Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48914 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 48914 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FARANO ANNA MARIA N. IL 05/12/1952
RUSSO GIOVANNI N. IL 28/07/1936
VIOLANTE ENRICO N. IL 01/01/1941
avverso la sentenza n. 1678/2012 CORTE APPELLO di SALERNO, del
29/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. n>CZ9 polca(
che ha concluso per

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Nell'interesse di FARANO Anna Maria, a mezzo dei difensori, si deduce: 3.1. Violazione di legge in relazione alla individuazione dei prossimi congiunti ex art. 323 cod. pen. in relazione all'art. 307 cod. pen., la cui applicazione è stata esclusa dalla Corte di merito che ha, invece, richiamato l'art. 78 TUEL nella specie non applicabile perché la relativa disciplina opera esclusivamente - ai sensi dell'art. 77, comma 2, TUEL ad amministratori diversi dai dirigenti delle ASL. 3.2. Omessa motivazione in ordine all'elemento soggettivo con riguardo alla effettiva conoscenza e consapevolezza da parte della ricorrente del rapporto di parentela esistente tra l'avvocato Pio ACCARINO e la di lui moglie. 3.3. Omessa motivazione in ordine alla sussistenza del concorso di persone nel reato con particolare riguardo al previo concerto rispetto alla proposta della d.ssa FARANO, determinata dalla gravissima situazione conseguente al rifiuto dei suoi collaboratori di compiere gli adempimenti relativi alle cause in corso in cui l'ASL era parte e senza alcuna indicazione soggettiva della persona che avrebbe dovuto ricoprire l'incarico. 3.4. Violazione dell'art. 323 cod. pen. in relazione alla sussistenza del vantaggio patrimoniale e danno. Quanto al primo, erroneamente è rimproverato alla ricorrente l'omessa attivazione dei poteri disciplinari o emanazione di provvedimenti idonei a superare la renitenza dei collaboratori interni. I primi non competevano alla stessa ricorrente che aveva, comunque, notiziato gli organi competenti; i secondi sarebbero stati contra jus in relazione alla qualifica di dipendenti amministrativi dei 1 Y collaboratori che non potevano, pertanto, essere obbligati a svolgere mansioni superiori. Quanto al danno, esso sarebbe correlato ad una mera aspettativa della sua futura verificabilità e sarebbe contraddittorio con quanto assunto in relazione alla confermata assoluzione per il capo c) con riferimento alla mancata prova del danno patrimoniale. 3.5. Violazione dell'art. 323 cod. pen. con riferimento all'ingiustizia del danno trattandosi di compensi dovuti e del tutto legittimi per l'assistenza 3.6. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al conferimento di incarichi a legali esterni. La Corte di merito avrebbe individuato la normativa di riferimento, ravvisandone la violazione, travisando il contesto fattuale ed ignorando la motivazione resa dal Tribunale in riferimento alle prove formatesi. Ciò in relazione al contesto di estrema fibrillazione determinatosi ed alla individuazione dei legali affidatari tutt'altro che «mirata». 3.7. Mancanza assoluta della motivazione in relazione all'elemento soggettivo del reato, la cui affermazione riposerebbe su un inaccettabile sillogismo discendente dalle «palesi e gravi violazioni di legge perpetrate» senza individuare il profilo della intenzionalità dell'ingiusto vantaggio o dell'ingiusto danno. 3.8. Omessa motivazione e violazione di legge in ordine alla commisurazione della pena accessoria temporanea nel massimo edittale, senza considerare la diversità di posizione dei concorrenti, ai quali è attribuita in pari misura, e senza motivare l'esercizio discrezionale del potere di commisurazione di detta pena, in ogni caso sproporzionata rispetto al minimo di pena principale irrogata. 4. Nell'interesse di RUSSO Giovanni, a mezzo del difensore, si deduce: 4.1. Violazione dell'art. 516 cod. proc. pen. e nullità della sentenza impugnata ai sensi dell'art. 521 cod. proc. pen. per difetto di correlazione tra accusa e sentenza; violazione dell'art. 597 cod. proc. pen.. Invero, la Corte territoriale nell'affermare la legittimità delle delibere adottate nel mese di febbraio 2007 ed il rilievo penale di quelle adottate tra il marzo ed il giugno dello stesso anno, ha posto a base della affermazione di responsabilità atti amministrativi ulteriori e diversi - peraltro espressamente indicati in sentenza in quanto non richiamati nella imputazione - da quelli oggetto della contestazione, rispetto alle quali non si è instaurato il contraddittorio, andando oltre il tema devoluto con l'appello. 