Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49024 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 49024 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

!ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DAZZI ANNA MARIA N. IL 13/05/1970
avverso la sentenza n. 1083/2010 TRIB.SEZ.DIST. di VIAREGGIO, del
20/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

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Data Udienza: 20/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1to

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1. Con sentenza emessaY 27 agosto 2012 il Tribunale di Lucca, sezione
distaccata di Viareggio, ha condannato Dazzi Anna Maria alla pena di euro
trecento di ammenda per molestia o disturbo, a mezzo telefono, in danno di
Ghelarduccí Giacomo, commesso in Píetrasanta tra il 28 agosto 2007 e il 24
settembre 2007, condannando altresì l’imputato al risarcimento del danno
subito dalla persona offesa, costituitasi parte civile, liquidato nella

dall’analogo reato contestatole anche in danno di Ghelarducci Giovanni,
padre di Giacomo.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello, convertito in
ricorso per cassazione, l’imputata tramite il difensore, il quale denuncia la
contraddittorietà della decisione, posto che la Dazzi non aveva alcun motivo
per molestare Ghelarducci Giacomo, mentre tale movente avrebbe potuto
sussistere solo nei confronti di Ghelarduccì Giovanni, padre del primo, col
quale la donna aveva trattenuto una relazione sentimentale non finita bene,
ciò che spiegava anche le brevi telefonate in piena notte, posto che
Ghelarducci Giovanni svolgeva l’attività di guardia giurata e, perciò, la Dazzi
era adusa alla comunicazione con lui in orario notturno.
A seguito della proposta di inammissibilità dell’impugnazione, il
difensore ha depositato motivi nuovi, nei quali sottolinea l’illegittimità della
sentenza impugnata, da cui emergerebbe una vera e propria aberratio in
ordine alla struttura del reato, poiché l’imputata non aveva alcuna ragione
di molestare Ghelarducci figlio, avendo trattenuto una relazione
sentimentale con il di lui padre, donde l’insussistenza del dolo nei confronti
del primo; erroneamente e immotivatamente il giudice di merito aveva
ritenuto che le molestie fossero cessate solo dopo la presentazione della
denuncia da parte di Ghelarducci Giovanni, mentre esse erano state
interrotte prima e spontaneamente da parte della Dazzí; sempre
erroneamente e immotivatamente il Tribunale non aveva disposto
l’acquisizione della documentazione comprovante l’attività lavorativa
notturna svolta dal Ghelarducci padre, all’epoca dei fatti, anche al fine di
dimostrare l’inverosimiglianza della tesi di quest’ultimo secondo cui avrebbe
lasciato il proprio telefono in uso al figlio, non potendo evidentemente
privarsi di esso durante il lavoro.

complessiva somma di euro settecento; mentre ha assolto l’imputata

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è manifestamente infondato.
Secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, l’art. 82 cod. pen.,
che disciplina l’aberratio ictus”, prevede l’errore che cade sull’oggetto
materiale (persona o cosa) del reato, nel senso che il reato, invece di
offendere il bene-interesse cui l’offesa era diretta, lede lo stesso beneinteresse di altra persona. In rapporto alla persona offesa per errore

soggettivo, l’offesa di una persona invece di un’altra (oppure l’offesa per
errore anche di un’altra persona) non vale a mutare la direzione della
volontà.
In tema di molestia o disturbo alla persona, tuttavia, è stato ritenuto
che la disciplina dell’aberratio ictus” monolesiva non trovi applicazione
qualora, per la specificità della persona effettivamente presa di mira
dall’agente, il mutamento imprevisto del soggetto passivo escluda la
sussistenza dell’elemento psicologico in capo all’agente stesso (Sez. 1, n.
36225 del 21/09/2007, Oldoni, Rv. 238433).

2. Nel caso di specie, dunque, non essendo manifestamente infondata la
principale doglianza attinente alla condanna della Dazzi per molestia
arrecata a persona diversa da quella cui sarebbe stata indirizzata, rispetto
alla quale è stata emessa invece sentenza di assoluzione, e, d’altronde, non
emergendo con evidenza che il fatto commesso non costituisca reato,
configurando la giurisprudenza sopra indicata soluzioni interpretative non
omogenee, assume rilevanza la compiutasi prescrizione quinquennale del
reato contravvenzionale commesso fino al 24 settembre 2007, sicché si
impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il
reato è estinto per compiutasi prescrizione.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso il 20/05/2015.

sussiste ugualmente il dolo, perché, se questo era l’originario elemento

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