Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49001 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49001 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARINUCCI GIACOMO N. IL 11/03/1962
avverso la sentenza n. 566/2011 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE
di VICENZA, del 29/03/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 marzo 2011 il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Vicenza ha applicato a Marinucci Giacomo, ex art. 444 cod. proc.
pen., per i reati di violazione della legge sulle armi e ricettazione, unificati nella

2. Ricorre per cassazione il Marinucci tramite il difensore, il quale deduce
due motivi: carenza di motivazione della sentenza sulla congruità della pena;
mancata applicazione della circostanza attenuante della (testualmente)
“col laboratività”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla
concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della
pena. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei
menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla,
dopo aver accertato che non emerga in modo evidente una delle cause di non
punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che -una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ex art. 444 cod. proc. pen.- l’imputato non può rimettere in discussione profili
oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal
patteggia mento.
Tanto premesso, la Corte osserva che i motivi di ricorso sono
manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto nell’accordo
intervenuto fra le parti, apprezzando la congruità della pena pattuita; e,
dall’altro, ha escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’art.129 cod. proc.
pen., alla stregua delle fonti di prova puntualmente indicate in sentenza.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra le altre, Sez. U, n. 5777 del

continuazione, la pena di anni tre di reclusione ed euro 4.000,00 di multa.

27/03/1992, dep. 15/05/1992, Di Benedetto, Rv. 191134 e 191135; Sez. U, n.
10372 del 27/09/1995, dep. 18/10/1995, Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n.
11493 del 24/06/1998, dep. 03/11/1998, Verga, Rv. 211468).

2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella

2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria, che si stima equo determinare in euro millecinquecento.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.500,00 in favore della
cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 maggio 2013

Il consigliere estensore

Il presidente

determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del

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