Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49 del 12/09/2013


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Penale Sent. Sez. F Num. 49 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CESARINI ANTONIO DANIELE N. IL 04/09/1965
MARRI ORAZIO N. IL 09/05/1948
MANFREDI MARCO N. IL 08/05/1969
avverso la sentenza n. 828/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
10/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4 Lil t tr 1:9 Lt t 21 yr 17 h
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/09/2013

RITENUTO IN FATTO
Marri Orazio, Manfredi Marco e Cesarini Antonio ricorrono per cassazione
avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona, in data 10-7-12 , con la
quale è stata confermata , in punto di responsabilità , la sentenza di condanna
emessa in primo grado in ordine ai delitti di usura , associazione a delinquere
ed estorsione.
2. Marri Orazio deduce, con il primo motivo, imprecisione e contraddittorietà del
capo d’imputazione i, relativo al reato di usura, non enunciato in modo chiaro e
preciso e privo di indicazione delle operazioni che concretizzerebbero il
predetto delitto.
2.1. Con il secondo motivo, si deduce inattendibilità della deposizione della parte
lesa, Donati.
2.2. Con il terzo motivo , si lamenta violazione degli artt 644 e 157 cp
cpp , rappresentandosi che, in ordine ai capi j, K e M, è erroneo fissare la
decorrenza del termine prescrizionale al gennaio —febbraio 2005 ,
collegandola all’arresto del Cesarini . Essa va infatti individuata nella data
dell’ultimo pagamento eseguito da ciascuna persona offesa , con
conseguente prescrizione del reato.
2.3. Con il quarto motivo, si rappresenta che l’aggravante di cui all’art 644 co 5 n 4
va esclusa poiché la persona offesa Donati Enrico non svolgeva , al momento
del fatto-reato, alcuna attività imprenditoriale né vi è prova che Borgia Enrico
gestisse un’attività artigiana.
2.4. Con il quinto motivo , si denuncia motivazione apparente in merito alla
sussistenza dello stato di bisogno nell’ottica della ravvisabilità
dell’aggravante di cui all’art 644 n 3 cp .
2.5. Con il sesto motivo, si deduce insussistenza dell’aggravante di cui all’art 644
co 5 n 1 cp poiché non vi è alcun collegamento fra l’attività professionale del
Montalti , che gestiva un’agenzia per la concessione del credito, e i fatti di
usura , anche perchè né il Donati né gli altri soggetti passivi erano clienti del
Montalti .
motivazione in merito
2.6. Con il settimo motivo , si deduce vizio di
all’imputazione sub K poichè la persona offesa Borgia e il Marri non si sono
mai conosciuti e , tra le centinaia di telefonate intercettate , non ve ne è
alcuna tra il Borgia e il Marri . Vi è viceversa una dichiarazione di debito
firmata dal Borgia verso il suo unico creditore, Cesarini.
2.7. Con l’ottavo motivo , si censura la motivazione della sentenza impugnata ,
nella parte in cui non esamina le dichiarazioni di Palermo Giuseppe , che
scagiona il Marri..

i

1.

CONSIDERATO IN DIRITTO
6. Il primo motivo del ricorso di Marri Orazio è manifestamente infondato. Occorre
, al riguardo, prendere le mosse dal rilievo che il requisito della determinatezza
dell’imputazione è funzionale all’esplicazione del diritto di difesa attraverso la
previsione di una enunciazione dettagliata- e quindi incentrata sulle peculiarità
del caso sub iudice- dei lineamenti fattuali dell’accusa. La genericità della
contestazione , infatti , incide negativamente sulla possibilità , per l’imputato,
di effettuare una scelta meditata sulla linea di difesa da assumere ( Cass 9-1-92,
Giorgetto , Arch. N. proc. Pen 1992, 618). Dunque , ai fini dell’integrazione degli
estremi del requisito dell’enunciazione del fatto in forma chiara e precisa , di cui
all’art 429 cpp , è sufficiente che i lineamenti fattuali dell’addebito siano
2

