Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49020 del 20/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49020 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BARTOLOMEOLI ITALO N. IL 13/06/1941
avverso la sentenza n. 212/2007 TRIB.SEZ.DIST. di FANO, del
13/11/2009
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 20/05/2015

Ritenuto in fatto.
1.11 13 novembre 2009 il Tribunale di Pesaro, sezione distaccata di Fano,

dichiarava Italo Bartolomegt; colpevole del reato di cui al’ art. 660 c.p. e lo
condannava ala pena di 516 euro di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore
della costituita parte civile, Cinzia Giuliano e alla rifusione delle spese da essa
sostenute.

cassazione dalla Corte d’appello di Ancona che ha disposto la trasmissione degli
atti a questa Corte), tramite il difensore di fiducia, l’imputato il quale lamenta
violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine agli elementi posti a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità, inosservanza della legge
penale per ancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione e vizio della
motivazione in ordine alla dosimetria della pena e alle statuizioni civili.
Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.In merito alla prima censura il Collegio osserva che il controllo affidato al
giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge
sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio
essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo
logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee argomentative del
provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da
far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. Un. 28
maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric. Santapaola,
rv. 230203),In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di
legge in riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 192, comma
2, c.p.p., non critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte
alla formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso
travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il
sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia -come nella specie- una sua chiara e
i

2.Avverso tale sentenza ha proposto “appello” (qualificato come ricorso per

puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole
della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative univocamente della
coscienza e volontà del ricorrente di arrecare disturbo e molestia, per petulanza, a
Cinzia Giuliani.
2.Manifestamente infondate sono anche le censure sul trattamento sanzionatorio
(peraltro condonato) e sul risarcimento dei danni in favore della parte civile,
applicati e motivati nel rispetto dei principi costantemente enunciati dalla

di consumazione, del danno cagionato alla parte offesa, costituita parte civile.
3.Manifestamente infondata è anche la doglianza sulla mancata declaratoria di
estinzione del reato per prescrizione, tenuto conto dell’epoca di consumazione del
reato (4 agosto 2005), degli atti interruttivi (decreto di citazione a giudizio (13
marzo 2006, sentenza di primo grado del 13 novembre 2009), dei periodi di
sospensione determinati da impedimento del difensore (dall’ 11 aprile 2008 al 30
aprile 2008) e da adesione dello stesso alla astensione dalle udienze proclamata
dall’organismo rappresentativo dell’ avvocatura (dal 31 marzo 2009 al 12 giugno
2009), nonché dei termini prescrizionali massimi stabiliti dalla legge per il reato
contravvenzionale.
L’inammissibilità del ricorso, inidonea a introdurre validamente la fase di
legittimità, non consente di attribuire rilievo alla prescrizione maturata dopo la
sentenza di primo grado (Sez. U., n. 32 del 22 novembre 2000).
4.Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost.,
sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art.
616 c.p.p.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma, il 20 maggio 2015

Il Consigliere estensore

Il Pr idente

DEPOSITATA

giurisprudenza di legittimità, tenuto conto della natura del reato, delle sue modalità

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