Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49008 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49008 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE ANGELIS PASQUALE N. IL 18/04/1978
avverso l’ordinanza n. 113/2012 GIP TRIBUNALE di SALERNO, del
31/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 31 maggio 2012 il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Salerno, giudice dell’esecuzione, ha respinto la
domanda di De Angelis Pasquale, intesa ad ottenere l’applicazione della
disciplina della continuazione tra i reati giudicati con diverse sentenze: la
prima della Corte di appello di Bologna, irrevocabile il 21 giugno 2006, di

30.000 di multa per il delitto di detenzione illecita di ingente quantità di
sostanze stupefacenti, commesso in Bologna, il 18/05/2003; la seconda
della Corte di appello di Salerno, irrevocabile I’ll novembre 2006, di
condanna del De Angelis alla pena di anni 7 e mesi 10 di reclusione per i
delitti di associazione di tipo mafioso e finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti, spaccio di esse in ingente quantità, violazioni della legge sulle
armi, estorsione e danneggiamento, commessi in Battipaglia e zone
limitrofe tra il 1997 e il 21 agosto 2001.
A ragione della decisione il Giudice ha dedotto: a) con precedente
ordinanza, avente lo stesso oggetto, era stata già respinta la domanda di
applicazione della continuazione tra i suddetti reati ai sensi dell’art. 671
cod. proc. pen.; b) il fatto nuovo su cui era fondata l’attuale domanda
consisteva nell’allegato stato di tossicodipendenza del De Angelis, ma esso
non risultava documentato, poiché, agli atti, esisteva la mera attestazione
della positività dell’istante ai cannabinoidi, accertata 1’11/03/2004 al
momento del suo ingresso in carcere, e la disponibilità recentemente
espressa da una comunità terapeutica, il 9/05/2012, di accogliere il De
Angelis in regime residenziale, senza dunque alcuna documentazione
sanitaria certificante lo stato di tossicodipendenza del ricorrente all’epoca
dei commessi reati, a partire dal lontano 1997; c) in ogni caso, l’analisi
delle sentenze dedotte e degli specifici atti prodotti dal difensore, tra cui le
dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia, Di Nolfo Salvatore, lungi
dall’avvalorare la tesi di una preventiva ideazione, fin dal 1997, anno di
adesione del De Angelis al sodalizio camorristico operante in Battipaglia e
territori limitrofi, dell’ultimo delitto di illecito traffico di sostanze
stupefacenti commesso, molti anni dopo, nel maggio 2003 in altro contesto
territoriale (Bologna) e con diversi complici, corroboravano piuttosto la tesi
di una discontinuità tra il precedente impegno criminale di tipo associativo,
cessato nel 2001, e la nuova attività criminale intrapresa in diverso
contesto territoriale e a distanza di quasi due anni.

condanna del De Angelis alla pena di anni 6 e mesi 4 di reclusione ed euro

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
De Angelis tramite

il

suo difensore, il quale lamenta il vizio della

motivazione nel triplice profilo della mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità.

CONSIDERATO in DIRITTO

dedotto.
Con motivazione adeguata e puntuale, esente da violazioni delle regole
del diritto e della logica, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto che le
condotte delittuose non fossero state fin dall’inizio pianificate e deliberate
dal condannato e ha escluso la documentata esistenza di uno stato di
tossicodipendenza all’epoca dei fatti giudicati.
E ciò in conformità della consolidata giurisprudenza di questa Corte,
secondo la quale (Sez. 1, n.
2074 del 11/05/1992, dep. 05/06/1992, Valinotto, Rv. 190533; conformi:
n. 2529 del 1992; n. n.574 del 1993; n. 6553 del 1996; n. 18037 del 2004;
n. 3747 del 2009; n. 40123 del 2010; n. 34756 del 2012).

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare in euro
mille.

2

1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 29 maggio 2013.

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