2.8. Con il nono motivo, si censura l’omesso riconoscimento delle attenuanti
generiche , vista anche la collaborazione con la Procura della Repubblica di
Pesaro.
3. Manfredi deduce , con il primo motivo , violazione dell’ art 416 cp e vizio di
motivazione, in quanto il Manfredi era sistematicamente escluso dai discorsi
degli altri partecipanti all’associazione, non condivideva le finalità della stessa e
non contribuiva volontariamente alla realizzazione del programma criminoso ,
anche se era impossibilitato a rifiutare gli ordini che gli venivano impartiti , per
timore di conseguenze negative a suo carico , poiché una volta era stato
picchiato.
3.1. Il secondo motivo investe invece il reato di estorsione in danno di Cesarini ,
che ha scagionato il Manfredi , riferendo che quest’ultimo anzi era rimasto
allibito della condotta tenuta dai complici
3.2. Il terzo motivo si appunta invece sul mancato riconoscimento dell’attenuante
di cui all’art 114 cp relativamente al reato di estorsione in danno del Cesarini
3.3. L’ultimo motivo di ricorso critica invece la sentenza impugnata per il giudizio
di equivalenza delle generiche sulle contestate aggravanti, nonostante le
ampie e dettagliate dichiarazioni , di indubbio peso probatorio , rese dal
ricorrente.
4. Cesarini Antonio denuncia violazione di legge e carenza di motivazione poiché la
Corte d’appello non ha spiegato le ragioni per le quali ha confermato La
sentenza di primo grado nonostante i circostanziati motivi di gravame.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
5. Le censure formulate sono state ulteriormente illustrate con memorie
presentate nell’interesse di Manfredi Marco e di Marri Orazio, rispettivamente il
3-9-13 e il 6-9-13.

contestati in modo da consentire all’imputato di difendersi in ordine ad ogni
elemento di accusa ( Cass. 22-11, 1994, Ricci , Arch n. proc. pen.1995 , 687). Nel
caso sub iudice , l’imputazione è certamente connotata dal requisito in
questione , poiché descrive in maniera puntuale le operazioni usurarie in esame
, specificando il tasso di interesse; il quantum delle dazioni di denaro; le cifre
complessivamente corrisposte e l’arco temporale lungo il quale le condotte si
sono dispiegate. Onde nessun profilo di indeterminatezza può essere ravvisato al
6.1.11 terzo motivo di ricorso è generico. Il ricorrente non precisa infatti il dies a
quo dal quale ,secondo la sua tesi, dovrebbe decorrere il termine prescrizionale
del reato , limitandosi a sostenere , in modo del tutto aspecifico , che esso
debba essere individuato nella data dell’ultimo pagamento effettivamente
eseguito da ciascuna persona offesa, senza alcun’ altra puntualizzazione , di
carattere cronologico o modale, funzionale alla precisazione dell’asserto
difensivo, in violazione del combinato disposto degli artt 581 lett c) e 591 lett c
) cpp.
6.2.11 secondo , il quarto, il quinto , il sesto , il settimo e l’ottavo motivo di
ricorso esulano dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di
legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del
fatto riservati alla cognizione del giudice di merito ,le cui determinazioni , al
riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione
congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal
giudicante e delle ragioni del decisum . In tema di sindacato del vizio di
motivazione , infatti , il compito del giudice di legittimità non è quello di
sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in
ordine all’affidabilità delle fonti di prova , bensì di stabilire se questi ultimi
abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una
corretta interpretazione di essi , dando esaustiva e convincente risposta alle
deduzioni delle parti , e se abbiano esattamente applicato le regole della logica
nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di
determinate conclusioni a preferenza di altre ( Sez un.13-12-95 Clarke , rv
203428). Nel caso di specie , la Corte d’appello ha evidenziato come il Donati
abbia esposto la vicenda fin dalla sua scaturigine , connessa a gravi difficoltà
economiche che lo indussero a rivolgersi a Cesarini , che si disse disponibile a
metterlo in contatto con una persona che avrebbe potuto prestargli danaro ad
un tasso di interesse del 10%. L’origine del rapporto è riferita da Cesarini , in
3

riguardo.

