Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48995 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48995 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BRIGANTE FRANCESCO N. IL 23/02/1971
avverso la sentenza n. 2034/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
11/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata in data 11 giugno 2012 la Corte di appello
di Torino ha confermato la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza
preliminare dello stesso Tribunale in data 11 gennaio 2012, con la quale
Brigante Francesco, all’esito di giudizio abbreviato, era stato condannato
alla pena di anni quattro e giorni venti di reclusione ed euro 1.630,00 di
multa, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante

da sparo clandestina (un fucile a pompa, calibro 12, con matricola abrasa),
di un’arma da guerra (mitragliatrice marca Sten-Mk2), di 15 detonatori in
metallo e di plurime munizioni di vario calibro, nonché di ricettazione del
suddetto fucile con matricola abrasa e alterato nelle dimensioni per
renderne più agevole il porto e l’occultamento; fatti commessi in Collegno, il
6 agosto 2011.
Con la medesima sentenza la Corte di appello ha applicato al Brigante la
sanzione accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici omessa
dal primo giudice.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso a questa Corte di
cassazione il Brigante personalmente, il quale, con due motivi, deduce la
violazione del divieto della reformatio in peius, per avere la Corte d’appello
applicato d’ufficio la sanzione dell’interdizione temporanea dai pubblici
uffici; e il vizio di motivazione per il mancato giudizio di prevalenza delle
circostanze attenuanti generiche sulla aggravante della recidiva
infraquinquennale contestata.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza di entrambi i
motivi.
1.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, poiché l’art. 597,
comma 3, cod. proc. pen. non contempla, tra i provvedimenti peggiorativi
inibiti al giudice d’appello nell’ipotesi di impugnazione proposta dal solo
imputato, quelli concernenti le pene accessorie -le quali, secondo il disposto
dell’art. 20 cod. pen., conseguono di diritto alla condanna come effetti
penali di essa- al giudice di secondo grado è consentito applicare, d’ufficio,
le pene predette qualora non vi abbia provveduto quello di primo grado, e
ciò ancorché la cognizione della specifica questione non gli sia stata
1

contestata, per il delitto continuato di illecita detenzione di un’arma comune

devoluta con il gravame del pubblico ministero (Sez. U, n. 8411 del
27/05/1998, dep. 17/07/1998, Ishaka, Rv. 210979, e successive conformi).
1.2. Il negato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti
generiche sulla contestata aggravante della recidiva infraquinquennale
risulta adeguatamente motivato, laddove la Corte di appello ha escluso il
ridimensionamento della pena, sia per i precedenti penali del Brigante tra
cui di particolare spessore la già subita condanna per ricettazione e

Brigante risultato depositarlo di armi di elevata potenzialità offensiva e di
numerose munizioni, senza che le sue dichiarazioni avessero apportato
alcun concreto contributo all’accertamento del contesto nel quale si era
indotto a commettere i gravi reati contestati.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare in euro
mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 29 maggio 2013.

riciclaggio; sia per l’obiettiva gravità dei fatti oggetto di giudizio, essendo il

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