Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49019 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49019 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI GENOVA CARMINE N. IL 11/12/1970
ROMANO ANNA N. IL 14/01/1980
avverso la sentenza n. 334/2010 CORTE APPELLO di POTENZA, del
09/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata il 9 marzo 2012 la Corte di appello di
Potenza ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Matera, in data
15 marzo 2010, con la quale Di Genova Carmine è stato condannato, con le
attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante dell’uso di
un’arma, alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed euro 700 di

della suora Massa Maria Rosaria (violazione più grave di cui al capo b);
detenzione e porto della pistola utilizzata per commettere il suddetto reato
(capo c); detenzione di un fucile, calibro 12, di costruzione artigianale
rinvenuto nella sua abitazione (capo a): fatti commessi, i primi due, nel
mese di febbraio 2008 in Matera, e l’ultimo, sempre in Matera, il 10 aprile
2008.
Con la medesima sentenza è stata confermata anche la condanna di
Romano Anna, moglie del Di Genova, alla pena di mesi dieci di reclusione
ed euro 100 di multa, con le circostanze attenuanti generiche e l’attenuante
del danno di speciale tenuità arrecato alla persona offesa, per il delitto di
tentata estorsione nei confronti della predetta suor Massa e di Pulito
Filomena, Lascaro Elisabetta e Pascolo Pasqualina (capo d), commesso in
Matera, il 10 aprile 2008.
I giudici del doppio grado del giudizio di merito, sulla base delle
testimonianze acquisite e, in particolare, di quelle rese dalla Massa e dalla
Pulito, hanno ritenuto provati i fatti ascritti agli imputati e ritenuto non
rilevanti le precedenti dichiarazioni, oggetto di contestazioni da parte del
difensore nel corso degli esami testimoniali.

2. Avverso la predetta sentenza hanno proposto un unico ricorso a
questa Corte di cassazione il Di Genova e la Romano, tramite il comune
difensore, il quale, con unico motivo, deduce il vizio della motivazione in
relazione agli artt. 192 cod. proc. pen. e 546, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., per mancanza di motivazione dovuta ad evidente travisamento di fatti
decisivi e per omessa considerazione di circostanze rilevanti.

multa per i reati, unificati nella continuazione, di tentata rapina in danno

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché, nonostante il titolo dato ai motivi
dedotti, propone in realtà censure di merito non consentite in questa sede
di legittimità.
La sentenza impugnata, invero, con motivazione adeguata ed esaustiva,
esente da violazioni delle regole della logica e del diritto, ha compiuto

luce delle critiche difensive ripetute in questa sede, evidenziando l’assenza
di alcuna contraddizione nelle dichiarazioni della Massa nel corso delle
indagini preliminari e in dibattimento, ritenendo del tutto credibile
l’affermazione della testimone circa l’iniziale riservatezza osservata, per non
danneggiare il suo autore, con riguardo alla minaccia a mano armata da lei
subita nel febbraio 2008 ad opera del Di Genova, il quale voleva ottenere la
consegna di denaro da parte della religiosa, e la successiva denuncia di tale
fatto solo a seguito di atto intimidatorio indirizzato non solo alla Massa, ma
a tutti i membri del Centro di ascolto annesso alla Parrocchia di S. Maria
Immacolata, nella città di Matera, ad opera stavolta della moglie del Di
Genova, la predetta Romano, la quale, il 10 aprile 2008, minacciando di
rompere le autovetture dei suoi interlocutori, aveva preteso un sussidio di
euro 20, senza riuscire nel suo intento per l’intervento del parroco, don
Biagio Plasmati, che chiamò la polizia.
A fronte della puntuale verifica, nella sentenza impugnata, delle
deposizioni dei testimoni e, in particolare, delle dichiarazioni della Pulito a
riscontro di quelle della Massa circa la minaccia a mano armata da
quest’ultima subita nel febbraio 2008, cui la prima assistette bloccando la
condotta del Di Genova, e delle dichiarazioni del parroco Plasmati in merito
al successivo fatto intimidatorio commesso dalla Romano il 10 aprile 2008,
con il richiesto intervento della polizia che trovò nella casa abitata dal Di
Genova il fucile artigianale contestato al capo a), mentre la pistola indicata
nel capo c) e utilizzata per il tentativo di rapina commesso nel febbraio
2008 di cui al capo b) non fu rinvenuta, le critiche sollevate dai ricorrenti si
risolvono nella reiterazione delle censure proposte e già esaminate dal
giudice di appello e, comunque, non espongono alcun vizio ammissibile in
questa sede.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
2

un’accurata analisi delle deposizioni rese dalle testimoni Massa e Pulito, alle

escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento a favore
della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo
determinare in euro mille.

P. Q. M.

delle spese processuali e, ciascuno, al versamento della somma di euro
1.000,00 alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 29 maggio 2013.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento

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