Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 490 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 490 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARITI ANDREA CARMINE N. IL 16/07/1984
avverso l’ordinanza n. 194/2014 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
14/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ErAti am
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Uditi difensor AvvI\ILR oGDQ39),,o, ì”)(0C6DoeG, i ?.9-à-Pe23 C9

Data Udienza: 02/07/2014

I difensori del Pariti hanno presentato ricorso per i seguenti motivi :
1. violazione di legge in riferimento all’art. 267 co. 4 c.p.p. : le intercettazioni ambientali delle
conversazioni intercorse nell’istituto carcerario di Taranto tra LEO Andrea e Ingrosso Maria
Valeria sono state effettuate non da ufficiali o da agenti di polizia giudiziaria ,delegati dal P.M. ma
da un soggetto estraneo, l’ingegnere Tagarelli , legale rappresentante dell’impresa che aveva
installato i macchinari nella sala colloqui.; il tecnico non era stato però delegato dal P.M. I giudici
di merito hanno ritenuto di ricorrere ad una fictio iuris , nel senso di affermare che la polizia
giudiziaria, incaricata dal P.M. aveva fatto ricorso all’estraneo, grazie al disposto ex art. 348 co. 4
c.p.p. Con questa tesi, di fatto, si viene così a riconoscere al P.M. la facoltà di delega al privato
l’esercizio di attività lesive del diritto alla segretezza delle comunicazioni, facoltà che la legge non
gli riconosce. L’atto quindi è nullo e rende inutilizzabili i risultati dell’indagine.
2. vizio di motivazione : il collegio ha omesso di effettuare un’accurata analisi della credibilità
soggettiva dei tre collaboratori di giustizia (MANNA, VERARDI, INGROSSO) . Inoltre
nell’ordinanza non si rinvengono appigli investigativi che siano indicativi dell’operatività di un
sodalizio avente i connotati di un’associazione mafiosa;
3. vizio di motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari : la presunzione di adeguatezza
prevista dal co. 3 dell’art. 275 c.p.p. , avendo natura relativa ammette la prova contraria, la cui
sussistenza è stata prospettata dalla difesa, ma è stata ignorata dal tribunale del riesame.

Il ricorso non merita accoglimento in quanto ripropone censure di carattere procedurale e
direttamente inerenti alla valutazione del quadro indiziario,la cui infondatezza è già stata
compiutamente analizzata ed esposta dal tribunale del riesame.
E’ stato infatti evidenziato dal tribunale di Lecce il regolare ricorso, da parte del P.M. ad un
percorso procedurale attraverso cui l’ing. Tagarelli è stato investito dell’incarico di provvedere
all’espletamento delle operazioni di installazione e utilizzazione dei congegni funzionali
all’intercettazione della conversazioni avvenute nella sala colloqui del carcere di Taranto , nei
giorni 15.12.2012 e 5.1.2013 tra l’indagato Leo e la sua compagna : il P.M. , nel suo decreto
autorizzativo del 20.11.2012 ha indicato nella società TEST, legalmente rappresentata dal predetto
tecnico, la persona giuridica incaricata dell’espletamento delle attività di registrazione audio e
video necessarie per le disposte intercettazioni ambientali. Deve quindi concludersi che la persona
fisica suindicata ha operato non in base ad un’anomala delega, disposta autonomamente dalla
polizia giudiziaria, ma sulla scorta del decreto autorizzativo del P.M., datato 20.11.2012 , nel quale
era anche previsto che la polizia potesse avvalersi del personale e delle apparecchiature della
predetta società.
Quanto alla censura sulla mancata analisi della credibilità delle fonti conoscitive , utilizzate dai
giudici di merito per delineare la base indiziaria, su cui è stata fondata l’emissione della misura
cautelare, va rilevato che
a. gli indizi relativi al reato continuato di spaccio di cocaina(capo AM), sono stati desunti da
precise, coerenti e coincidenti dichiarazioni dei collaboratori suindicati sul ricorrente
(indicato come Andrea di Pisignano, detto il palestrato) , che “vendeva molto forte la

FATTO E DIRITTO
Nell’interesse di PARITI ANDREA CARMINE è stato presentato ricorso avverso l’ordinanza
14.3.2014 del tribunale di Lecce con la quale è stato rigettata la richiesta di riesame dell’ordinanza
21.2.2014 del Gip applicativa della misura della custodia in carcere in ordine ai reati di
partecipazione ad associazione mafiosa, di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di
stupefacenti, di detenzione continuata a fine di spaccio di cocaina, di tentata estorsione in danno di
Mingiano Salvatore e in danno di Perfetto Giuseppe..

