorio sottoposto
all’esame del giudice con l’istanza stessa.
Quando, invece, si è presentata la necessità di esaminare nuovi
elementi, deve essere data all’istante la possibilità di instaurazione del
contraddittorio con il procedimento camerale previsto dall’articolo 666, co.
III C.P.P, posto che, nel caso concreto, nell’ordinanza impugnata era stato
fatto ampio riferimento agli accertamenti compiuti per verificare il
fondamento della stessa e, quindi, si rendeva necessario sentire le parti ?n
merito.

/-(

(sentenza poi confermata, a seguito di gravame interposto dal difensore,

,

Celebrato il processo in camera di consiglio la Corte ha respinto
l’istanza ritenendo la stessa presentata fuori dal termine previsto dall’art.
175, 2° comma C.P.P..
In particolare, rigettava preliminarmente la deduzione difensiva
formulata oralmente in udienza, secondo la quale l’instaurazione del
contraddittorio avrebbe implicato che anche le dichiarazioni rese dall’Avv.
Trommacco fossero assunte in presenza delle parti. Argomentava che
nessuna norma, infatti, impone che il contraddittorio abbia una tale
latitudine, essendosi limitata la Suprema Corte, in tutte le ipotesi simili ed
anche con la sentenza di annullamento in forza del quale si svolgeva
l’attuale procedimento in sede di rinvio, ad affermare che sugli elementi
assunti era necessario che le parti potessero interloquire.
Quanto alla intempestività della domanda, la Corte bresciana espone
che risulta dagli atti che il Lamcja, in esito alla sentenza della Corte
d’Appello, aveva provveduto alla nomina di difensore di fiducia affinché
fosse proposto ricorso per cassazione e, ritenuto che detta nomina è
antecedente alla presentazione del ricorso medesimo, depositato il 14
gennaio 2006, deve farsi risalire, quantomeno, a questa data l’effettiva
conoscenza dei provvedimenti giurisdizionali a suo carico. Deriva da tale
constatazione che l’istanza del remissione in termini per impugnare la
sentenza di primo grado, depositata il 13 gennaio 2012, è stata presentata
oltre il termine di 30 giorni previsto dalla norma citata.
Per completezza di motivazione, osserva che risulta che, in ogni
caso, il richiedente avesse avuto conoscenza della sentenza di primo
grado a suo carico anche in data antecedente al giudizio d’ appello
(celebratosi il 4/11/2005), poiché allo scopo dì essere assistito in detto
giudizio (instaurato a seguito dell’interposto gravame da parte del
difensore d’ufficio) aveva nominato quale difensore di fiducia l’Avv. Enzo
Trommacco.
L’Avv. Trommacco, infatti, ha ricordato di aver ricevuto una
telefonata nel periodo intercorrente tra la sentenza di primo grado e il
giudizio d’appello direttamente dal Lamcja o da un suo incaricato, di aver
dato disposizioni affinché fosse redatto un atto di nomina con traduzione
in lingua italiana e di aver, quindi, ricevuto l’atto di nomina compiuto
personalmente dall’odierno richiedente innanzi ad un notaio in Albania,
che ne aveva autenticato la sottoscrizione.
Per la Corte è , pertanto, pacifico che il Lamcja fosse a conoscenza
già in quella data della sentenza di primo grado, poiché, diversamente,

