Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48963 del 14/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48963 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VILLARI GIOVANNI N. IL 23/03/1985
avverso la sentenza n. 2615/2012 GIP TRIBUNALE di MESSINA, del
30/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 14/05/2013

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza pronunciata in data 30 maggio 2012, ai sensi dell’art. 444
cod. proc. pen., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Messina ha applicato a Villari Giovanni la pena di anni due e mesi dieci di
reclusione ed euro 3.200,00 di multa per i reati, unificati nella
continuazione, di violazione della legge sulle armi e di ricettazione, accertati
in Messina il 16/03/2011.

cassazione il Villari tramite il difensore di fiducia, il quale deduce i vizi di
violazione di legge e difetto di motivazione, in relazione all’art. 129 cod.
proc. pen., per omesso accertamento di cause di non punibilità e mancanza
di motivazione sul punto.

CONSIDERATO in DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico
ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le
stesse e sull’entità della pena. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di
controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della
pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che non emerga in modo
evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc.
pen.
Ne consegue che -una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 cod. proc. pen.- l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono
coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, la Corte osserva che i motivi di ricorso sono
manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto nell’accordo
intervenuto fra le parti, apprezzando la congruità della pena pattuita; e,
dall’altro, ha escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’art.129 cod.
proc. pen., alla stregua delle fonti di prova puntualmente indicate in
sentenza.

1

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso a questa Corte di

Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare
pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni,
secondo la costante giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra le altre,
Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, dep. 15/05/1992, Di Benedetto, Rv.
191134 e 191135; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, dep. 18/10/1995,
Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, dep. 03/11/1998,

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria, che si stima equo determinare in euro
millecinquecento.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 14 maggio 2013.

Verga, Rv. 211468).

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