Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49038 del 20/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49038 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAZZILLI ANGELO N. IL 11/08/1974
avverso la sentenza n. 845/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
07/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 7 marzo 2014 la Corte di appello di Bari,
in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trani, in data 27 ottobre
2008, concesse le attenuanti generiche in regime di equivalenza alla
contestata recidiva reiterata infraquinquennale, ha ridotto la pena inflitta a
Mazzilli Angelo ad anni uno di reclusione per la violazione prevista dall’art.
9, secondo comma, legge 27 dicembre 1956, n. 1423, perché, sottoposto

con obbligo di soggiorno, aveva violato la prescrizione di non uscire di casa
prima delle ore 6,00, non essendo stato trovato nella sua abitazione, in
Trani, alle ore 5,45 del 24 settembre 2005.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Mazzilli tramite il difensore, il quale, con unico motivo, denuncia violazione
degli artt. 129 cod. proc. pen., 156 e ss. cod. pen., mancanza di
motivazione in punto di compiutasi prescrizione del reato e di omessa
declaratoria di improcedibilità, sottolineando l’applicabilità, nel caso di
specie, ratione temporis per essere stato il reato commesso prima dell’8
dicembre 2005, dell’antecedente disciplina in tema di prescrizione che, per
il delitto in esame, prevedeva un termine massimo di sette anni e mezzo,
ampiamente decorso al tempo della pronuncia del giudice di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché articola censura manifestamente
infondata.
Il delitto contestato, previsto e punito dall’art. 9, comma secondo, legge
27 dicembre 1956, n. 1423, con successive modifiche, era sanzionato, al
tempo del commesso reato, il 24 settembre 2005, con una pena massima
edittale di cinque anni di reclusione.
Per i reati puniti con la pena della reclusione non inferiore a cinque anni
di reclusione il testo dell’art. 157, primo comma, n. 3, cod. pen., prima
della sostituzione del medesimo articolo con legge 5 dicembre 2005, n. 251,
art. 6, prevedeva un termine di prescrizione di dieci anni, certamente non
decorso al tempo della pronuncia della sentenza impugnata in data 7 marzo
2014, risultando il reato commesso il 24 settembre 2005; senza tacere che,
pur calcolando l’aumento di due terzi della pena massima edittale, per la
contestata recidiva reiterata infraquinquennale, ai sensi dell’art. 99, quarto
1

alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza

comma, cod. pen., che, in base alla nuova normativa, rileva nonostante il
giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche alla detta recidiva, resta
comunque più favorevole la disciplina della prescrizione introdotta dalla
legge n. 251 del 2005, art. 6, cit., che prevede, per il delitto de quo, un
tempo ordinario di prescrizione equivalente al massimo della pena calcolata
con la recidiva reiterata infraquinquennale (5 anni + 2/3), corrispondente
quindi ad anni 8 e mesi 4, aumentabili, in caso di interruzione del decorso
della prescrizione, fino al massimo di un quarto, e cioè fino ad anni 10 e

tempo di prescrizione, in caso di interruzione del suo decorso, era previsto
nella misura della metà del massimo e, quindi, nel caso in esame,
prolungabile fino a 15 anni.
Ne discende che il delitto de quo, sia in base alla nuova più favorevole
disciplina sia in base alla precedente normativa in tema di prescrizione, non
era comunque prescritto al tempo della decisione qui impugnata, resa il 7
marzo 2014.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa
delle ammende.
Così deciso il 20/05/2015.

mesi 5; mentre, secondo la disciplina previgente, l’aumento massimo del

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