2 legale resa. 4.2. Carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, con travisamento della prova, in ordine alla individuazione del criterio legale ex art. 7 d.leg.vo 165/2001 relativamente all'affidamento degli incarichi legali. La Corte di merito non avrebbe considerato la differenza ontologica che, ai fini della qualificazione giuridica delle fattispecie e delle ricadute ad essa conseguenti in materia di soggezione alla disciplina del codice dei contratti pubblici, connota l'espletamento del difesa nel processo dell'ente locale, rispetto all'attività di assistenza e consulenza giuridica, invece, caratterizzata dalla sussistenza di una organizzazione articolata e specifica, dalla complessità dell'oggetto e dalla individuazione di una durata predeterminata. Il primo incarico è di natura prettamente fiduciaria ed è legato anche ad evenienze non precedibili collegate alle vicende processuali, diverso da un complessivo servizio legale in relazione al quale il ricorrente dispose una gara ad evidenza pubblica nel giugno 2007 per due incarichi professionali ad avvocati esterni, stabilendo un corrispettivo determinato e mensile, con durata determinata. Secondo la giurisprudenza amministrativa l'affidamento di un singolo e puntuale incarico legale non può soggiacere neanche alla disciplina di cui all'art. 27 del codice dei contratti pubblici ad una procedura, cioè, concorsuale di stampo selettivo che si presenta incompatibile con la struttura della fattispecie contrattuale, connotata dalla aleatorietà dell'iter del giudizio, dalla non predeterminabilità degli aspetti temporali, economici e sostanziali della prestazione, stabilendo lo stesso codice una differente disciplina per i servizi di ingegneria e di architettura. Anche se dovesse applicarsi la disciplina del «cottimo fiduciario» ( art. 125 codice degli appalti) si dovrebbe tener presente che per servizi di importo inferiore ai 40mila euro è consentito l'affidamento diretto da parte del responsabile del servizio. Ma sul punto alcun accertamento è stato svolto in sentenza. 4.3. Carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, anche per travisamento della prova, nonché violazione dell'art. 323 cod. pen. in relazione all'accertamento della «doppia ingiustizia» e dell'elemento psicologico del reato. La Corte avrebbe omesso di considerare - in relazione al rimprovero fatto alla FARANO di non aver adottato provvedimenti per superare la renitenza dei suoi collaboratori che questi non avevano la qualifica superiore richiesta per assumere gli incarichi difensivi che potevano essere assunti solo previa autorizzazione del dirigente del servizio e con il loro consenso. Inoltre, avrebbe omesso 3 singolo incarico di patrocinio legale, occasionato da puntuali esigenze di di considerare che l'unica finalità per la quale furono disposti gli incarichi fu quella di far fronte alla improvvisa emergenza organizzativa - che la Corte ha escluso fosse stata artatamente realizzata - che avrebbe potuto cagionare danni per l'ente a seguito di pronunce giudiziarie sfavorevoli, i cui procedimenti, temporalmente cadenzati, non erano compatibili con l'espletamento di procedure comparative. 5. Nell'interesse di VIOLANTE Enrico, a mezzo del difensore, si deduce: 5.1. Violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. e manifesta illogicità della superare quella fatta dalla prima decisione assolutoria - secondo la quale il ricorrente aveva ricevuto la comunicazione di revoca della nomina, essendo a conoscenza del diniego manifestatogli dalla ASL/SA1 di Nocera Inferiore. Tanto giustifica sulla base del richiamo della memoria difensiva prodotta dal VIOLANTE in data 17.9.2009 non considerando che il richiamo fatto in detta memoria alla nota del 31.1.2008 non costituisce prova che della stessa il ricorrente avesse avuto contezza in pari data, atteso il notorio iter dei provvedimenti amministrativi che esclude qualsiasi contestualità tra il momento della emanazione e quello della loro conoscenza da parte dei destinatari. Donde l'assenza di prova che alla data del fatto - 1.2.2008 - il VIOLANTE fosse a conoscenza di detto provvedimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi nell'interesse di FARANO Anna Maria e RUSSO Giovanni sono fondati. 