maniera concorde , anche per quanto riguarda la “scaletta ” che era stata
predisposta dal Marri e mostrata dal Cesarini al Donati , presso lo studio del
primo, e che prevedeva interessi mensili del 10%, a partire dal gennaio 2004.
Da ciò scaturì un rapporto che si protrasse sino al gennaio del 2005 e
nell’ambito del quale la provenienza del finanziamento da Marri e Montalti
venne a conoscenza del debitore soltanto in un secondo momento, in un
incontro di giugno del quale è stata resa dettagliata narrazione. E il giudice di
ai rapporti con Cesarini e Marri , nonché i contenuti del documento redatto nel
giugno 2004, ponendo in rilievo come non si tratti di sopravvalutare la parola
della persona offesa ma di prendere atto delle convergenti risultanze di fonte
dichiarativa e documentale. Del resto- sottolinea la Corte territoriale —
l’imputato ha ammesso di aver prestato danaro , tramite il Cesarini, ad interessi
dell’8-10% mensile. Egli ebbe d’altronde contezza che il danaro era stato
prestato , tra gli altri , a Donati Danilo , persona che lui conosceva da tempo e
sapeva trovarsi in difficoltà economiche. Venne così predisposto un piano di
rientro per complessivi 168.000 euro , esibito al Donati , a seguito delle
pattuizioni intercorse nell’incontro del giugno 2004.D’altronde Marri sapeva che
Donati aveva svolto e continuava a svolgere attività imprenditoriale ,nel settore
del commercio di gasolio. Lo stesso Marri — precisa il giudice di secondo gradoha riferito di aver avuto conoscenza specifica delle condizioni economiche e
lavorative del Donati ed anche del suo stato di bisogno, così come di quello del
Borgia , e cioè dei soggetti che ricorrevano , tramite il Cesarini , al prestito a
tasso usurario da lui elargito. Il Marri si è poi avvalso dell’attività esercitata dal
Montalti , titolare di società finanziarie in Cesena, per la perpetrazione dei reati
in disamina, attraverso il ricorso a un credito , tramite il Montalti , e l’apertura di
posizioni bancarie in San Marino, sempre grazie al Montalti , in tale sua qualità,
onde l’aggravante di cui all’ad 644 co 5 n 1 cp è estensibile al Marri.
Anche l’operazione inerente al Borgia è analoga alle altre : il Cesarini opera come
intermediario e il prestito è erogato con denaro del Marri al Borgia, che svolgeva
anch’egli attività imprenditoriale ed era soffocato dai debiti, al tasso del 10% 30%. In tal senso vi sono le dichiarazioni di Cesarini , quelle della persona offesa,
la documentazione sequestrata al Borgia , la trascrizione dell’intercettazione
telefonica del 3-2-2004.
Per quanto attiene alla vicenda relativa al Palermo , La Corte territoriale rileva
come da quanto riferito dal Cesarini e dal Manfredi emerga che, mentre fino agli
4

merito esamina in maniera analitica le dichiarazioni di Donati Danilo, in merito

inizi dell’anno 2005 la gestione del credito rimase in mano a Marri , l’intervento
del Palermo e l’arresto del Cesarini , nel febbraio 2005, determinarono un
rapido capovolgimento di fronte , che vide l’imputato Palermo , lungi dal
rivestire il ruolo di parte lesa ,

assumere la gestione delle posizioni creditorie

già in capo al Marri , divenendo anche nei confronti di costui finanziatore.
6.3.Dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è dunque enucleabile
una attenta analisi della regiudicanda , avendo i giudici di secondo grado preso
sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo
censurabile sotto il profilo della

correttezza logica ,e sulla base di

apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di
manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede . Né la Corte suprema
può esprimere alcun giudizio sull’attendibilità delle acquisizioni probatorie ,
giacchè questa prerogativa è attribuita al giudice di merito, con la conseguenza
che le scelte da questo compiute , se coerenti , sul piano logico , con una
esauriente analisi delle risultanze agli atti

, si sottraggono al sindacato di

legittimità ( Sez. un. 25-11-’95, Facchini, rv203767).
6.4.Anche le determinazioni del giudice di merito in ordine alla concessione delle
circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena sono insindacabili in
cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici . Nel
caso di specie , la motivazione del giudice d’appello è senz’altro da ritenersi
adeguata , avendo la Corte territoriale fatto riferimento alla vastità delle attività
illecite e al protrarsi di queste.
7.Per quanto attiene al primo motivo del ricorso del Manfredi , occorre rilevare
come il reato di cui al capo N ( 416 cp ) sia estinto per prescrizione. li ricorrere di
una causa di estinzione del reato preclude la disamina della questione relativa alla
fondatezza o meno dei motivi di ricorso. Quand’anche infatti dovesse addivenirsi, al
riguardo, ad una valutazione in senso positivo, essa comporterebbe l’annullamento
con rinvio della sentenza impugnata, con conseguente prosecuzione del processo
dinanzi al giudice del rinvio. Ma la prosecuzione del processo è incompatibile con
l’obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato ( Sez. Un. 21-1092 Marino, Cass. pen. 1993, 1393; Cass 23-1-97, Bornigia , C. E. D. Cass n. 208673;
Cass 24 -6- 96, Battaglia , C.E.D. Cass . n.205548 ; cfr anche Sez. Un.28-11-2001 ,
Cremonese , Cass. pen 2002 , 1308, secondo cui la sussistenza di una nullità di
ordine generale non è rilevabile nel giudizio di legittimità , in quanto l’inevitabile
5

