Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48957 del 14/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48957 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPINELLI MARIO N. IL 16/11/1972
avverso l’ordinanza n. 127/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
27/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 14/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 27 aprile 2012 la Corte di appello di
L’Aquila ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da Spinelli Mario
avverso la sentenza del Tribunale di Pescara, in data 19 ottobre 2009, di
condanna per il reato previsto dall’art. 9 delle legge n. 1423 del 1956,
accertato il 4 febbraio 2007.

specifiche della sentenza impugnata, limitandosi alla generica denuncia di
pena eccessiva, con mero richiamo alle modalità di commissione del fatto e
alla sua modesta entità, senza evidenziare alcuna specifica ragione a
sostegno dell’invocata esclusione della recidiva e della conseguente
riduzione della misura della pena.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione lo
Spinelli tramite il difensore, il quale denuncia violazione di legge e vizio
della motivazione.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché deduce censure del tutto generiche,
senza spiegare i motivi per cui le censure proposte in appello sarebbero
state specifiche e non apodittiche come indicato dalla Corte di appello con
puntuale richiamo alla loro vaga enunciazione (“eccessività della pena” e
“modesta entità del fatto” con immotivata richiesta di disapplicazione della
contestata e ritenuta recidiva), sicché nessun vizio, denunciabile in questa
sede, è ravvisabile nel ricorso proposto.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo e il massimo previsti, in euro mille.

A ragione la Corte ha addotto che l’appello non conteneva censure

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 14 maggio 2013.

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