Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4900 del 27/11/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4900 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

DI CESARE GIUSEPPE
avverso la sentenza

n. il 10.12.1991
n. 665/2013 del Tribunale di Foggia del

11.04.2013
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita all’udienza camerale del 27 novembre 2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. Claudio D’Isa
Lette le richieste del Procuratore Generale nella persona del dott.ssa M.
Giuseppina Fodaroni che ha concluso per l’annullamento senza rinvio
dell’impugnata sentenza con trasmissione atti al Tribunale di Foggia.

Data Udienza: 27/11/2014

FATTO E DIRITTO
1. L’imputato DI CESARE Giuseppe ricorre per cassazione contro la
sentenza di applicazione concordata della pena in epigrafe indicata, deducendo
carenza di motivazione della medesima in ordine all’insussistenza di una delle
“cause di non punibilità” di cui all’articolo 129 c.p.p., e carenza di motivazione
in ordine alla ritenuta congruità della pena.
2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché

lettera c), c.p.p., perché i motivi sono privi del requisito della specificità,
consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto
di effettiva critica alla decisione impugnata, ma questa Corte non può non
tener conto dello ius supervergens di cui al comma 24 ter dell’art 1 del D.L.
36/2014 convertito in L. 79/2014 con cui è stato modificato il comma V
dell’art. 73 d.P.R. 309/90 attribuendo all’ipotesi ivi prevista la configurazione
dì figura autonoma dì reato anziché dì circostanza attenuante speciale. La
inammissibilità dei motivi del ricorso non impedisce l’applicazione della legge
più favorevole, non potendosi considerare preclusiva la formazione del
giudicato in senso sostanziale (nel senso da ultimo espresso da S.U. n.
24246/2004, Chiasserini), atteso che l’intervento normativo è successivo alla
data di proposizione del ricorso.

2.1 La nuova formulazione del V comma richiamato riguarda tutti i tipi
di sostanza stupefacente, senza alcuna distinzione tra droghe pesanti e droghe
leggere, e prevede la pena della reclusione da mesi sei ad anni quattro e la
multa da € 1.032 ad € 10.329, inferiore a quella prevista dal precedente d.l.
146 del 2013 convertito in L. 10/2014 ( che già aveva configurato l’ipotesi di
cui al comma V art. 73 come fattispecie autonoma di reato, senza distinzioni
tra tipi di droga, con una pena detentiva da uno a cinque anni), ed ancora più
mite rispetto alla pena prevista dallo stesso articolo nella formulazione (Legge
Fini/Giovanardi) in vigore al momento del fatto.
Inoltre è stato inserito il comma V bis dell’art. 73 in base al quale
“nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo
commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze
stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di
applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice
di procedura penale, su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero,
qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della
pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro

proposto per motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1,

di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.
274, secondo le modalità ivi previste.”
2.2

Va anche ricordato che, ancor prima dell’entrata in vigore

della L- 79/2014 e successivamente all’entrata in vigore del D.L. 146/2013,
convertito in L. 10/2014, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 32 del
2014, depositata il 25.02.2014, che, per quanto qui rileva, ha dichiarato la
illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49, cioè del
testo dell’art. 73 d.P.R. 309/90 nella formulazione di cui alla predetta legge

espressamente affermato, l’applicazione dell’art. 73 del predetto d.P.R.
309/90 e relative tabelle nella formulazione originaria (Legge c.d. “IervolinoVassalli”)
Sul piano intertemporale, il problema dell’individuazione della legge
più favorevole va risolto, secondo quanto costantemente affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte, privilegiando la disposizione in concreto
complessivamente più favorevole (e non attraverso una combinazione di parti
di disposizioni diverse), e distinguendo.
a)i fatti commessi prima dell’entrata in vigore della “Fini Giovanardi”, da giudicare scegliendo la legge più favorevole tra quella in
vigore al momento del fatto (ovvero tra l’originario comma 5 dell’art. 73,
circostanza attenuante ad effetto speciale articolata in distinte previsioni
sanzionatorie a seconda della tipologia “pesante” o “leggera” della sostanza
trattata) ed il reato autonomo introdotto dal d.l. 146 del 2013: senza alcuna
possibilità di fare applicazione – anche se in ipotesi più favorevole – della lex
intermedia dichiarata incostituzionale, dal momento che “il principio di
retroattività della norma penale più favorevole in tanto è destinato a trovare
applicazione, in quanto la norma sopravvenuta sia, di per sé,
costituzionalmente legittima” (Corte cost., sent. n. 394 del 23 novembre
2006);
b) i fatti commessi durante la vigenza della “Fini – Giovanardi”, in
relazione ai quali dovrà invece tenersi conto, nell’individuazione della legge
più favorevole, anche delle norme dichiarate incostituzionali, “per il valore
assoluto de/principio di irretroattività della norma meno favorevole”2.
E’ in tale contesto che si colloca l’ulteriore modifica, apportata all’art.
73 comma 5 del testo unico, dalla legge n. 79: modifica, come già evidenziato,
consistita esclusivamente nella mitigazione della risposta sanzionatoria
(reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da euro 1.032 a euro 10.329, in

c.d. “Fini-Giovanardi”, determinando, come dalla Corte Costituzionale

luogo della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro
26.000), senza alcun intervento volto a ripristinare la distinzione tra “droghe
leggere” e “droghe pesanti”, che – come già più volte accennato – è ormai
tornata in vigore per i fatti non lievi e che, nell’originaria formulazione dell’art.
73 del testo unico, connotava anche il trattamento sanzionatorio per i fatti di
lieve entità.
In ragione di quanto esposto e dovendo trovare applicazione la
disposizione di cui all’art. 2, comma 4 codice penale, si impone

del patto con trasmissione degli atti al Tribunale di Foggia.
P.Q. M.
Annulla l’ impugnata sentenza senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Foggia.
Così deciso in Roma all’udienza camerale del 27 novemb e 2014.

l’annullamento della sentenza senza rinvio essendo venuta meno la validità

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