,

non avrebbe nominato un difensore di fiducia per essere assistito nei
corso dell’appello ed anche tale conclusione conduce a ritenere che
l’istanza di remissione in termini di cui si discute in questa sede è stata
depositata quando il termine di decadenza di giorni trenta di cui all’art.
175 co. II bis c.p.p. era ampiamente decorso.
Con il primo motivo del ricorso, presentato dal difensore di fiducia
avv. Gianbattista Scalvi, il ricorrente denuncia violazione di legge per
violazione dei contraddittorio per essere state assunte le dichiarazioni
testimoniali dell’avv. Tronnmaco al di fuori dell’udienza camerale ed
assunte dal Presidente senza garanzia del contraddittorio, se ne contesta,
pertanto, l’utilizzabilità ai fini della decisione di rigetto dell’istanza di
restituzione in termini.
Si contesta la decisione della Corte risultando per il ricorrente dei
tutto evidente che essa non abbia fatto buon governo dei principio del
contraddittorio e delle norme previste in relazione alla sua puntuale
osservanza nella formazione della prova orale rappresentativa, in
violazione dei principi costituzionalmente garantiti del giusto processo.
Con il secondo motivo si denuncia altra violazione di legge con
riferimento alla erronea interpretazione della nozione di effettiva
conoscenza del provvedimento prescritta dall’art. 175, comma II c.p.p..
La Corte ha ritenuto che l’interessato avesse avuto l’effettiva conoscenza
della sentenza di condanna del Tribunale sulla scorta di quanto dichiarato
dall’avv. Trommacco, con la conseguenza che la nozione di piena
conoscenza dei procedimento viene ridotta ad una mera enunciazione di
principio e privata dalla necessaria effettiva verifica imposta dall’art. 175
c.p.p.. La Corte trascura di considerare che l’appello non venne proposto
dall’avv. Trommacco, ma dal difensore d’ufficio, per cui non è possibile
dedurre dalle dichiarazioni dei legale alcun dato tale da comprovare la
piena ed effettiva consapevolezza da parte del Lamecja del procedimento
a suo carico.
Con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione risultante dal
testo del provvedimento con. riferimento alla valutazione delle
dichiarazioni rese dall’avv. Trommacco.
II ricorso a firma dall’avv. Paolo brio, altro difensore di fiducia, in
sostanza ripercorre le stesse argomentazioni (con riferimento alla
violazione del principio del contraddittorio e della disposizione dell’art.
175 c.p.p. in relazione alla nozione di “effettiva conoscenza del
porocedimento”) con la denuncia ulteriore della violazione della

,

disposizione dall’art. 6 C.E.D.U.. Si argomenta che in tale disposizione
normativa europea il concetto di «conoscenza effettiva» del procedimento
presuppone un atto formale di contestazione idoneo ad informare
l’accusato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile
ed in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo
carico, al fine di consentirgli di difendersi nel merito. Nel caso di specie la
prova della effettiva conoscenza non è stata raggiunta.
Con ulteriore memoria difensiva l’Avv. brio, circa la tempestività

tutti gli altri estradati, gode del termine di trenta giorni dall’entrata nel
territorio nazionale, indipendentemente dalla conoscenza del
procedimento o della nomina di uno o più difensori fatta in precedenza,
su tale aspetto si richiama la sentenza di questa Corte n. 2320 del 2013
della 3^ sezione penale, secondo cui per la persona che al momento della
notificazione dell’atto giudiziale si trovi i stato di custodia all’estero, il
termine finale entro cui far valere l’istanza di restituzione nel termine per
proporre impugnazione è rappresentato, ai sensi dell’art. 175 comma 2
bis c.p.p. dal trentesimo giorno a far data dalla conoscenza del
provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Si invoca, comunque, l’applicazione delle disposizioni di cui alla
legge 28 aprile 2014 n. 67 con la quale il legislatore ha definitivamente
risolto le incongruenze tra le varie norme in materia di restituzione nei
termini con riferimento alla posizione del contumace conferendo u diritto
pieno a veder retrocedere il procedimento al momento in cui quei diritti
potevano essere esercitati e laddove il prevenuto era assente al
procedimento non per sua volontà. La nuova disposizione conferisce al
richiedente la rescissione del giudicato laddove è accertato che lo stesso
non aveva avuto conoscenza del procedimento sin dal primo grado di
giudizio e cioè fino al momento in cui avrebbe potuto far valere i suoi
diritti ai riti alternativi.
Il ricorso va accolto.
L’accoglimento è determinato dalla non condivisibilità delle
argomentazioni poste dall’impugnata ordinanza in ordine alla ritenuta
inammissibilità dell’istanza di cui all’art. 175 c.p.p. per la sua
intempestività.
Questo è il tema principale del procedimento posto all’esame della
Corte.