2. La sentenza impugnata, ribaltando la prima decisione assolutoria, ha affermato la responsabilità dei ricorrenti FARANO Anna Maria - dirigente responsabile del Servizio Affari Legali della ASL SA 1 di Nocera Inferiore - e RUSSO Giovanni - Direttore Generale della stessa ASL - in ordine al reato di concorso in abuso di ufficio continuato cui al capo B) relativo all'affidamento - proposto dalla prima e disposto dal secondo - di una pluralità di incarichi legali relativi a vicende processuali nell'ambito delle quali era coinvolta la ASL a due professionisti esterni, scelti senza alcuna procedura selettiva-comparativa e violandosi l'obbligo di astensione in capo al RUSSO in relazione all'affidamento degli incarichi all'avv. Pio IACCARINO, cugino della moglie. 4 motivazione in relazione alla apodittica affermazione - che intendeva 3. La prima decisione aveva escluso la responsabilità dei predetti sul rilievo della situazione emergenziale che si era venuta a determinare presso gli Uffici dell'ASL che aveva determinato la FARANO a richiedere al RUSSO la nomina di avvocati esterni per il patrocinio della azienda dinanzi ai giudici presso i quali pendevano i procedimenti. In tale modo, si era perseguito in via primaria l'interesse pubblico senza cagionare né danno ai collaboratori interni, né ingiusto profitto ai legali esterni, che non capo al RUSSO esso non era individuabile attraverso l'art. 307 cod. pen. dal quale è escluso il rapporto di affinità con l'Accarino che, comunque, era stato individuato solo dopo il rifiuto di vari avvocati raggiunti telefonicamente dal direttore generale. 4. La Corte di merito ha, invece, affermato che: - Improprio è il richiamo all'art. 307 c.p. in relazione all'obbligo di astensione, laddove esso si rinviene nell'art. 78 del d.leg.vo n. 267/2000 che lo prevede anche in riferimento agli affini sino al quarto grado, ambito che riconnprendeva i rapporti tra il RUSSO e l'ACCARINO; Il danno patrimoniale sussisteva anche solo per l'obbligo contrattuale di remunerare l'opera professionale prestata dai legali esterni; Indebitamente - per l'omessa attivazione da parte della FARANO di poteri officiosi nei confronti dei collaboratori interni renitenti - si era dato corso agli affidamenti esterni almeno per quelli conferiti con le delibere del marzo 2007 (rilevandone anche di successive, ancorché non oggetto di contestazione) I legali nominati avevano conseguito un vantaggio patrimoniale ingiusto perché non altrimenti conseguibile. Il Tribunale aveva omesso di considerare che per le palesi e gravi violazioni di legge perpetrate dagli imputati si comprovava la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di abuso commesso rispetto al favoritismo oggetto dell'operato amministrativo. Il quale ultimo è soggetto alla previa adozione di una procedura comparativa ai sensi dell'art. 7 comma 6 t.u. 165/2001 nella specie assolutamente mancante, oltre quello - per le delibere di marzo 2007 della dimostrazione che per le esigenze cui si intende far fronte non si possa utilizzare personale in servizio. Inoltre, deve essere verificata la qualità della professionalità coinvolta (ai sensi dell'art. 110 comma 6 TUEL), in ordine alla quale nessuna valutazione risulta essere stata fatta. 5 erano stati pagati per l'attività svolta. Quanto all'obbligo di astensione in 5. Va osservato, preliminarmente ed in relazione alla prima doglianza proposta nell'interesse del RUSSO, che nessuna violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. è ravvisabile nella specie laddove oggetto della affermazione di responsabilità sono le delibere nn. 132-133-134 del 2.3.2007; 184-185 del 16.3.2007 e 188 del 20.3.2007, tutte in favore dell'avv. Pio ACCARINO ed oggetto della contestazione. 6. Quanto alla contestata illegittimità delle adottate delibere, va affermata all'affidamento seriale di decine di incarichi legali verificatosi nella specie. Non può considerarsi - per giustificare il contrario assunto dei ricorrenti - la sentenza del Consiglio di Stato n. 2730 del 2012 riferita all'affidamento di un singolo incarico, avendo rimarcato lo stesso che «resta inteso che l'attività di selezione del difensore dell'ente pubblico, pur non soggiacendo all'obbligo di espletamento di una procedura comparativa di stampo concorsuale, è soggetta ai principi generali dell'azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione onde rendere possibile la decifrazione della congruità della scelta fiduciaria posta in atto rispetto al bisogno di difesa da appagare>>, congruità che, nei casi di specie, non può essere
certamente desunta dal «giro di telefonate >> che si assume essere
stato fatto dal RUSSO ad ignoti legali.
7. La violazione dell’obbligo di astensione da parte di quest’ultimo va
ritenuto insussistente.
E’ stato affermato che

