Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49009 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49009 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PUCCIO GIANFRANCO N. IL 21/09/1973
avverso l’ordinanza n. 215/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
07/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

777

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 7 maggio 2012 la Corte di appello di
Palermo, giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda proposta da
Puccio Gianfranco intesa ad ottenere l’applicazione della disciplina della
continuazione tra i fatti giudicati con quattro sentenze di condanna: la
prima della Corte di appello di Palermo in data 13 aprile 2005, irrevocabile

dal giugno 2000 al giugno 2002; la seconda della Corte di appello di
Palermo in data 19 giugno 2006, irrevocabile il 10 giugno 2009, per il
delitto di omicidio colposo plurimo, ai sensi dell’art. 589 cod. pen.,
commesso il 18 novembre 2001; la terza della Corte di appello di Palermo
in data 18 ottobre 2010, irrevocabile il 4 ottobre 2011, per plurimi fatti di
traffico di stupefacenti, commessi dal giugno 2001 al gennaio 2002; la
quarta sempre della Corte di appello di Palermo in data 23 gennaio 2006,
irrevocabile il 7 giugno 2006, per il delitto di riciclaggio di somme di denaro,
ai sensi dell’art. 648 bis cod. pen., commesso fino al 16 maggio 2000.

2. Avverso la predetta ordinanza hanno proposto distinti ricorsi per
cassazione il difensore del Puccio, avvocato Antonino Reina del foro di
Palermo, il quale deduce i vizi di violazione di legge in relazione all’art. 671
cod. proc. pen. e difetto di motivazione; e il Puccio personalmente, con
allegata documentazione; in data 18 giugno 2012 il Puccio ha presentato
motivi aggiunti.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. I ricorsi del difensore e del condannato sono inammissibili per la
manifesta infondatezza dei motivi dedotti.
Con motivazione adeguata e puntuale, esente da violazioni delle regole
del diritto e della logica, il giudice ha ritenuto, sulla base di un approfondito
esame dei contenuti delle sentenze dedotte e previa esclusione dal novero
dei delitti unificabili del plurimo omicidio colposo per sinistro stradale
intrinsecamente incompatibile con l’allegato disegno criminoso unitario, che
le condotte delittuose non fossero state fin dall’inizio pianificate e deliberate
dal condannato, sia pure nelle loro grandi linee, per la diversità tipologica
dei reati e dei contesti in cui erano stati commessi con diversi concorrenti:
in particolare, nessun nesso di interesse, finanziamento, condizionamento o
ausilio da parte dell’associazione Cosa Nostra, facente capo a Riina

il 30/10/2006, per i reati di cui agli artt. 416 bis e 629 cod. pen., consumati

Giuseppe Salvatore (figlio di Riina Totò), della quale il Puccio è stato
riconosciuto partecipe, era emerso con riguardo ai traffici di droga che il
Puccio e i suoi coimputati avevano messo in atto autonomamente,
costituenti oggetto di distinta sentenza di condanna; e, quanto al delitto di
riciclaggio di cui all’art. 648bis cod. pen., pure separatamente giudicato, era
stata esclusa la partecipazione del concorrente, Orlando Antonio, dominus
dell’operazione e condannato per il suddetto reato insieme al Puccio,

anche per tale fatto la motivata negazione del vincolo della continuazione
col fatto associativo.
A tali puntuali e coerenti rilievi i ricorsi dell’interessato e del suo
difensore contrappongono diverse interpretazioni dei dati processuali non
consentite in questa sede.
In sintesi, l’ordinanza impugnata è corretta e conforme alla consolidata
giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale (Sez. 1,
n. 2074 del 11/05/1992, dep. 05/06/1992, Valinotto, Rv. 190533;
conformi: n. 2529 del 1992; n. n.574 del 1993; n. 6553 del 1996; n. 18037
del 2004; n. 3747 del 2009; n. 40123 del 2010; n. 34756 del 2012).

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare in euro
mille.

2

dall’associazione per delinquere di tipo mafioso, diretta dal Riina, donde

P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 29 maggio 2013.

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