cocaina, disponibile al commercio della sostanza , purchè “di buona qualità, attesa la
tipologia dei clienti”, ad un ritmo di 500 grammi alla settimana, avendo alle proprie
dipendenze molti pusher, ( è stato anche trovato in possesso ,i130.3.2011, di un grammo
della sostanza predetta). I dubbi sulla credibilità soggettiva dei collaboratori sono oltre che
generici, del tutto sovrastati da questo incontrastato quadro indiziario ;
b. gli indizi relativi alle tentate estorsioni (capi AZ e BI) sono stati desunti , quanto alla prima,
dalle dichiarazioni del Verardi Alessandro (confermate dall’Ingrosso e dagli accertamenti
della polizia giudiziaria) ; il Verardi rievoca con estrema precisione la spedizione
intimidatoria effettuata da lui stesso e da altri complici, tra cui “Andrea di Pisignano”, la cui
pistola fu utilizzata dal dichiarante per esplodere alcuni colpi contro la porta dell’abitazione
della persona offesa, Mingiano Salvatore, detto Cocò. Quanto alla tentata estorsione in
danno di Perfetto Giuseppe, gestore di un bar, ancora il Verardi ricostruisce
– l’anomalo quadro dei rapporti commerciali tra questo esercizio ed un altro che vendeva le
bevande alcoliche a prezzi troppo bassi ,
– la richiesta al Perfetto ,presentatogli dal Pariti, di versare al gruppo criminale il 25% degli
introiti,
– l’accettazione da parte della vittima, condizionata all’intervento “punitivo” del clan in
danno dello sleale concorrente. . La partecipazione del Pariti è stata confermata dalle
dichiarazioni dell’Ingrosso. Anche in questa duplice vicenda, storicamente rievocata da
precise e concordanti dichiarazioni dei collaboratori, le implicite e generiche censure della
difesa sulla credibilità soggettiva delle fonti sono del tutto inconsistenti;
c. gli indizi relativi ai reati contestati al Parti di cui ai capi A-B, (aventi ad oggetto le
associazioni criminose ex artt. 416 bis c.p. e 74 DPR 309/90 , capeggiate da Verardi Alessandro
e Leo Andrea, nelle quali ha operato prevalentemente nel settore del commercio di stupefacenti
e poi quale referente esterno e gestore della cassa comune del clan mafioso), derivano dalle
narrazioni del Verardi , dalle missive a questi inviate da altri sodali, dalle narrazioni
dell’Ingrosso Mauro, dalle intercettazioni delle conversazioni avvenute nella sala colloqui tra il
detenuto Leo e la compagna Ingrosso Maria Valeria. Questo quadro indiziario mostra
innanzitutto un intreccio di investimenti di denaro, di impegno organizzativo, dirigenziale ed
esecutivo di numerosi soggetti, di azioni intimidatorie nel campo della distribuzione di beni e
servizi , di acquisizione e vendita di sostanze stupefacenti, di predisposizione di una cassa
comune, con funzione previdenziale in favore dei familiari di sodali detenuti . Questi
incontestabili dati storici sono stati razionalmente e insindacabilmente valutati dai giudici di
merito come dimostrativi della sussistenza di strutture organizzative e programmatiche dei due
clan criminosi indicati nei capi di imputazione . Da questa quadro indiziario deriva anche la
dimostrazione dell’organico inserimento del Pariti in entrambe le associazioni , in quanto è
risultato che
1. Leo Andrea, dopo il suo arresto avvenuto nell’autunno del 2001, aveva riorganizzato il
proprio gruppo e aveva fatto consegnare la contabilità al Pariti, divenuto gestore del gruppo,
unitamente alla compagna del Leo, Ingrosso Maria Valeria;
2. in questa fase di ricostituzione dell’organizzazione, il traffico di sostanze stupefacenti è stato
gestito dal solo Pariti, investendo le proprie risorse economiche;
3. il medesimo ha provveduto al mantenimento dei detenuti e dei loro familiari ;
4. il recupero dei crediti è stato ugualmente affidato al ricorrente, che si avvaleva della
collaborazioni di a,tri sodali.
Alla luce di questi risultati delle indagini sin qui svolte è del tutto incensurabile la conclusione
dell’ordinanza impugnata, secondo cui, a seguito dell’esecuzione dell’ordinanza coercitiva nei
confronti dei vertici del clan, il Pariti Andrea ha assunto un ruolo di assoluto rilievo
dirigenziale all’interno delle associazioni criminose, capeggiate da Verardi e Leo . Gli elementi
a suo carico derivano sia dalla collimanti propalazioni dei collaboratori di giustizia, sia dalle
suindicate emergenze probatorie.

Le argomentazioni critiche formulate dai difensori per il loro caratteristiche di fattuale
genericità sono del tutto inammissibili.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 2 luglio 2014
Il consi
ste s re
Antoni
ve

Il presidente
Gennaro Marasca

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1 ter disp.a
Il president

NIT

Quanto alle esigenze cautelari, l’ordinanza ha correttamente rilevato che i gravi indizi di
colpevolezza per uno dei reati di cui all’art. 275 co. 3 c.p.p. rendono esclusivamente adeguata la
misura della custodia in carcere, residuando per il giudice l’obbligo di verificare l’inesistenza di
elementi che ictu ocu/i consentano di ritenere superata la presunzione di legge. E’ pienamente
conforme alle risultanze delle indagini specificamente svolte dal Gip la conclusione sul protrarsi del
legame del Pariti con l’organizzazione , nella quale ha raggiunto in breve tempo e in epoca recente
un elevato livello di autorità e credito criminosi, correlato ad un pari livello di pericolosità sociale.

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