l’art. 323 cod. pen. ha introdotto

nell’ordinamento, in via diretta e generale, un dovere di astensione per i
pubblici agenti che si trovino in una situazione di conflitto di interessi,
con la conseguenza che l’inosservanza del dovere di astenersi, in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto,integra il
reato anche se manchi, per il procedimento ove l’agente è chiamato ad
operare, una specifica disciplina dell’astensione, o ve ne sia una che
riguardi un numero più ridotto di ipotesi o che sia priva di carattere
cogente (Sez. 6, n. 14457 del 15/03/2013, De Martin Topranin e altri,
Rv. 255324).

7.

Purtuttavia, nella specie, non si versa né nell’ipotesi di un confliggente
interesse proprio dell’agente, né di un soggetto prossimo congiunto,
trattandosi di un affine di quarto grado. Ed il parametro normativo che
fisserebbe l’obbligo di astensione individuato dalla Corte territoriale ex
art. 78, comma 2, TUEL è erroneamente attribuito ai ricorrenti posto che
esso, dalla stessa previsione, è espressamente riferito ad amministratori
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la imprescindibilità di trasparenti e verificabili procedure rispetto

locali diversi indicati nell’art. 77, comma 2 , TUEL (sindaci, presidenti di
province, consiglieri comunali, componenti di giunte comunali,
metropolitane e provinciali, presidenti di consigli comunali, metropolitani
e comunali„ presidenti, consiglieri e assessori delle Comunità montane,
componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti,
nonché i componenti degli organi di decentramento).

S.

Quanto al requisito della doppia ingiustizia va riaffermato l’orientamento
secondo il quale il delitto di abuso d’ufficio è integrato dalla doppia e

violazione di norme di legge o di regolamento, che dell’evento di
vantaggio patrimoniale in quanto non spettante in base al diritto
oggettivo, con la conseguente necessità di una duplice distinta
valutazione in proposito, non potendosi far discendere l’ ingiustizia del
vantaggio dalla illegittimità del mezzo utilizzato e, quindi, dall’accertata
illegittimità della condotta (Sez. 6, n. 35381 del 27/06/2006 Rv. 234832
Moro; da ultimo, Sez. 6, n. 10133 del 17/02/2015 Rv. 262800
Scassellati e altro); e l’ingiustizia del vantaggio richiesta dall’art. 323
cod. pen. deve riguardare non solo “il momento dinamico”, vale a dire il
fatto causativo, ma anche il risultato dell’azione, ossia il fine perseguito
dall’agente: il vantaggio cioè per qualificarsi ingiusto non solo deve
essere prodotto “non jure” ma essere esso stesso “contra jus” (Sez.
6, n. 10008 del 27/09/1996, Pugliese ed altro, Rv. 206361).
3.1.

Ebbene, osserva questa Corte che, in relazione all’ingiusto danno
all’Ente Pubblico, questo non può essere ravvisato in relazione
all’interesse pubblico perseguito (Sez. 6, n. 708 del 08/10/2003,
Mannello, Rv. 227280) – una volta esclusa la originaria ipotizzata artata
fibrillazione dell’ufficio realizzata attraverso la renitenza dei dipendenti.
Quanto alla ingiustizia del vantaggio patrimoniale del legale affidatario
dell’incarico, essa non può essere ravvisata rispetto alla effettiva
prestazione dell’opera professionale.
Le questioni affrontate assorbono ogni altro aspetto, conducendo
all’annullamento della sentenza nei confronti dei predetti ricorrenti in
ordine al capo B) loro ascritto perché il fatto non sussiste.

9.

Il ricorso nell’interesse del VIOLANTE è fondato.

