Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48987 del 20/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48987 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE VITA ROBERTO N. IL 02/05/1973
avverso la sentenza n. 2238/2013 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 04/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 20/05/2015

Ritenuto in fatto.
LE 4 marzo 2014 la Corte d’appello di Catanzaro confermava la sentenza

emessa il 21 maggio 2013, all’esito di giudizio abbreviato, dal gup del Tribunale di
Vibo Valentiache aveva dichiarato Roberto De Vita colpevole dei reati previsti
dagli artt. 2, 7 1. n. 895 del 1967 e successive modifiche, 23 1. n. 110 del 1975, 81
cpv, 697 c.p. e, ravvisata la continuazione fra i reati, riconosciute le circostanze

alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione.
2.Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, l’imputato il quale lamenta violazione di legge e vizio della
motivazione con riguardo agli elementi posti a base dell’affermazione di penale
responsabilità e alla dosimetria della pena.

Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.11 controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza

di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione,
dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa
risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al
punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari
passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione
(Sez. Un. 28 maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric.
Santapaola, rv. 230203),In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una
violazione di legge in riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art.
192, comma 2, c.p.p., non critica in realtà la violazione di specifiche regole
inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, bensì,
postulando un preteso travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro
probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in
sede d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando
la struttura razionale della sentenza impugnata abbia -come nella specie- una sua
chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto

attenuanti generiche, tenuto conto della diminuente per il rito, lo aveva condannato

delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative
univocamente della coscienza e volontà del ricorrente di detenere illegalmente un
fucile, di provenienza delittuosa in quanto arma clandestina, e munizioni.
2.Anche il secondo motivo di ricorso é manifestamente infondato.
I giudici, nel rispetto dei principi costantemente enunciati dalla giurisprudenza
di legittimità, hanno correttamente fondato la complessiva dosimetria della pena
sulla qualità e natura dei reati commessi, espressivi di pericolosità sociale.

ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost.,
sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art.
616 c.p.p.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso, in Roma, il 20 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Pr sidente

3.Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del

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