Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49033 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49033 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FENUDE ALBERTO N. IL 07/12/1969
FENUDE FRANCESCO N. IL 20/12/1979
avverso la sentenza n. 1144/2006 CORTE APPELLO di CAGLIARI,
del 30/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 30 gennaio 2012 la Corte di appello di
Cagliari, in parziale riforma della sentenza emessa il 29 marzo 2006 dal
Tribunale di Oristano, sezione distaccata di Sorgono, ha ridotto la pena
inflitta a Fenude Alberto, previa esclusione della recidiva, ad anni due e
mesi uno di reclusione ed euro 700 di multa, mentre ha confermato la pena

circostanze attenuanti generiche, a Fenude Francesco.
I due fratelli Fenude sono stati dichiarati responsabili di concorso in
detenzione e porto di un fucile calibro 12, marca Remington, e di
ricettazione della stessa arma, provento di furto commesso da ignoti in Teti,
nella notte del 24 aprile 2004, in danno di Danna Ottavio.
I reati, accertati in Teti il 14 maggio 2004, sono stati unificati con il
vincolo della continuazione.

2. Avverso la predetta sentenza hanno proposto un unico ricorso a
questa Corte di cassazione Fenude Alberto e Francesco, tramite il comune
difensore, avvocato Oliviero Denti del foro di Nuoro, il quale deduce
violazione di legge e vizio della motivazione, in relazione agli artt. 526,
comma 1, e 191, comma 1, cod. proc. pen., per travisamento della prova.
La sentenza impugnata, omettendo di valutare la testimonianza del
sovrintendente capo Figus e trascurando altri fatti decisivi emersi nel corso
dell’istruzione della causa, avrebbe travisato gli elementi raccolti e
disconosciuto che, alla stregua delle risultanze processuali, non era stata
raggiunta la prova che il fucile sequestrato fosse stato nella disponibilità
degli imputati e non di altri.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti
nel giudizio di legittimità.
E, invero, al di là dei titoli attribuiti alle censure mosse, con richiamo
dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., il ricorso propone
confusamente una lettura diversa delle testimonianze rese dai verbalizzanti,
che suffragherebbe un’incompatibilità oggettiva, spaziale e temporale, tra le
persone avvistate dagli agenti Tore e Aiossa, mentre uscivano dal retro di
un’abitazione trasportando un involucro di forma allungata, abbandonato in
un cespuglio, che conteneva il fucile sequestrato subito dopo dagli operanti,
1

di un anno e mesi sei di reclusione ed euro 600 di multa irrogata, con le

e gli attuali imputati, Fenude Alberto e Francesco, fermati e identificati
nell’immediatezza del fatto: il primo già a bordo della sua autovettura e il
secondo a piedi.
La sentenza impugnata, con motivazione adeguata ed esaustiva, esente
da violazioni delle regole della logica e del diritto, valorizza il dato del
riconoscimento operato, in termini di certezza, da parte dell’agente Tore dei
fratelli Fenude come le persone viste uscire dal retro della loro abitazione,

cespuglio in cui, subito dopo, fu trovata l’arma di provenienza delittuosa.
E i fratelli ricorrenti non rappresentano alcuna chiara discrasia tra la
suddetta testimonianza e quella degli altri verbalizzanti, idonea ad inficiare,
per asserito travisamento dei risultati probatori, la prova specifica a loro
carico che i giudici del doppio grado del giudizio di merito hanno, invece,
ritenuto raggiunta sulla base della predetta motivazione.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna di ciascuno al versamento
a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima
equo determinare in euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 29 maggio 2013.

con l’involucro nascosto da Alberto, accompagnato da Francesco, nel

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