in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla conferma della

rinvio al giudice del

merito è incompatibile con il principio dell’immediata

applicazione della causa estintiva) . Né , d’altronde , è possibile , in questa sede,
applicare il disposto dell’art 129 cpv cp , comportando la valutazione afferente
all’emergere, in termini di evidenza , di una delle situazioni ivi previste un
apprezzamento di fatto precluso al giudice di legittimità.
7.1.11 secondo motivo è fondato. Sotto questo profilo, infatti, l’apparato logico
evincendosi con chiarezza sulla base di quali argomentazioni i giudici di merito
siano pervenuti all’asserto relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio
idoneo a valicare la soglia del ragionevole dubbio e a supportare adeguatamente
la declaratoria di responsabilità. Nel caso di specie , la pronuncia della Corte
d’appello si basa sull’asserto , formulato in termini apodittici , secondo cui
l’impressione che il Cesarini ebbe dello stato d’animo dell’imputato è del tutto
irrilevante poiché il Manfredi avrebbe dato corso all’incarico, commissionato
dal Palermo, di recuperare , con violenza e minaccia , beni e valori dal Cesarini,
dando man forte ai complici e ponendosi a supporto e sorveglianza sulla porta di
casa.II giudice a quo avrebbe però dovuto chiarire le ragioni per le quali egli abbia
ritenuto irrilevante la deposizione della persona offesa , secondo cui il Manfredi
rimase sull’uscio , con fare “allibito” dall’agire aggressivo degli altri soggetti nei
confronti della parte lesa . Alla luce di questa acquisizione probatoria , la Corte
territoriale avrebbe dovuto spiegare perché abbia ritenuto inattendibile la
prospettazione difensiva secondo la quale è da ravvisarsi , nella specie , non
concorso ma semplice connivenza. Si tenga conto che la distinzione tra
connivenza non punibile e concorso nel reato risiede nel fatto che la prima
postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo ,
inidoneo ad apportare un contributo alla realizzazione del reato, mentre , nel
concorso , è richiesto un contributo partecipativo , morale o materiale , alla
condotta criminosa altrui , caratterizzato , sotto il profilo psicologico , dalla
coscienza e volontà di arrecare un apporto concorsuale alla realizzazione
dell’evento illecito ( Cass. , Sez VI , 18-2-2010 — n. 14606, rv 247127). Qualora
dunque la prospettazione difensiva sia estrinsecamente riscontrata da alcuni
dati oggettivi , il giudice deve farsi carico di confutarla specificamente ,
dimostrandone in modo rigoroso l’inattendibilità , attraverso un adeguato
apparato a rgomentativo.

6

posto a base della sentenza di secondo grado non è esente da vizi , non

7.2.Più in generale, occorre osservare come il giudice sia tenuto ad interrogarsi
in merito alla plausibilità di spiegazioni alternative alla prospettazione
accusatoria , qualora esse vengano additate dall’oggettività delle acquisizioni
probatorie. La regola di giudizio compendiata nella formula dell'”al di là di ogni
ragionevole dubbio” impone infatti al giudicante l’adozione di un metodo
dialettico di verifica dell’ipotesi accusatoria , volto a superare l’eventuale
sussistenza di dubbi intrinseci a quest’ultima , derivanti, ad esempio , da
connessi, come nel caso in disamina , all’esistenza di ipotesi alternative dotate
di apprezzabile verosimiglianza e razionalità ( Sez I 24-10-11 , n. 4111 , rv. n.
251507) . Può infatti addivenirsi a declaratoria di responsabilità, in conformità al
canone dell'”oltre il ragionevole dubbio”, soltanto qualora la ricostruzione
fattuale a fondamento
valutativo

