Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48944 del 14/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48944 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MANCUSO FRANCESCO N. IL 19/01/1957
avverso l’ordinanza n. 322/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 20/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 14/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 20 gennaio 2012 la Corte di appello di
Catanzaro, giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda di Mancuso
Francesco di applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti
oggetto di due sentenze della Corte di appello di Catanzaro: la prima in
data 24 giugno 2008, irrevocabile il 1° ottobre 2009, per i reati di cui agli

Vibo Marina, Vibo Valentia, Zungri, Ioppolo e Tropea, dall’ottobre 2001
all’ottobre 2003; la seconda in data 4 maggio 2009 per il reato usura di cui
all’art. 644 cod. pen., aggravato dal metodo mafioso, ai sensi dell’art. 7
legge n. 203 del 1991, commesso in Vibo Valentia dal 2000 fino al 2001.

2. Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il Mancuso
tramite il difensore, il quale deduce i vizi di violazione di legge e difetto di
motivazione e, anche, l’omessa considerazione di altro procedimento
penale, tuttora pendente a carico del Mancuso (iscritto nel 2000), per il
reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., contestato come commesso in Vibo
Valentia ed altrove fino alla data attuale, senza indicazione del tempo
iniziale.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché, al di là del titolo dato ai motivi
formulati, propone in realtà censure di merito non consentite nel giudizio di
legittimità.
La Corte di appello, infatti, con motivazione completa e coerente,
immune da vizi logici e giuridici, e, perciò, insindacabile in questa sede, ha
spiegato che il delitto associativo risulta commesso a partire dall’ottobre
2001 ed è, dunque, successivo al reato di usura consumato a far tempo
dall’anno 2000; quest’ultimo, inoltre, risulta aggravato solo dal metodo
mafioso e non anche dalla finalità di agevolazione dell’attività della cosca
mafiosa, contestata a partire da epoca successiva; il delitto di usura, infine,
risulta commesso dal solo Mancuso senza il concorso di partecipanti alla
successiva associazione criminale.
Dai suddetti elementi la Corte territoriale ha, dunque, dedotto
l’inesistenza dell’unico disegno criminoso avvincente i fatti criminosi
distintamente giudicati, e tale valutazione, siccome adeguatamente

i

artt. 416 bis e 629, commi 1 e 2, cod. pen., commessi in Limbadi, Nicotera,

motivata, nel rispetto della disciplina della continuazione, è insindacabile in
questa sede.
Completamente destituita di fondamento è, poi, la doglianza di avere la
Corte territoriale ignorato altro procedimento penale a carico del Mancuso
per imputazione associativa, non ancora definito con sentenza irrevocabile,
e perciò inidoneo a fornire elementi utili alla valutazione della continuazione

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 14 maggio 2013.

in sede esecutiva.

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