Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49 del 30/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49 Anno 2015
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CHITOROAGA Ion, nato a Calarasi (Moldavia) il 15/11/1980,
avverso la sentenza del 23/10/2014 della Corte di Appello di Venezia;
esaminati gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione svolta dal consigliere Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

FATI-0 E DIRITTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Venezia ha
dichiarato sussistenti le condizioni per l’esecuzione del mandato di arresto europeo
emesso il 28.1.2014 dal giudice delle indagini preliminari della Pretura di Eger
(Repubblica di Ungheria) per finalità processuali nei confronti del cittadino moldavo Ion
Chitoroaga, sottoposto ad indagini per il reato di omicidio colposo stradale in concorso di
cause previsto dall’art. 187 del codice penale ungherese in relazione al decesso di un
cittadino polacco avvenuto il 27.8.2011 in territorio ungherese all’esito di un sinistro
autoveicolare, in cui è stata coinvolta una vettura guidata dal Chitoraga.
Contenendo già il mandato di arresto ungherese, espressamente emesso con
validità anche di mandato di arresto nazionale ungherese ( ‘secondo la legislazione
magiara attuativa della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio U.E. in tema di

Data Udienza: 30/12/2014

procedura di consegna penale tra Stati membri), tutte le necessarie informazioni
previste dall’art. 6 co. 4 L. 69/2005, la Corte di Appello ha altresì richiesto e ricevuto
documentazione di supporto dell’autorità giudiziaria ungherese costituita dal documento
denominato “atto di accusa” emesso dal Procuratore distrettuale di Eger il 30.1.2014 nei
confronti del Chitoroaga (cioè dalla sua citazione a giudizio con indicazione delle fonti dì
prova). Per l’effetto, ritenuta la punibilità del fatto ascritto al prevenuto anche secondo
la legge penale italiana (art. 589 c.p.), la Corte lagunare ha rilevato sussistere i

svolte dalla polizia giudiziaria ungherese nell’immediatezza e sul luogo del sinistro
stradale, ivi inclusa l’assunzione di testimonianze sull’accaduto, nonché l’assenza di
situazioni ostative alla consegna sussumibili nella casistica di cui all’art. 18 L. 69/2005.
Consegna che tuttavia, stante il ritenuto radicamento residenziale in territorio italiano
del prevenuto, è stata subordinata al rinvio in Italia del Chitoroaga dopo lo svolgimento
del processo a suo carico (art. 19 -co. 1, lett. c- L. 69/2005)
2. Contro la decisione favorevole all’esecuzione dell’euromandato di arresto
ungherese ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Ion Chitoroaga, deducendo
i motivi di doglianza di seguito sintetizzati.
2.1. Violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 6 CEDU.
L’art. 111 Cost. afferma il principio del giusto processo; l’art. 6 CEDU afferma il
diritto di ogni persona di essere informata nel più breve tempo possibile del contenuto
dell’accusa elevata contro di lui.
Il mandato di arresto ungherese è contraddittorio nella parte in cui si indica come
inesistente il domicilio indicato dal Chitoroaga in fase di indagini sul sinistro stradale in
cui è stato coinvolto, ipotizzandone una sostanziale irreperibilità. Così non è, perché il
consegnando è sempre stato residente in provincia di Rovigo (nel Comune di Porto Viro)
all’indirizzo riferito quando il 19.3.2012 è stato interrogato dalla polizia ungherese.
2.2. Violazione degli artt. 6 -co. 4, lett. a)- e 18 -lett. t)- L. 69/2005.
La richiesta di integrazione documentale avanzata dalla stessa Corte di Appello
di Venezia non ha trovato appagante risposta dell’autorità ungherese. Manca, infatti, la
necessaria relazione sui fatti addebitati e il mandato di arresto non reca idonea
motivazione, atteso che le fonti di prova sono elencate in modo del tutto generico e tale
da impedire di analizzare la ricostruzione della dinamica dell’incidente stradale mortale
che si assume causato anche dal concorso di colpa del consegnando.
2.3. Erronea applicazione dell’art. 18 -lett. e)- L. 69/2005.
Incongruamente la Corte di Appello, eludendo il canone iura novit curia, non ha
attribuito rilevanza alla mancata verifica (o comunicazione al riguardo, la relativa
richiesta essendo rimasta priva di risposta) sull’esistenza di limiti massimi della

necessari gravi indizi di colpevolezza a carico del consegnando, desumibili dalle indagini

carcerazione preventiva almeno fino alla sentenza di condanna di primo grado. In tale
situazione il ricorrente è esposto ad una custodia cautelare indeterminata, giacche il
mandato ungherese non reca alcuna indicazione in proposito.
3. L’impugnazione proposta nell’interesse di Ion Chitoroaga non può trovare
accoglimento, perché i descritti motivi di censura sono privi di pregio.
3.1. Manifestamente infondati sono i rilievi in ordine alla presunta erroneità del

