Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49006 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49006 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SESTA FILIPPO N. IL 30/09/1950
avverso l’ordinanza n. 6865/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 20/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 20 luglio 2012 il Tribunale di sorveglianza di
Roma ha respinto il reclamo proposto da Sesta Filippo avverso il decreto in data
2 novembre 2011 del Ministro della Giustizia di proroga del regime penitenziario

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Sesta
tramite il difensore, il quale deduce il vizio di motivazione in punto di omessa e
comunque illogica motivazione sulle condizioni di salute del Sesta, affetto da
grave depressione e, quindi, non in condizione di mantenere contatti con il
gruppo criminale di riferimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso risulta basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità.
L’art. 41 bis, comma 2-bis, della I. n. 354 del 1975, sostituito dall’art. 2,
comma 25, lett. d), della I. 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce che i provvedimenti
applicativi del regime di detenzione differenziato sono prorogabili

“per

successivi periodi, ciascuno pari a due anni (…), quando risulta che la capacità
di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva
non è venuta meno”.

L’ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione è segnato dal
comma 2-sexies [recentemente sostituito dall’art. 2, comma 25, lett. b), I. n.
94 del 2009, cit.] del novellato art. 41-bis, a norma del quale il Procuratore
nazionale antimafia, il Procuratore della Repubblica che procede alle indagini
preliminari, il Procuratore generale presso la Corte d’appello, il detenuto,
l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni della sua
comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale (solo)
“per violazione di legge”.

La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso,
oltre che all’inosservanza delle disposizioni di legge sostanziale e processuale,
all’inesistenza della motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i
casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e logicità, al punto di risultare meramente apparente o
assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice
di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee

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differenziato di cui all’art. 41bis Ord. Pen.

argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei
necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno
giustificato la decisione (Sez. Un. 28 maggio 2003, Pellegrino, Rv. 224611; Sez.
I, 9 novembre 2004, Santapaola, Rv. 230203; Sez. 6, n. 7651 del 14/01/2010,
dep. 25/02/2010, Mannino, Rv. 246172).

2.

Alla luce di questi principi il Collegio osserva che il ricorso è

riguardo alle condizioni di salute del ricorrente che sarebbero incompatibili con
la sua capacità di mantenere contatti con il gruppo criminale di appartenenza.
Né va taciuto che l’ordinanza impugnata, alle pagine 4 e 5, affronta il tema
della forte depressione da cui sarebbe affetto il Sesta, escludendo, da un lato,
la gravità del disturbo non incidente, come prospettato dall’istante, sulla sua
capacità di intendere e di volere, secondo l’acquisita relazione sanitaria; e
sottolineando, dall’altro, l’attualità del pericolo di collegamenti criminali del
Sesta, avallato da molteplici elementi puntualmente richiamati e illustrati:
a) profilo criminale dell’interessato e posizione di rilievo rivestita all’interno del
sodalizio; b) vitalità permanente dell’organizzazione di riferimento; c) condotta
intramuraria del Sesta, costellata da innumerevoli rapporti disciplinari, anche
recenti e pesantemente sanzionati.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto, ai
sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost.
sentenza n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende
di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro cinquecento.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500,00 (cinquecento/00) in favore
della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 maggio 2013

Il consigliere estensore

DEPOZi TA,T”

residente

inammissibile, perché si limita a denunciare l’omessa o illogica motivazione con

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