della pronuncia giudiziale espunga dallo spettro

soltanto eventualità remote , astrattamente formulabili e

prospettabili come possibili in rerum natura ma la cui effettiva realizzazione ,
nella fattispecie concreta , risulti priva del benché minimo riscontro nelle
risultanze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e
dell’ordinaria razionalità umana ( Sez I 3-3-10 n. 17921, rv. n. 247449; Sez I 8-509 , n. 23813, rv. n. 243801 ; Sez I 21-5-08 n. 31456, rv. n. 240763). La condanna
al di là di ogni ragionevole dubbio implica che , laddove venga prefigurata una
ipotesi alternativa , siano individuati gli elementi di conferma della
prospettazione fattuale accolta , in modo che risulti l’irrazionalità del dubbio
derivante dalla sussistenza dell’ipotesi alternativa ( Sez lv 17-6-11 n. 30862, rv. n.
250903 ; Sez IV 12-11-09, n. 48320, rv. n. 245879) . Obbligo che, nel caso sub
iudice , non può dirsi adempiuto dalla Corte d’appello, che, sulla base dei criteri
appena esposti , avrebbe dovuto ricostruire, con precisione, l’accaduto , in
stretta aderenza alle risultanze processuali e verificare se queste ultime ,
valutate non in modo parcellizzato ma in una prospettiva unitaria e globale ,
potessero essere ordinate in una costruzione razionale e coerente , di spessore
tale da prevalere sulla versione difensiva e da approdare sul solido terreno
della verità processuale ( Cass. 25-6-1996, Cotoli , rv. n. 206131).
La sentenza impugnata va dunque annullata sul punto. Tale epilogo decisorio ,
comportando un pronunciamento di natura rescindente, determina l’ultroneità
della disamina degli ulteriori motivi di ricorso.

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autocontraddittorietà o da incapacità esplicativa , o estrinseci , in quanto

8.1n ordine al ricorso del Cesarini , occorre osservare come l’art 581 lett c) richieda
l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono
il petitum. Tale requisito difetta nel caso di specie , dovendosi riscontrare
un’assoluta genericità dei motivi addotti a sostegno del ricorso. Il ricorrente, infatti
, si limita ad invocare l’annullamento della sentenza impugnata , senza indicare in
alcun modo le ragioni ostative alla declaratoria di responsabilità e senza individuare
e analizzare , al di là di affermazioni apodittiche , alcuno specifico profilo di
che nella sentenza impugnata non vi è alcun cenno ai motivi che hanno condotto
alla condanna del ricorrente . Viceversa, nella sentenza impugnata vi è una puntuale
trattazione della posizione processuale del Cesarini , connotata da una precisa
ricostruzione delle operazioni usurarie e delle condotte estorsive addebitategli e da
un’attenta analisi delle dichiarazioni della parte offesa e dello stesso Cesarini nonché
delle risultanze probatorie inerenti alla trascrizione dell’intercettazione telefonica
del 3-2-04 e alla documentazione sequestrata al Borgia, senza che alcuna critica
venga formulata , al riguardo , dal ricorrente. L’inosservanza del disposto dell’art
581 lett c) cpp , sotto il profilo della genericità dei motivi addotti, è prevista dall’ari
591 lett c) cpp quale causa di inammissibilità.
9.la sentenza impugnata va pertanto annullata nei confronti di Manfredi Marco,
senza rinvio limitatamente al delitto di cui al capo N ( art 416 cp ) perché il reato è
estinto per prescrizione, e con rinvio, per nuovo giudizio , alla Corte d’appello di
Perugia , per quanto attiene al reato di cui all’art 629 cp. I ricorsi di Cesarini e di
Marri vanno invece dichiarati inammissibili , con conseguente condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille ciascuno
, determinata secondo equità , in favore della Cassa delle ammende nonché alla
rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che si ritiene
congruo liquidare in complessivi euro 2500 per compensi , oltre agli accessori di
legge.

PQM
ANNULLA SENZA RINVIO LA SENTENZA IMPUGNATA NEI CONFRONTI DI MANFREDI MARCO
LIMITATAMENTE AL REATO DI CUI AL CAPO MART.416 C.P.), PERCHÈ IL REATO È ESTINTO PER
PRESCRIZIONE. ANNULLA LA SENTENZA IMPUGNATA NEI CONFRONTI DEL MANFREDI PER IL REATO DI CUI
ALL’ART.629 C.P. E RINVIA PER NUOVO GIUDIZIO SUL CAPO ALLA CORTE DI APPELLO DI PERUGIA. DICHIARA
INAMMISSIBILI I RICORSI DI CESARINI ANTONIO DANIELE E MARRI ORAZIO CHE CONDANNA AL
8

censura all’apparato motivazionale a fondamento del decisum, asserendo soltanto

PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI E CIASCUNO AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI EURO 1000 ALLA
CASSA DELLE AMMENDE, NONCHÈ ALLA RIFUSIONE DELLE SPESE SOSTENUTE NEL PRESENTE GIUDIZIO
DALLA PARTE CIVILE, CHE LIQUIDA IN COMPLESSIVI EURO 2.500 PER COMPENSI, OLTRE ACCESSORI DI
LEGGE.

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 12-9-13.

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