Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49015 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49015 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PEPE ANTONINO N. IL 05/01/1954
avverso l’ordinanza n. 23/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
14/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 14 giugno 2012 la Corte di appello di
Bologna, giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda proposta da Pepe
Antonino, intesa ad ottenere l’applicazione della disciplina della
continuazione tra reati giudicati con plurime sentenze di condanna.
A ragione della decisione la Corte ha osservato che i reati contro il
patrimonio (ricettazione di farmaci nel 1991-1993 e di scarpe, biancheria e

uni dagli altri, sicché non poteva ritenersi, in assenza di specifica prova
contraria, che al momento della deliberazione del primo fatto il Pepe già
avesse ideato, sia pure a grandi linee, la commissione di analoghi reati
attuati molto tempo dopo; ha aggiunto che le violazioni della legge sugli
stupefacenti erano eterogenee rispetto agli altri delitti contro il patrimonio e
risultavano commesse con diverse modalità e concorrenti, sicché non erano
ravvisabili elementi unificanti.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Pepe personalmente, il quale deduce l’errato giudizio della Corte di merito: i
delitti di ricettazione sarebbero stati commessi per procurarsi le risorse
economiche impiegate nell’acquisto di ingenti quantità di sostanze
stupefacenti tramite l’associazione finalizzata al narcotraffico di cui faceva
parte lo stesso Pepe.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza delle censure
proposte che sottendono una rivisitazione nel merito del giudizio sulla
continuazione, non ammissibile in questa sede, a fronte di una motivazione
del provvedimento impugnato, come sopra illustrata, adeguata e coerente
ed esente da violazioni delle norme giuridiche e delle regole della logica.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle

Di(

macchinari nel 1997) erano stati commessi a notevole distanza di tempo gli

ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare in euro
mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 29 maggio 2013.

delle ammende.

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