Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48967 del 14/05/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 48967 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NICOLI’ GIUSEPPE N. IL 18/03/1974
avverso l’ordinanza n. 164/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
28/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;
Data Udienza: 14/05/2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 28 settembre 2011 la Corte di appello di Lecce,
giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda di Nicolì Giuseppe intesa ad
ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato tra i fatti oggetto
di nove sentenze di condanna per i delitti di evasione e violazione della
legge in materia di sostanze stupefacenti, commessi in un arco temporale
2. Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il Nicolì, il quale
deduce la mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
CONSIDERATO in DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché propone censure generiche e,
comunque, non consentite nel giudizio di legittimità.
Il giudice a quo, invero, dopo aver dato atto dell’inammissibilità della
domanda con riguardo ai fatti oggetto di quattro sentenze di condanna, per
essere stata analoga richiesta già respinta, giusta precedente ordinanza
divenuta definitiva, con motivazione completa e coerente, immune da vizi
logici e giuridici, e, perciò, insindacabile in questa sede, ha spiegato le
ragioni del mancato riconoscimento del vincolo della continuazione,
espressamente valutando anche lo stato di tossicodipendenza del Nicolì non
sufficiente, di per sé, a dimostrare l’unicità del disegno criminoso, solo
genericamente dedotta dall’istante senza indicare concreti elementi a
sostegno della sua domanda.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.
compreso tra l’estate 1997 e il novembre 2003.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 14 maggio 2013.