dell’istanza ex art. 175 c.p.p. sottolinea il fatto che il ricorrente, come

Ancor prima, però, è opportuno, ancorché la Corte d’appello di
Brescia abbia rigettato,

incidenter tantum,

la deduzione difensiva

formulata oralmente nel corso del procedimento camerale circa la non
utilizzabilità delle dichiarazioni rese dall’avv. Trommacco, fuori udienza, al
Presidente del Collegio, quali sono i limiti del contraddittorio che
caratterizzano l’udienza camerale, nella specie, quella che si svolge
innanzi al Giudice dell’esecuzione.
Questa Corte nel ribadire, nel rispetto del principio generale del

può considerarsi eccezionale il ricorso al rito camerale, alla presenza della
parte privata, tutte le volte in cui occorra decidere su un’istanza rituale,
tipica, quale la rimessione in termini ex art. 175 c.p.p., destinata ad
influire sullo svolgimento del processo, afferma altresì che non possono
porsi limiti allo svolgimento dello stesso diversamente da come opina la
Corte d’appello di Brescia.
Porre dei limiti alla esplicazione del contraddittorio significa,
costringere la trattazione entro i confini della disamina meramente
documentale; con esclusione, quindi, delle prove costituende;
innanzitutto testimoniali, ma eventualmente anche per esame della parte,
o perfino peritali (ad esempio, sulla genuinità della sottoscrizione
dell’accipiens della notifica), in contrasto con il chiaro dettato dell’articolo
175 c.p.p., novellato, secondo cui l’autorità giudiziaria “compie ogni
necessaria verifica”: locuzione estremamente lata che non può
considerarsi preclusiva, in astratto, di alcun mezzo legale di prova.
Ciò precisato, la tempestività della presentazione dell’istanza di
rimessione in termini da parte del Lamcja discende dall’applicazione del
principio giurisprudenziale di cui alla sentenza, richiamata dalla difesa, n.
2320 del 2013 della 3^ sezione penale di questa Corte.
E’ stato affermato , infatti, che il termine di trenta giorni dalla
consegna allo Stato italiano concesso alla parte per proporre le proprie
censure avverso il provvedimento legittimante la procedura di consegna
costituisca una garanzia che si aggiunge al termine ordinariamente fissato
a partire dalla data di avvenuta conoscenza del provvedimento di
condanna. Tale lettura della normativa risponde all’evidente volontà del
legislatore di assicurare alla persona detenuta in territorio estero, e
dunque in condizione di maggiore difficoltà, la possibilità di esercitare
pienamente le proprie difese, una volta giunta nel territorio dello Stato,
avvalendosi dell’assistenza tecnica che lo Stato comunque assicura. Sia il

contraddittorio, quale garanzia fondamentale del diritto di difesa, che non

,

testo della disciplina applicata sia la “rado” adesso esposta contrastano
con la interpretazione fornita dalla Corte di appello, non potendosi
considerare intempestiva la richiesta che la persona arrestata proponga
anteriormente la consegna e, dunque, anteriormente alla decorrenza del
termine concesso dall’ordinamento per l’esercizio del diritto di difesa ex
art. 175 c.p.p., comma 2 bis.
Va così affermato il principio secondo cui per la persona che al
momento della notificazione dell’atto giudiziale si trovi in stato di custodia
all’estero il termine finale entro cui far valere l’istanza di restituzione nel
termine per proporre impugnazione è rappresentato, ai sensi dell’art. 175
c.p.p., comma 2 bis, dal trentesimo giorno a partire dalla data della
consegna allo Stato, non operando autonomamente la limitazione del
trentesimo giorno a far data dalla conoscenza del provvedimento
dell’autorità giudiziale italiana.
Sulla base delle considerazioni che precedono l’ordinanza deve
essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Brescia che procederà,
in applicazione del principio fissato con la presente decisione, a nuovo
esame.
Per completezza di motivazione, con riferimento al richiamo della
nuova normativa sulla contumacia di cui alla legge 67/2014, le S.U. di
questa Corte, con sentenza n. 36848 del 17 luglio 2014, hanno affermato
che l’istituto della rescissione del giudicato, di cui all’art. 625-ter cod.
proc. pen., si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata
l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420-bis cod. proc. pen., come
modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, mentre, invece, ai
procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente alla
entrata in vigore della legge indicata, continua ad applicarsi la disciplina
della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art.
175, comma secondo, cod. proc. pen. nel testo previdente.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di
appello di Brescia.
Così deciso in Roma all’ dienza camerale del 27 novembre 2014.

..

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