10. In tema di motivazione della sentenza, il principio per cui, nel caso di
riforma da parte del giudice di appello di una decisione assolutoria
emessa dal primo giudice, il secondo giudice ha l’obbligo di dimostrare
specificamente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli
7

autonoma ingiustizia, sia della condotta che deve essere connotata da

argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa e
penetrante analisi critica seguita da completa e convincente motivazione
che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, dia
ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata
ad elementi di prova diversi o diversamente valutati, trova applicazione
anche in caso di radicale rovesciamento di una valutazione essenziale
nell’economia della motivazione, in un processo nel quale siano

o in correità, non essendo sufficiente la manifestazione generica di una
differente valutazione ed essendo, per contro, necessario il riferimento a
dati fattuali che conducano univocamente al convincimento opposto
rispetto a quello del giudice la cui decisione non si condivida (Sez. 5, n.
35762 del 05/05/2008, Aleksi e altri, Rv. 241169).
10.1. Risulta pacifico che l’imputato esercitò le funzioni di presidente della
commissione esaminatrice del concorso indetto con delibera n. 1351 del
2004 disponendo, in data 1.2.2008, la convocazione della detta
commissione, ancorché egli – a partire dalla stessa data – fosse in
quiescenza e, per questo, decaduto dall’incarico.
10.2. La sentenza ha ribaltato il precedente giudizio assolutorio, ritenendo
integrato anche l’elemento psicologico del reato – solo quello escluso
dalla prima sentenza – affermando , da un lato, l’irrilevanza della
circostanza della conoscenza da parte dell’imputato della nota
dirigenziale che rigettava la sua precedente richiesta di proroga delle
funzioni – sulla quale la prima sentenza aveva poggiato il proprio
giudizio. Tanto sul rilievo secondo il quale l’imputato ben sapeva che
alla data del 31.1.2008 andava in quiescenza, con l’automatica
cessazione delle funzioni di quello di presidente della commissione
esaminatrice, salvo provvedimento di accoglimento della sua richiesta
che non gli era pervenuto. La stessa sentenza ha ritenuto comunque di
valorizzare la conoscenza da parte dell’imputato della risposta negativa
del 31.1.2008 a tale richiesta, considerando la memoria difensiva
sottoscritta dall’imputato il 17.9.2009 che esprimeva le sue perplessità
sula provenienza soggettiva di detta nota, palesandone la correlazione
con la condotta contestata, e quindi, presupponendone la conoscenza.
10.3. Osserva la Corte che la motivazione posta a base della affermazione di
responsabilità – segnatamente in relazione al profilo psicologico del
reato – non soddisfa il più rigoroso onere motivazionale richiesto per la
riforma in pejus della prima sentenza liberatoria. In particolare, in
8

determinanti i contributi dichiarativi di alcuni soggetti chiamanti in reità

relazione alla conoscenza da parte dell’imputato del provvedimento di
rigetto alla data del fatto, desunta da una memoria difensiva non avente
natura storico-rappresentativa del fatto relativo a detta conoscenza, e
posto che alcun accertamento risulta essere stato esperito in merito; d’
altra parte – non può escludersi, come fa la sentenza impugnata, sotto
l’aspetto dell’intenzionalità, la rilevanza dell’aspettativa compulsata dalla
precedente richiesta dello stesso ricorrente; la cui condotta – in ogni

della commissione il giorno appena immediatamente successivo sia alla
sua decadenza, che alla predetta nota di rigetto della sua richiesta di
proroga.
10.4. Non può, pertanto, ritenersi legittimamente giustificata la sussistenza
dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente.
11. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza
rinvio nei confronti di FARANO Anna Maria e RUSSO Giovanni in ordine
al reato di cui al capo B) loro ascritto perché il fatto non sussiste;
nonché nei confronti dì VIOLANTE Enrico in relazione al reato di cui al
capo G) ascrittogli perché il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di FARANO
Anna Maria e RUSSO Giovanni in ordine al reato di cui al capo B) loro
ascritto,perché il fatto non sussiste, nonché nei confronti di VIOLANTE
Enrico in relazione al capo G) ascrittogli i perché il fatto non costituisce
reato.
Così deciso in Roma, 11.11.2015.

caso – è stata limitata alla sola, per così dire «neutra>>, convocazione

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