esatto domicilio italiano. Nel provvedimento magiaro si precisa, infatti, che il 19.3.2012
il Chitoroaga è stato escusso come indagato presso il commissariato di polizia di
Rizesabony e che “in una successiva fase delle indagini si è verificato che l’indirizzo
fornito dall’indagato è inesistente in Italia”. La mancata reperibilità del consegnando in
Italia è riscontrata dagli atti relativi al suo arresto per fini di consegna avvenuto in data
8.5.2014, precisandosi nel pedissequo verbale di p.g. che il Chitoroaga risiede a Porto
Viro (Rovigo) ma ad un indirizzo (Borgo Rivoli n. 10) diverso da quello indicato alla
polizia ungherese (Via Torino 11) e riprodotto nella epigrafe dell’euromandato magiaro.
3.2. La censura relativa alla carente motivazione del mandato di arresto
ungherese con riguardo ai gravi indizi di colpevolezza nei confronti del consegnando in
rapporto al reato di omicidio colposo contestatogli è infondata.
La sentenza della Corte veneta ha puntualmente evidenziato come il m.a.e.
ungherese e la relazione integrativa (il citato “atto di accusa” formulato dal pubblico
ministero magiaro) contengano una dettagliata enunciazione delle fonti di prova che
suffragano l’imprudente condotta di guida del Chitoroaga e la sua relazione di diretta
causalità concorsuale con il decesso di un automobilista polacco.
Ne discende che il m.a.e. ungherese è adeguatamente corredato da una idonea
sintesi dell’episodio incriminato e dalla descrizione della specifica condotta del
consegnando nella dinamica spazio-temporale e sequenziale del sinistro stradale. Non
ha pregio, quindi, la censurata carenza di motivazione in punto di verifica della gravità
del quadro indiziario richiesta ai fini della consegna per motivi processuali dal combinato
disposto degli artt. 17, co. 4, e 18, lett. t), L. 69/2005. Per gli effetti di detto compendio
normativo è necessario e sufficiente -per stabile giurisprudenza di questa S.C.- che gli
indizi di colpevolezza siano ragionevolmente ritenuti gravi dall’autorità giudiziaria
emittente, atteso che in tema di valutazione degli indizi non è fatto alcun rinvio né al
disposto dell’art. 273 c.p.p. né a quello dell’art. 275 co. 2-bis c.p.p. ( Sez. 6, n. 16362
del 16.4.2008, Mandaglio, Rv. 239649; Sez. 6, n. 44911 del 6.11.2013, Stoyanov, Rv.
257466). Di guisa che l’autorità giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che
l’euromandato sia basato su dati indiziari che l’autorità giudiziaria emittente giudichi
“seriamente evocativi dei fatti reato commessi dalla persona di cui si chiede la

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mandato di arresto ungherese sulla reperibilità del consegnando in Italia e sul suo

consegnalcfr.: Sez. U, n. 4614 del 30.1.2007, Ramoci, Rv. 235348; Sez. 6, n. 4528 del
27.1.2012, Baldi, Rv. 251959).
3.3. Infondato è il motivo di ricorso concernente l’asserita ignoranza di eventuali
limiti temporali della custodia cautelare nell’ordinamento processuale penale ungherese.
Premesso -come dato- storico che il sistema ungherese prevede limiti inderogabili della
custodia cautelare nella sola fase delle indagini preliminari (pre trial), la questione è

priva di rilievo nello specifico caso del Chitoroaga per le ragioni esposte nella sentenza

Per un verso non può non osservarsi che per l’ordinamento ungherese non è
obbligatorio o comunque necessariamente applicabile un regime di custodia cautelare
per il reato di omicidio colposo ascritto al consegnando, bastando al riguardo rilevare
che nessuna misura restrittiva l’autorità giudiziaria ungherese ha emesso a suo carico
anche in situazione di sua oggettiva presenza in Ungheria (interrogatorio dinanzi alla
polizia giudiziaria svoltosi nel 2012 in stato di libertà).
Per altro verso congruamente la Corte di Appello di Venezia, richiamando principi
fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui non è necessaria la previsione di
termini fissi di durata della custodia, ma soltanto che l’ordinamento e la prassi
processuale assicurino in concreto che l’imputato sia al più presto portato a giudizio o
sia altrimenti scarcerato (Sez. U, n. 4614 del 30.1.2007, Ramoci, Rv. 235352), ha
segnalato che -come da produzione del difensore del ricorrente- l’autorità giudiziaria
ungherese ha emesso nei confronti del Chitoroaga atto di citazione per il giudizio per il
corrente mese di dicembre 2014.
Ma non basta, a dimostrazione del dato per cui l’euromandato ungherese assume
le caratteristiche di un semplice mandato di comparizione o di una citazione in giudizio
per lo svolgimento del processo di merito (come si evince dall’atto di accusa del p.m.
magiaro), piuttosto che quelle di un provvedimento coercitivo endoprocedimentale, è
sufficiente ricordare che la sentenza impugnata ha espressamente condizionato la
consegna del Chitoroaga al suo rinvio in Italia per scontarvi la pena eventualmente
irrogatagli in Ungheria («dispone la consegna subordinatamente alla condizione che lo
stesso, dopo essere stato “ascoltato”, sia rinviato in Italia per scontarvi la pena
eventualmente pronunciata nei suoi confronti dall’autorità giudiziaria ungherese»). Di tal
che il ricorrente è in definitiva soltanto chiamato a partecipare al processo nell’attuale
stato di libertà (alla convalida del suo arresto di p.g. per fini comunitari non ha fatto
seguito l’applicazione di alcuna misura cautelare).
Al rigetto dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali. La cancelleria provvederà alla comunicazione della
presente decisione al Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 22 co. 5 L. 69/2005.

4

impugnata.

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della legge
69/2005.
Roma, 30 dicembre 2014

Il consiglier estefisore
Giacorn P oloni

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